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Sicurezza sul lavoro, vendita di apparecchi difettosi ed analogia in bonam partem

1. Macchinari difettosi da riparare possono essere venduti senza incorrere in sanzioni? A questa domanda risponde, con una ricostruzione della normativa e della giurisprudenza, l’interpello del Ministero del Lavoro 13/01/2017, n. 1/2017 (allegato in pdf per pronta consultazione).

2.  La Commissione si è pronunciata, infatti, su un quesito relativo all'ambito di applicazione degli artt. 23 e 72 D. Lgs. 09/04/2008, n. 81 e s.m.i. (altrimenti noto come “Testo Unico Sicurezza”) che, rispettivamente, vietano e sanzionano penalmente “la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale o impianti non conformi alla normativa tecnica, intendono perseguire la finalità di anticipare la tutela della salute e dell’Integrità fisica dei lavoratori, garantendo l’utilizzo unicamente di quei beni conformi ab origine ovvero di quelli preventivamente adeguati alla normativa”.

La Commissione ministeriale, aderendo alla prospettazione della Regione che aveva proposto istanza di interpello facendo leva su Cass. pen., sez. III, 01/10/2013, n. 40590, ricorda che: “...il divieto posto dall’articolo 23 sopra richiamato possa subire [...] un qualche temperamento in chiave derogatoria laddove la vendita venga effettuata per un esclusivo fine riparatorio della macchina in vista di una futura utilizzazione, una volta ripristinata e messa a norma”.

In particolare, prosegue l’interpello n. 1/2017 (l’unico dell’anno da poco trascorso, il n. 2/2017 è stato in realtà pubblicato solo il 16/01/2018), è stato affermato che “sulla base di […] un principio di ragionevolezza, non disgiunto da una regola di ordine economico generale [...] fermo restando che è vietato l’impiego di macchinari non a norma con la conseguenza che una vendita di prodotti di tal fatta è, di regola, vietata stante la conseguenzialità e normalità dell’impiego della macchina nel ciclo produttivo, nell’ottica del passaggio del prodotto industriale alla fase economica successiva (utilizzo)”.

Tuttavia, “laddove quest’ultimo passaggio non vi sia (come nel caso dello stazionamento del macchinario presso una ditta specializzata esclusivamente nella riparazione per la messa a norma con compiti ben specificati che inibiscono una utilizzazione successiva mediata tramite il venditore all’origine), non può ritenersi vietata la vendita di un macchinario in quanto avente uno scopo ben circoscritto, senza alcuna previsione di utilizzazione”.

3. Alla luce di quanto precede si comprende, quindi, la seguente conclusione dell’interpello n. 1/2017: “la circolazione di attrezzature di lavoro, di dispositivi di protezione individuale ovvero di impianti non conformi, senza alcuna previsione di utilizzazione, ma con esclusivo e documentato fine demolitorio ovvero riparatorio per la messa a norma, così come la mera esposizione al pubblico, non ricadono nell’ambito di applicazione delle citate disposizioni normative, in considerazione della relativa ratio legis” (trattandosi, si aggiunge, dell'applicazione del noto principio di “analogia in bonam partem” venendo a mancare, nel caso concreto, qualsiasi tratto di offensività rispetto all'interesse protetto dalla norma così da non configurare alcun reato).

4. Sulla portata dell’interpello n. 1/2017 sono d’obbligo alcune precisazioni. In primo luogo, occorre tenere presente il valore di "quasi scriminante" degli interpelli in materia di sicurezza sul lavoro e, soprattutto, l’indirizzo non uniforme della giurisprudenza che aveva affermato la violazione dell’art. 6, comma 2, D. Lgs. n. 626/1994 (e ora dell'art. 23 D. Lgs. n. 81/2008) da parte del fabbricante-venditore di attrezzature di lavoro non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza sul lavoro, a prescindere dal fatto che le stesse risultassero effettivamente utilizzate (cfr. Cass. pen., sez. III, 27/04/2011, n. 16436). Inoltre, si ricorda che, secondo Cass. pen. Sez. III, 12/04/2012, n. 19416, l'art. 23 D.Lgs. n. 81/2008, nel vietare la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature e impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, non trova applicazione nel caso di concessione in affitto di un'intera azienda.

Infine, come precisato in motivazione dalla medesima sentenza della Corte di Cassazione n. 40590/2013 (posta a base dell’interpello n. 1/2017), spetta al giudice accertare, con indagine di fatto, le condizioni di vendita stabilite in concreto per escludere l’applicazione di siffatto divieto e della relativa sanzione. Se queste condizioni di vendita non evidenziano la mancata utilizzabilità del bene, quindi, scatterebbero di nuovo il divieto e la sanzione del Testo Unico Sicurezza.

© SONOINGARA_Riproduzione riservata

Ultima modifica il Martedì, 13 Marzo 2018 19:24

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