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INTRODUZIONE

Nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 15 maggio 2020 è stato pubblicato il decreto ministeriale (Infrastrutture e Trasporti) 30 aprile 2020, denominato “Approvazione delle linee guida per l’individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui all’art. 94-bis, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’art. 93” (allegato in pdf per pronta consultazione).

Con tale decreto, entrato in vigore già dal 16 maggio 2020, si dà attuazione a livello nazionale ad una delle disposizioni del cd. sblocca-cantieri; spetterà, poi, alle singole Regioni adottare specifiche integrazioni dell’elenco di tali interventi (comunemente definiti "da Genio Civile") sulla scorta delle indicazioni fornite dalle linee guida approvate con il d.m. 30 aprile 2020 (“Linee Guida”). A titolo esemplificativo si ricordano gli elenchi della Regione Siciliana, approvati con decreto 15 maggio 2020, n. 344, che sostituisce il decreto dirigenziale 13 gennaio 2020, n. 8. In precedenza, prima dell'approvazione delle Linee Guida, si ricordano altresì quelli della Regione Umbria, delibera Giunta Regionale n. 593 del 6 maggio 2019 e quelli della Regione Toscana, delibera Giunta Regionale n. 663 dell'11 maggio 2019 (tutti allegati per pronta consultazione).

LE 3 MACRO-CATEGORIE DI INTERVENTI

Per comprendere appieno la portata delle Linee Guida occorre ricordare che, in base al testo attualmente vigente dell’art. 94-bis, D.P.R. 380/2001 (cd. Testo Unico Edilizia), gli interventi edilizi sono stati divisi in 3 macro-categorie:

1) interventi “rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità;

2) interventi di “minore rilevanza”;

3) interventi “privi di rilevanza”.

A ciascuna di tali macro-categorie, poi, corrisponde un particolare regime autorizzativo di cui si darà conto nel presente contributo.

GLI INTERVENTI RILEVANTI NEI RIGUARDI DELLA PUBBLICA INCOLUMITÀ - MACRO CATEGORIA 1)

Sono quegli “interventi i quali, per caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati, possono comportare, in caso di fallimento, un elevato rischio per la pubblica incolumità e per l'assetto del territorio. Si tratta … di opere o interventi che …. devono fornire più solide e attendibili garanzie sulla corretta impostazione progettuale” e sono soggetti alle ordinarie procedure di denuncia di inizio lavori, relazione a strutture ultimate, ecc. A sua volta la macro-categoria 1) include:

1.1) gli “interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1) e a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di accelerazione ag compresi fra 0,20 g e 0,25 g)”.

Ai limitati fini di questo contributo si evidenzia che tali interventi (i) sono quelli che possono godere del cd. Sismabonus (ii) il valore dell'accelerazione su suolo rigido con superficie topografica orizzontale come definito dalle norme tecniche al § 3.2 e riferito ad un sisma con tempo di ritorno di 475 anni;

1.2) le “nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche”.

Le Linee Guida tentano di chiarire, per “sottrazione”, che cosa si intenda per discostamento dalle usuali tipologie, rifacendosi non tanto ai materiali impiegati o alle dimensioni degli edifici, quanto alle “costruzioni anche di modesta entità che potrebbero essere caratterizzate da una eccezionale complessità strutturale, tale da richiedere una particolare modellazione di calcolo ed una particolare conoscenza dei legami costitutivi dei materiali”[1].

1.3) gli “Interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso”.

Le Linee Guida, poi, indicano che “sono compresi nella presente categoria tutte le nuove costruzioni e tutti gli interventi eseguiti sulle costruzioni esistenti, situati nelle località sismiche, attribuibili alle classi d'uso III e IV di cui al § 2.4.2 delle norme tecniche, realizzate nelle zone ad alta sismicità (zona 1) e media sismicità (zona 2), escluse quindi quelle a bassa sismicità (zone 3 e 4). Ai soli fini della individuazione delle tipologie, possono costituire utile riferimento gli elenchi A e B di cui all'allegato 1 al decreto del Dipartimento della Protezione civile 21 ottobre 2003”, in G.U. n. 252 del 29 ottobre 2003 (allegato in pdf per pronta consultazione), quali ad esempio, edifici in cui è collocato l’Ufficio Territoriale di Governo (alias, Prefettura), autostrade, ospedali, ponti della grande viabilità stradale e ferroviaria, ecc..

GLI INTERVENTI DI MINORE RILEVANZA - MACRO CATEGORIA 2)

Sono “quelle categorie di interventi caratterizzati da una concezione strutturale piu' facilmente riconducibile alle fattispecie previste dalle norme tecniche e/o dalla letteratura di settore, che richiedono quindi sufficienti e comuni conoscenze tecniche”. Le Linee Guida precisano che “si tratta di opere e interventi per le quali, nell'ambito dell'approccio probabilistico alla sicurezza valido in generale per tutte le costruzioni, è plausibile attendersi sufficienti garanzie sulla corretta impostazione progettuale”.

Per tali interventi, non soggetti ad autorizzazione preventiva e per i quali le regioni possono istituire controlli anche con modalità a campione, a loro volta si distinguono in:

2.1) “interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di PGA compresi fra 0,15 g e 0,20 g) e zona 3.

Sono compresi in questa categoria, gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti, in tutte le località del territorio nazionale nelle quali siano attesi, in caso di sisma, valori dell'accelerazione massima su suolo rigido ag (espressa come percentuale di g), minori o uguali a 0,20 g.”. Si tratta, infatti, della progettazione di interventi che “pur richiedendo sempre una precisa diagnosi delle eventuali criticità, raggiunge piu' facilmente le finalità di miglioramento o adeguamento, con soluzioni e tecnologie ben conosciute”;

2.2) “riparazioni ed interventi locali sulle costruzioni esistenti”.

Si tratta, come precisato dalle Linee Guida, degli interventi disciplinati nel capitolo 8 delle norme tecniche per le costruzioni, approvate con decreto ministeriale 14 gennaio 2008 (NTC) e, segnatamente, nel paragrafo 8.4.1 – Riparazione o intervento locale. “Le caratteristiche di tale tipo di intervento sono ampiamente definite dallo stesso § 8.4.1 delle norme tecniche e dal corrispondente § C8.4.1 della circolare 21 gennaio 2019, n. 7," - in S.O. n. 5 alla G.U. n. 35 dell’11 febbraio 2019 ed allegata per pronta consultazione - "ai quali si rimanda”.

2.3) nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui al punto 1.2) di questo contributo, ossia “tutte le nuove costruzioni «usuali», realizzate con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche, indipendentemente dalle dimensioni”.

La casistica riportata nelle Linee Guida è la seguente: “opere appartenenti alla classe d'uso II, ad edifici regolari in pianta e in elevazione, oppure edifici non regolari in pianta e/o in elevazione, ma caratterizzati da un rapporto tra l'altezza e la minore dimensione in pianta non superiore a 3, ad opere di sostegno prive di particolari complicazioni di ordine geotecnico, a passerelle pedonali”.

2.4) “Nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli di cui al punto 2.4.2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 17 gennaio 2018”.

Seppure con l’ovvio rispetto delle “disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte II del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, si tratta in generale di usuali costruzioni realizzate con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche, ma caratterizzati, per la loro specifica funzione, dalla presenza solo occasionale di persone al loro interno o nelle immediate vicinanze”[2].

INTERVENTI «PRIVI DI RILEVANZA» NEI RIGUARDI DELLA PUBBLICA INCOLUMITÀ - MACRO CATEGORIA 3)

Le Linee Guida fanno riferimento a “quelle categorie di interventi i quali per caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati, non costituiscono pericolo sotto il profilo della pubblica incolumità, fermo restando il rispetto delle disposizioni che regolano l'urbanistica e l'assetto del territorio…”[3].

VARIANTI DI CARATTERE NON SOSTANZIALE

Le Linee Guida, dopo aver effettuano una ricostruzione della complessa normativa in materia, ancorano le varianti di carattere non sostanziale (esonerate dal preavviso scritto di cui all’art. 93, comma 1, TUE e soggette all’applicazione dell’art. 94-bis, TUE) “ai medesimi criteri che distinguono le riparazioni o interventi locali dal miglioramento o adeguamento sismico. In definitiva, sulla base delle caratteristiche strutturali dell'intervento, una variante si può definire non sostanziale se interviene solo su singole parti o elementi dell'opera, senza produrre concrete modifiche sui parametri che determinano il comportamento statico o dinamico della struttura nel suo complesso, quali ad esempio: il periodo fondamentale T1, il taglio alla base VR, le sollecitazioni massime (M, N, T) sugli elementi strutturali … Rientrano, inoltre, tra le varianti non sostanziali le realizzazioni in corso d'opera di interventi privi di rilevanza di cui alla categoria c), n. 1)”, ossia gli “interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di PGA compresi fra 0,15 g e 0,20 g) e zona 3”

PROCEDURE AUTORIZZATIVE: PRECISAZIONI

In via preliminare si ricorda che, al termine della lettera B.3) della precedente voce, erano state evidenziate le possibili criticità della formulazione dell'art. 94-bis, D.P.R. 380/2001 che si poneva al limite della tassatività della fattispecie penale, attesa la genericità dell’espressione “usuali tipologie” costruttive, che lascia(va) un margine di indeterminatezza senz’altro eccessivo ed aperto a diverse ipotesi operative, prima ancora che interpretative. Parimenti, considerato che la giurisprudenza (ordinaria e costituzionale) maturata nel precedente regime era particolarmente rigida sul tema “tutela della pubblica incolumità”, appariva difficile individuare quali fossero le “caratteristiche intrinseche” degli edifici che, per converso, avrebbero consentito di valersi del regime semplificato. Oggi, con le linee guida nazionali e la riconduzione degli interventi edilizi nelle macrocategorie di cui si è fin qui parlato, le relative procedure tecnico-amministrative sono ancorate ad un dato normativo che, sebbene debba ancora passare il vaglio della giurisprudenza, appare connotato da maggiore uniformità a livello nazionale.

Ciò doverosamente premesso, oltre quanto sin qui evidenziato per ciascuna macro-categoria, le Linee Guida si soffermano anche sulle procedure autorizzative sottolineando che “il deposito allo Sportello Unico Edilizia – SUE, sia del progetto sia della relazione a strutture ultimate, debba avvenire tramite pec; si ritiene al riguardo di poter desumere che, nell'ottica di una generale semplificazione delle procedure, come attestazione di avvenuto deposito possa intendersi valida anche la semplice stampa della certificazione dell'avvenuto ricevimento della pec, evidentemente sotto la responsabilita' del soggetto che ha effettuato il deposito, per quanto attiene alla regolarità e completezza della documentazione. In tale ottica le regioni potrebbero quindi, nel provvedimento di recepimento delle disposizioni della legge n. 55/2019, prevedere la suddetta semplificazione, riservandosi, qualora ad un successivo esame della documentazione depositata si riscontrassero gravi carenze, di attivare la procedura di controllo sull'opera in questione, ancorché iniziata”.

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 Seguono note


[1] Il primo esempio riportato nelle Linee Guida è “un edificio molto alto e snello, concepito in modo tale da rispondere positivamente ad una eventuale azione sismica mediante l'impiego di una serie di accorgimenti strutturali quali l'utilizzo di dissipatori o isolatori sismici, l'assunzione di fattori di struttura qo molto elevati o che si discostino sensibilmente da quelli suggeriti dalle norme tecniche nella tabella 7.3.II, la previsione di una massa accordata in sommità, etc.) … si può pensare ad edifici caratterizzati da un rapporto tra l'altezza e la minore dimensione in pianta superiore a 3, a ciminiere, a torri, a serbatoi e silos, a complesse strutture idrauliche o marittime…”.

[2] “Sono in sostanza strutture per le quali - pur essendo comunque necessari un titolo abilitativo, un progetto redatto nel rispetto delle norme tecniche ed una esecuzione a norma - nell'ambito dell'approccio probabilistico alla sicurezza, la presenza saltuaria delle persone al loro interno o nelle immediate vicinanze, rende possibile una temperata applicazione delle procedure di verifica e di controllo”. Anche qui è di ausilio la casistica: “edifici destinati all'attività agricola quali magazzini o silos, a costruzioni destinate ad accogliere impianti tecnici ai quali il personale accede sporadicamente per la manutenzione, a locali destinati ad attrezzature di manovre che si svolgono con scarsa frequenza”.

[3] Benché, a differenza delle altre due macro-categorie, manchi una casistica di tali interventi si riporta la relativa definizione della macro-categoria 3: “opere ed interventi che per destinazione d'uso, caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità, e che pertanto possono essere realizzate con preavviso scritto allo sportello unico comunale, secondo modalità e contenuti disciplinati dalle regioni … In sintesi sono da ritenersi privi di rilevanza urbanistico-edilizia le opere, gli interventi e i manufatti non incidenti in modo significativo o permanente sull'assetto del territorio, in quanto privi di rilevanza strutturale o per i loro oggettivi caratteri di facile amovibilità, oppure in ragione della temporaneità dell'installazione, oppure perche' presentano parametri geometrici, strutturali, dimensionali, di peso o di utilizzo limitati”.

Pubblicato in Edilizia Privata

Dal 1990 (anno della legge sul procedimento amministrativo) si invoca la conferenza di servizi come rimedio per superare la lentezza dei processi decisionali della Pubblica Amministrazione. Da ultimo, con il D. Lgs. 30 giugno 2016, n. 127, si è proceduto all’intera riscrittura dell’istituto disciplinato negli artt. 14 e ss., legge 7 agosto 1990, n. 241, con particolare riferimento alle modalità di superamento del dissenso da parte delle amministrazioni partecipanti ed individuando dei regimi di maggior tutela per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini.
A questi ultimi interessi, infatti, è dedicato l’art. 14-quinquies, legge n. 241/1990 che legittima le amministrazioni “preposte” a proporre opposizione al Consiglio dei Ministri avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, sempreché abbiano espresso il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. Tale opposizione, addirittura, era stata qualificata in termini di sostanziale “obbligatorietà” dalla circolare ministeriale MIBAC 27 luglio 2016, n. 22539.
Permanevano, tuttavia, incertezze sull’individuazione delle altre amministrazioni legittimate a proporre siffatta opposizione al Consiglio dei Ministri e, in particolare, sulla possibilità che la stessa potesse essere proposta anche da amministrazioni comunali preposte alla tutela degli interessi sensibili di cui si è detto. La questione investiva aspetti sostanziali per la conclusione della conferenza di servizi posto che, in caso positivo, tali amministrazioni avrebbero dovuto attivare il procedimento ex art. 14-quinquies, legge n. 241/1990 mentre, in caso negativo, avrebbero dovuto attivare il diverso procedimento di autotutela ex art. 21-nonies o 21-quinquies, legge n. 241/1990.
Né la circolare della Funzione Pubblica n. 4/2018 del 3 dicembre 2018, poi ritirata, aveva preso posizione sul punto.
In questo contesto, a dir poco nebuloso, fa chiarezza il parere del Consiglio di Stato, sez. I, 30 settembre 2019, n. 2534 (allegato in pdf per pronta consultazione) che reca delucidazioni su numerosi aspetti rimasti insoluti. In particolare, nel rinviare per un maggior dettaglio alla lettura dell’allegato parere, il Consiglio di Stato afferma che le amministrazioni di “serie A”, legittimate cioè a proporre opposizione al Consiglio dei Ministri, sono quelle cui “norme speciali attribuiscono una competenza diretta, prevalentemente di natura tecnico-scientifica, e ordinaria ad esprimersi attraverso pareri o atti di assenso comunque denominati a tutela dei suddetti interessi così detti «sensibili», e tale attribuzione non si rinviene, di regola e in linea generale, nelle competenze comunali di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 267 del 2000, né tra le competenze in campo sanitario demandate al Sindaco e al Comune dal testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 1934, né tra le altre funzioni fondamentali (proprie o storiche) dei Comuni, fatta salva, comunque, la necessità di una verifica puntuale, da condursi caso per caso, della insussistenza di norme speciali, statali o regionali che, anche in via di delega, attribuiscano siffatte funzioni all’ente comunale”.
Dunque, volendo tradurre in indicazioni pratiche per gli operatori del settore, un’eventuale ordinanza sanitaria negativa, espressa dal Sindaco in conferenza di servizi, non legittimerebbe l’interpello al Consiglio dei Ministri, a differenza del parere negativo espresso dal Comune nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica ex art. 146, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
Per completezza, poi, si ricorda che, all’esito del complesso sub-procedimento di cui all’art. 14-quinquies, la decisione del Consiglio dei Ministri, a differenza di quanto avveniva con il pre-vigente art. 14-quater, legge n. 241/1990, non determina ipso iure la conclusione del procedimento, bensì si limita ad attribuire definitiva efficacia alla determinazione motivata di conclusione del procedimento adottata dall’amministrazione procedente ex art. 14-quater nuovo testo. Ma questo solo se il Consiglio dei Ministri rigetta l'opposizione. Quando, invece, il Consiglio dei Ministri accoglie (in tutto o in parte) l'opposizione, la sua decisione è atto (autonomo) di conclusione del procedimento censurabile come atto di alta amministrazione (cfr. Cons. Stato, parere I sez., 10 giugno 2016, n. 1152 e Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2017, n. 1392 e 28 dicembre 2017, n. 6120).
Queste ultime considerazioni, infine, ben si attagliano anche al procedimento di localizzazione delle opere pubbliche di interesse statale, disciplinate dal D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 (impropriamente definito dagli addetti ai lavori come “ex art. 81”, D.P.R. 616/1977). Infatti, con l’art. 5-ter, comma 1, lettere a) e b), decreto-legge 18 aprile 2019, n. 39, convertito con modificazioni dalla L. 14 giugno 2019, n. 55 (cd. “Decreto Sblocca-Cantieri”), si è proceduto finalmente all’omogeneizzazione del D.P.R. 383/1994 con la disciplina generale della conferenza di servizi, modificata da ultimo dal citato D. Lgs. 127/2016.
In questo modo, sono state legislativamente superate le diatribe sull’applicabilità della risalente normativa speciale del 1994 che, da un lato, richiamava il testo allora vigente della legge n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi (testo, successivamente, ampiamente modificato o abrogato) e, dall’altro, affidava ad un decreto finale del Presidente della Repubblica (e non ad un decreto del Consiglio dei Ministri) la decisione finale in ordine alla “localizzazione delle opere di interesse statale difformi dagli strumenti urbanistici” e al “mancato perfezionamento dell'intesa” Stato-Regioni.
In buona sostanza, oggi, per superare la difformità dagli strumenti urbanistici delle opere di interesse statale o il mancato raggiungimento dell’intesa Stato-Regioni sul punto, troveranno applicazione le sole regole della legge 241/1990 in tema di conferenza di servizi e non già quelle speciali del D.P.R. 383/1994, ormai quasi svuotato di contenuto.
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Pubblicato in Edilizia Pubblica

A)   Premessa

A cavallo dell’estate sono stati convertiti definitivamente in legge, con modificazioni, il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, meglio noto come “Sblocca Cantieri” (legge 14 giugno 2019, n. 55) e il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, meglio noto come “Decreto Crescita” (legge 28 giugno 2019, n. 58). È oggi possibile fornire un quadro definitivo delle principali novità in tema di edilizia, mentre per i contratti pubblici si rinvia all’apposita voce, con una precisazione d’obbligo.

Mentre l’art. 1, comma 2 della legge di conversione n. 55/2019 fa espressamente salvi gli effetti del decreto n. 32/2019 (Sblocca Cantieri), non si rinviene analoga previsione nella legge di conversione n. 58/2019 del decreto n. 34/2019 (Decreto Crescita). Dunque, considerata le difficoltà di individuare quali norme dell’originario testo del Decreto Crescita siano state superate o semplicemente sostituite dalla legge di conversione, con tutto ciò che ne consegue sull’efficacia intertemporale delle stesse, si ritiene utile dare conto delle principali novità recate da entrambi i provvedimenti, come risultanti dalle due leggi di conversione.

 

B)   Testo Unico Edilizia: rassegna novità

B.1)    L’art. 3 Sblocca-Cantieri modifica, in più parti, il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ossia il cd. Testo Unico Edilizia (o TUE), andando ben al di là dell’enunciazione della rubrica che è limitata, testualmente, ai soli interventi strutturali in zone sismiche.

L’art. 65, Testo Unico Edilizia viene in buona parte riscritto prevedendo che, prima del loro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico le opere realizzate con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle “norme tecniche in vigore”, con eliminazione del riferimento alle opere in “conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica”. La denuncia deve avvenire tramite pec.

Come si legge a pag. 145 del relativo dossier parlamentare, la locuzione “norme tecniche in vigore” si riferisce senz’altro al D.M. 17 gennaio 2018 e alla relativa circolare ministeriale 21 gennaio 2019, n. 7. Tuttavia, attesa la genericità dell’espressione, sarebbe stato preferibile che la legge di conversione ne avesse precisato l’eventuale ulteriore ambito di applicazione con riferimento, ad esempio, alle norme in tema di prevenzione incendi o alle norme in materia impiantistica. Si tratta, è bene rammentare, di materia assistita da sanzioni penali in cui vige il principio (costituzionale) di determinatezza e tassatività della norma.

B.2)    Con l’inserimento del comma 8-bis nell’art. 65 Testo Unico Edilizia, inoltre, sono stati eliminati una serie di obblighi per alcuni interventi definiti dall’art. 94 bis “Disciplina degli interventi strutturali rilevanti”, pure introdotto nel TUE dallo Sblocca Cantieri. Si tratta, in dettaglio, delle seguenti tipologie:

(i) quelli di “minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità: le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti (art. 94 bis, co. 1, lett. b) n. 2 TUE).

In seguito alle modifiche apportate dalla legge di conversione sono considerati tali gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità, zona 3 e zona 2, quest'ultima limitatamente a valori della cd. peak ground acceleration – PGA – compresi fra 0,15g e 0,20.

(ii) quelli “privi di rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità: le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti e gli interventi che, per loro caratteristiche “intrinseche” e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità (art. 94 bis, co. 1, lett. c) n. 1 TUE);

(iii) le nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli di cui al punto 2.4.2 del citato d.m. 17 gennaio 2018.

Per ciascuno di tali interventi, infatti, non si applicano le disposizioni previste dai commi 6, 7 e 8 dell’art. 65 TUE, cioè deposito della relazione a cura del direttore dei lavori, con le relative prove da consegnare al collaudatore. Inoltre, il certificato di collaudo è sostituito dalla dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori.

B.3)    Sono, invece, soggetti al precedente regime, ossia al certificato di collaudo reso da un soggetto diverso dal direttore dei lavori, nonché al deposito della relazione da consegnare al collaudatore gli “interventi rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità [definiti dall’art. 94, co. 1, lett. a, nn. 1), 2), 3), TUE] di seguito indicati:

a) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (Zona 1) e media sismicità (Zona 2, limitatamente a valori della cd. PGA, compresi tra 0,20 g e 0,25 g);

b) le nuove costruzioni che si discostino dalle “usuali tipologie o che per la particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche”;

c) gli interventi relativi a: (i) edifici di interesse strategico ed alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume ‘rilievo fondamentale’ per le finalità di protezione civile; (ii) edifici ed opere infrastrutturali che “possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso”, nonché

d) gli interventi di “minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità (definiti dall’art. 94 bis, co. 1, lett. b) n. 1 TUE): interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 3).

Mentre per gli interventi di cui alle lettere a), c) e d) i riferimenti, seppure impliciti, sono alle norme previgenti dettate dal D.M. 17 gennaio 2018 e all’O.P.C.M. 20 marzo 2003, n. 3274 (art. 2, comma 3), appare necessario spendere alcune considerazioni sulla categoria di cui alla lettera b). Si tratta, infatti, di una formulazione che si pone al limite della tassatività della fattispecie penale, attesa la genericità dell’espressione “usuali tipologie” costruttive, che lascia un margine di indeterminatezza senz’altro eccessivo ed aperto a diverse ipotesi operative, prima ancora che interpretative. Parimenti, considerato che la giurisprudenza (ordinaria e costituzionale) maturata nel precedente regime era particolarmente rigida sul tema “tutela della pubblica incolumità”, appare difficile individuare quali siano le “caratteristiche intrinseche” degli edifici che, per converso, consentono di valersi del regime semplificato.

In attesa della loro individuazione a cura del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tramite l’approvazione di linee guida entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (termine già ampiamente decorso), la legge di conversione fa salve le elencazioni già deliberate dalle Regioni qui di seguito riportate a titolo esemplificativo: Regione Siciliana, provvedimento 23 aprile 2019 in cui è presente una prima ricognizione della casistica di tali opere; Regione Umbria, delibera Giunta Regionale n. 593 del 6 maggio 2019, con la quale sono stati approvati gli elenchi previsti dall'art. 94-bis comma 2 D.P.R. 380/2001, indicando le linee guida necessarie all’individuazione degli interventi privi di rilevanza e delle varianti non sostanziali; Regione Toscana, delibera Giunta Regionale n. 663 del 20 maggio 2019, recante le linee guida per l'applicazione della novella legislativa, con esplicita riserva di revisione all'esito della conversione in legge del provvedimento d'urgenza.

Se e quando saranno emanate le linee guida ministeriali, di cui si darà ovviamente conto, le Regioni adotteranno specifiche elencazioni di adeguamento alle stesse linee guida.

B.4)    In tema di denuncia dei lavori e della presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche di cui all’art. 93, Testo Unico Edilizia, con lo Sblocca Cantieri si prevede che il contenuto minimo del progetto sia determinato dal competente ufficio tecnico della Regione (cd. Uffici dell’ex Genio Civile).

In ogni caso il progetto deve essere esauriente per: planimetria, piante, prospetti e sezioni, relazione tecnica e, si precisa, con “gli altri elaborati previsti dalle norme tecniche” che, in seguito alle modifiche apportate dalla legge di conversione, escludono inopinatamente il fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione sia in elevazione, nonché i disegni dei particolari esecutivi delle strutture.

Sempre in questo ambito, il nuovo art. 93, comma 4, Testo Unico Edilizia stabilisce che i progetti relativi ai lavori di costruzione in zone sismiche siano accompagnati, anziché da una relazione avente specifici ambiti di oggetto, da una dichiarazione del progettista che asseveri: a) il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni; b) la coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le strutture e quello architettonico; c) il rispetto delle eventuali prescrizioni sismiche contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica.

Anche questa semplificazione, peraltro, desta qualche perplessità. Infatti, anche volendo considerare meramente nominalistica (del che può fondatamente dubitarsi, atteso il carattere maggiormente impegnativo dell’asseverazione) il passaggio da “relazione” ad “asseverazione”, la disposizione previgente prevedeva che al progetto fosse allegata una relazione sulla fondazione, nella quale illustrare i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso terreno-opera di fondazione. Tali aspetti, forse, potrebbero essere assorbiti nell’asseverazione di cui si è avuto modo di parlare, non essendo stata colta l’occasione in sede di conversione per maggiori precisazioni, atteso il bene tutelato dalle norme in commento (pubblica incolumità) e considerato il regime di responsabilità che fa carico al progettista.

Per tutti gli interventi il preavviso scritto con il contestuale deposito del progetto e dell'asseverazione è valido anche agli effetti della denuncia dei lavori di cui all'articolo 65.

 

C)   Rigenerazione urbana: tra deroghe d.m. 1444/1968 ed agevolazioni fiscali

C.1)    Lo Sblocca-Cantieri, inoltre, interviene anche in materia di rigenerazione urbana. In particolare, l’art. 5 apporta una serie di modifiche puntuali all’art. 2-bis, comma 1, Testo Unico Edilizia (TUE) - Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati – consentendo alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano di introdurre, con proprie leggi o regolamenti, disposizioni derogatorie al D.M. 2.4.1968, n. 1444 in tema di standard urbanistici, ossia delle previsioni che fissano la quantità minima di spazio che ogni piano regolatore generale deve inderogabilmente riservare all'uso pubblico e le distanze minime e altezze massime da osservare nell'edificazione degli (e tra gli) edifici, nonché ai lati delle strade.

Va, inoltre, rammentato al riguardo che, con l’art. 1, commi 258-259, legge finanziaria 2018, fino alla definizione della riforma organica del governo del territorio, in aggiunta agli standard di cui al D.M. 1444/1968 e alle relative leggi regionali, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare alla realizzazione: di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti (cfr. anche art. 1, comma 460 della legge 11/12/2016, n. 232 e s.m.i.) e possono essere riconosciuti dai Comuni, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, aumenti di volumetria premiale.

C.1.1) Sempre in tale ambito, inoltre, con lo Sblocca Cantieri sono stati aggiunti due ulteriori commi all’art. 2-bis, D.P.R. 380/2001, come sopra modificato. In particolare, il nuovo comma 1-bis precisa che le disposizioni del comma 1 dell’art. 2-bis TUE sono finalizzate a “orientare” i Comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. Ai Comuni è pertanto affidato il compito di adeguare le previsioni dei propri strumenti urbanistici sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari adottate dalle Regioni e dalle Province autonome in deroga ai limiti di densità edilizia, altezza e distanza stabiliti, rispettivamente, dagli articoli 7, 8 e 9 del DM 1444/1968.

Inoltre, il nuovo comma 1-ter dell’art. 2-bis del DPR n. 380/2001 (anch’esso introdotto dall’art. 5 Sblocca Cantieri), prevede che in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. La nuova disposizione condiziona, dunque, gli interventi di demolizione e ricostruzione edilizia: (i) al rispetto delle distanze preesistenti (purché si tratti di distanze legittime) e (ii) all’assenza di variazione delle volumetrie edificatorie e dell’altezza dell’edificio da ricostruire, ciò che avrebbe rischiato di depotenziare gli obiettivi di rigenerazione urbana almeno nelle cd. zone A e B del d.m. 1444/1968.

C.1.2) Tuttavia, in sede di conversione del decreto-legge, è stata aggiunta nell’art. 5, comma 1, lettera b), Sblocca-Cantieri un’ulteriore lettera b-bis), qualificata espressamente come norma di “interpretazione autentica” del d.m. 1444/1968 e non già, come forse sarebbe stato preferibile, nell’art. 2-bis, TUE. In ogni caso, al di là della farraginosità della tecnica legislativa, è stato stabilito che le disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo, del più volte citato d.m. 1444/1998, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alla zona di cui al primo comma, n. 3), dello stesso articolo 9, vale a dire esclusivamente alle cd. zone C.

In questo modo, ma il condizionale è d’obbligo, la riduzione in via di interpretazione autentica dell’ambito di applicazione dei limiti di distanza tra fabbricati sembrerebbe finalizzato a consentire operazioni di rigenerazione urbana nelle zone A) e B), come definite dall’art. 2 del DM 1444/1968, non sottoposte quindi al rispetto delle distanze minime previste (e ribadite) in via generale dall’art. 9 del DM 1444/1968 per le altre zone. 

C.2)    Sempre nell’ambito della rigenerazione urbana, infine, va segnalata la disposizione di cui all’art. 7, Decreto-Crescita in tema di agevolazioni fiscali.

In base alla citata disposizione, come risultante dalla legge di conversione, sino al 31 dicembre 2021, le imprese di costruzione che: (i) acquistino "vecchi" interi fabbricati e, nei successivi 10 anni, (ii) provvedano alla demolizione e ricostruzione degli stessi, conformemente alla normativa antisismica , con il conseguimento della classe energetica A o B o in classe energetica Nearly Zero Energy Building – cd. NZEB e (iii) alla loro alienazione, potranno godere di un trattamento fiscale preferenziale, con l’applicazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali nella misura fissa di euro 200 ciascuna, in luogo delle consuete imposte proporzionali, anticipando le statuizioni degli artt. 5 e 6 del disegno di legge A.C. n. 1529 (assegnato alla 8ª Commissione permanente in sede referente il 14 febbraio 2019).

La disposizione costituisce una norma di favore per il settore nell’auspicabile (e dichiarata) finalità di una ripresa dello stesso. Difatti, come si legge nella relazione al d.d.l. di conversione (A.C. 1807), “l'attuale regime fiscale prevede l'applicazione dell'imposta di registro pari al 9 per cento del valore dell'immobile dichiarato in atto, più le ipotecarie e catastali complessivamente pari a 100 euro. Si tratta di imposte indetraibili per l'impresa che, come tali, incidono fortemente sui costi di costruzione. È, quindi, evidente la necessità di neutralizzare l'incidenza della variabile fiscale nella fase iniziale e propedeutica all'attuazione dei programmi”. Come osservato, infatti, tali meccanismi "dovrebbero innescare un circolo virtuoso di scambi immobiliari, diretti a prodotti sempre più innovativi e performanti, con caratteristiche energetiche e [anti]simiche completamente rinnovate".

C.2.1) In sede di conversione, inoltre, tale regime agevolativo è stato esteso anche agli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, nonché agli interventi di ristrutturazione edilizia, anche per le operazioni esenti da IVA, ai sensi dell’articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972; l’agevolazione, inoltre, si applica in caso di successiva alienazione di fabbricati suddivisi in più unità immobiliari, purché sia alienato almeno il 75% del volume del nuovo fabbricato.

Per ulteriori approfondimenti, infine, si consiglia la lettura dello Studio del Notariato n. 12-2020/T, reso disponibile il 4 marzo 2020 nel relativo sito istituzionale ed allegato in pdf per pronta consultazione. Lo Studio n. 12-2020/T, in particolare, dà conto delle varie problematiche applicative, nonché dei primi orientamenti espressi sul punto dall'Agenzia delle Entrate.

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Pubblicato in Nuovo Codice

Premessa - Applicazione

Il D. L. 18 aprile 2019, n. 32 (cd. Sblocca Cantieri) rubricato “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici” (in G.U. n. 92 del 18 aprile 2019), reca (all’art. 1) numerose disposizioni modificative del Codice dei contratti pubblici (“Codice”), allo scopo di superare le principali criticità manifestatesi nei tre anni di applicazione del Codice (D. Lgs. 50/2016, così come già modificato dal D. Lgs. 56/2017, cd. Correttivo); inoltre (con l’art. 2 del D.L. 32/2019) sono state anticipate alcune disposizioni del Codice della crisi di impresa, modificando l’art. 110 D. Lgs. 50/2016 s.m.i.

Il D.L. Sblocca cantieri è entrato in vigore il 19 aprile 2019, con applicazione (ai sensi dell’art. 1, comma 3 del D.L.) delle norme modificative del Codice dei contratti pubblici alle procedure attivate mediante la pubblicazione dei relativi bandi od avvisi successivamente al 19/4/2019, ovvero con la spedizione delle lettere di invito, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, successivamente alla medesima data del 19/4/2019.

Il citato D.L. è stato convertito con modificazioni nella Legge 14 giugno 2019, n. 55 (in G.U. n. 140 del 17/6/2019) entrata in vigore il 18 giugno 2019.

La legge di conversione ha fatto salvi gli effetti del decreto, stabilendo espressamente (art. 1, comma 2) che “Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla  base dell'articolo 1 del medesimo decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32.

Al riguardo, vale subito rilevare che la Legge 55/2019, malgrado l’apparente riscrittura di (quasi) tutte le disposizioni modificative del Codice introdotte dal D.L. sblocca cantieri (oltre 50), in buona sostanza ha confermato le disposizioni del D.L. (con limitate innovazioni/precisazioni), prevedendone tuttavia in alcuni casi l’applicazione “temporanea” sino al 31/12/2020.

Difatti, l’art. 1 della L. 55/2019 reca sia modifiche al Codice dei contratti pubblici qualificabili per comodità espositiva come “definitive”, sia modifichetemporanee, da valersi cioè per il periodo di tempo indicato dalla legge, consistenti in taluni casi, come indicato nella rubrica dell’articolo, nella “sospensione sperimentale dell'efficacia di disposizioni in materia di appalti pubblici”.

Di seguito l’esame delle dette modifiche.

A) Modifiche temporanee soggette a verifica degli effetti

Nelle more della riforma complessiva del settore e nel rispetto dei principi e delle norme sancite dall'Unione europea, in particolare delle Dir. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, la legge di conversione ha innanzitutto stabilito, con una formula alquanto originale, la sospensione sperimentalefino al 31 dicembre 2020 delle disposizioni del Codice che prevedono: i) l’obbligo dei Comuni non capoluogo di provincia di procedere agli acquisti (di lavori, servizi e forniture) mediante centrali di committenza e/o stazione unica appaltante; ii) il divieto di appalto integrato; iii) l’obbligo di nominare i Commissari di gara scegliendoli nell’Albo istituito presso l’ANAC.

Quanto sopra al dichiarato scopo “di rilanciare gli investimenti pubblici e di facilitare l'apertura dei cantieri per la realizzazione delle opere pubbliche”.

Sino alla predetta data, pertanto, non si applicano le seguenti norme del D. Lgs. 50/2016 s.m.i.:

1)

Art. 37, comma 4 D. Lgs. 50/2016 s.m.i.: quanto all'obbligo per i Comuni non capoluogo di provincia, di avvalersi delle modalità ivi indicate per l’affidamento dei contratti pubblici.

Pertanto, sino al 31/12/2020, tali Comuni possono procedere direttamente e autonomamente all’acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro senza dover ricorrere obbligatoriamente alle centrali di committenza (anche costituite da unioni o consorzi di comuni) o a soggetti aggregatori qualificati o alla stazione unica appaltante costituita presso le province, città metropolitane o enti di area vasta.

Restano fermi per tali soggetti gli obblighi di ricorso al MEPA previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa.

2)

Art. 59, comma 1, quarto periodo, D. Lgs. 50/2016 s.m.i.: nella parte in cui vieta il ricorso all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione di lavori.

In sostanza, quindi, viene meno fino al 31/12/2020il divieto di appalto integrato, consentendo in maniera generalizzata e non più derogatoria, per tale periodo di tempo, di affidare congiuntamente la progettazione e la realizzazione dei lavori.

Si rammenta, infatti, che le precedenti modifiche al Codice, avevano mantenuto la regola generale del divieto di appalto integrato, con alcune deroghe, stabilite in ragione della peculiarità dell’oggetto dell’appalto ovvero della tipologia di schema contrattuale utilizzato, ovvero ancora in via transitoria, per consentire alle stazioni appaltanti l’ordinato adeguamento al nuovo regime introdotto con il D. Lgs. 50/2016, che imponeva alle stazioni appaltanti di porre a base di gara il progetto esecutivo.

In particolare, fermo restando il detto divieto, le stazioni appaltanti potevano derogarvi, motivando adeguatamente in maniera puntuale e specifica sui presupposti della deroga (art. 59, co. 1 ter, D. Lgs. 50/2016 s.m.i.): i) nei casi in cui l'elemento tecnologico o innovativo delle opere oggetto dell'appalto fosse nettamente prevalente rispetto all'importo complessivo dei lavori (art. 59, co. 1 bis); ii) nei casi di: affidamento a contraente generale, finanza di progetto, affidamento in concessione, partenariato pubblico privato, contratto di disponibilità, locazione finanziaria, nonché per le opere di urbanizzazione a scomputo di cui all'art. 1, comma 2, lett. e) del Codice; iii) in via transitoria alla duplice condizione che il progetto definitivo fosse approvato entro il 31/12/2020 e che il bando fosse pubblicato entro i successivi 12 mesi (co. 4-bis, art. 216 del Codice, introdotto dal D.L. sblocca cantieri).

Al ricorrere delle ipotesi derogatorie soprarichiamate, le stazioni appaltanti, fermo l’obbligo di specifica motivazione, potevano quindi procedere all’affidamento congiunto di progettazione (esecutiva o anche definitiva in caso di Partenariato pubblico privato e di affidamento a contraente generale) e di realizzazione, ponendoa base di gara il progetto definitivo (o preliminare/di fattibilità), anziché l’esecutivo (art. 59, commi 1, 1 bis, 1 ter, ed art. 216, co. 4 bis del Codice, come modificati dal D. Lgs. 56/2017, cd. Correttivo e dal D.L. sblocca cantieri).

Considerata la generalizzata sospensione sino al 31/12/2020 introdotta dalla L. 55/2019 (art. 1, co.1, lett. b)del divieto di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione, sembra ora possibile ritenere, in attesa di auspicabili chiarimenti ministeriali/giurisprudenziali, che le stazioni appaltanti possano ricorrere all’appalto integrato, assolvendo all’obbligo di motivazionemediante rinvio alla citata disposizione della Legge 55/2019, senza necessità di motivare in maniera specifica e puntuale in merito ai presupposti tecnici ed oggettivi legittimanti l’affidamento congiunto ed all'incidenza sui tempi della realizzazione delle opere in caso di affidamento separato della progettazione rispetto all’esecuzione dei lavori (come invece previsto dal comma 1 ter dell’art. 59 del Codice per le ipotesi derogatorie, tuttora vigenti).

Vale peraltro evidenziare, come effetto indiretto dell’ammissibilità generalizzata dell’appalto integrato, quello costituito dall’accentuazione della responsabilità dell’appaltatore, derivante dell’affidamento al medesimo anche della progettazione esecutiva.

Difatti, per quanto stabilito dall’art. 59, comma 1, primo periodo del Codice, il progetto esecutivo (con il contenuto definito dall'art. 23, comma 8 dello stesso Codice) garantisce la rispondenza dell'opera ai requisiti di qualità predeterminati ed il rispetto dei tempi e dei costi previsti, con una notevole accentuazione e specificazione del generale obbligo di risultato già gravante sull’appaltatore ai sensi e per gli effetti del Codice Civile (art. 1655 ss.); accentuazione che sussiste anche quando le prestazioni progettuali siano svolte dai progettisti raggruppati/indicati dall’appaltatore, che risponde nei confronti della stazione appaltante sia delle prestazioni progettuali che di quelle realizzative dell’opera.

Per completezza espositiva si richiama, altresì, l’attenzione sulla mancata conversione in legge della norma dettata dall’art. 216, comma 4-bis, D. Lgs. 50/2016, nel testo introdotto dal D.L. Sblocca cantieri soprarichiamato, che consentiva in via transitoria la deroga al divieto di appalto integrato, alla duplice condizione che il progetto definitivo fosse approvato entro il 31/12/2020 e che il bando fosse pubblicato entro i successivi 12 mesi.

Fermi restando gli effetti prodotti dalla citata norma non convertita (in buona sostanza sostituita dalla sospensione generalizzata, in via sperimentale e temporanea, del divieto in esame), si ha pertanto la reviviscenza della norma transitoria già contenuta nel comma 4 bis dell’art. 216 (nel testo introdotto dal D. Lgs. 56/2017, cd. Correttivo), che ammetteva la deroga al divieto di appalto integrato per le opere i cui progetti definitivi risultassero approvati dall'organo competente alla data di entrata in vigore del Codice (19/4/2016) con pubblicazione del bando entro 12 (dodici mesi) dal 20/5/2017 (data di entrata in vigore del Correttivo).

3)

Art. 77, comma 3 D. Lgs. 50/2016 s.m.i.: quanto all'obbligo di scegliere i Commissari di gara tra gli esperti iscritti all'Albo istituito presso l'ANAC (di cui all'art. 78 D. Lgs. 50/2016 s.m.i.) in effetti ancora non operativo, fermo restando l'obbligo di individuare i commissari secondo regole di competenza e trasparenza, preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante.

D’altra parte, come noto, in base alla norma transitoria stabilita dall’art. 216, comma 12 del Codice sino all’adozione della (piena) disciplina in materia di iscrizione all'Albo di cui all'art. 78 la commissionegiudicatricecontinua ad essere nominata dall'organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante.

L’art. 1, comma 2 della L. 55/2019 stabilisce che entro il 30 novembre 2020, il Governo debba presentare alle Camere una relazione sugli effetti prodotti dalla sospensione per gli anni 2019 e 2020 degli obblighi/divieto soprarichiamati: i) obbligo dei Comuni non capoluogo di provincia di procedere agli acquisti (di lavori, servizi e forniture) mediante centrali di committenza e/o stazione unica appaltante; ii) divieto di appalto integrato; iii) l’obbligo di nominare i Commissari di gara scegliendoli nell’Albo istituito presso l’ANAC.

La verifica degli effetti è fatta al dichiarato fine di “consentire al Parlamento di valutare l'opportunità del mantenimento o meno della sospensione”.

Tale valutazione evidentemente dovrà essere condotta dal Parlamento alla luce del raggiungimento o meno dello scopo che il legislatore si è prefissato, in maniera velleitaria (ci sia consentito osservare), con la sospensione temporanea dei ripetuti obblighi/divieto, scopo costituito dal rilancio degli investimenti pubblici e dalla facilitazione dell'apertura dei cantieri per la realizzazione delle opere pubbliche.

B) Modifiche temporanee tout court

La legge di conversione del D.L. Sblocca cantieri, stabilisce inoltre (art. 1, commi 3 - 18, L. 55/2019) l’applicazione temporaneasino al 31 dicembre 2020 delle seguenti disposizioni, già introdotte per la maggior parte dal D.L. Sblocca cantieri senza la limitazione temporale ora prevista dalla legge di conversione:

1)

Applicazione anche ai settori ordinari dell’art. 133, comma 8, D. Lgs. 50/2016 s.m.i. che già prevede per i settori speciali l’inversione delle fasi del procedimento, consentendo alla stazione appaltante di valutare le offerte, prima della verifica dei requisiti degli operatori economici partecipanti alla procedura di affidamento.

La citata disposizione stabilisce (grassetto aggiunto) quanto segue: “Nelle procedure aperte, gli enti aggiudicatori possono decidere che le offerte saranno esaminate prima della verifica dell'idoneità degli offerenti. Tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell'avviso con cui si indice la gara. Se si avvalgono di tale possibilità, le amministrazioni aggiudicatrici garantiscono che la verifica dell'assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato a un offerente che avrebbe dovuto essere escluso a norma dell'articolo 136 o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall'amministrazione aggiudicatrice”.

La legge 55/2019 (art. 1, co. 3) ha generalizzato in via temporanea sino al 31/12/2020, estendendola a tutti gli appalti dei settori ordinari (sia sottosoglia che di rilievo comunitario), la disposizione che era stata introdotta (e non convertita) con il D.L. Sblocca cantieri per i soli appalti sotto soglia, novellando il comma 5 dell’art. 36 del Codice.

In verità non risulta condivisibile, ad avviso di chi scrive, la novità costituita dalla detta inversione delle fasi del procedimento di gara.

Tale possibilità, per quanto già indicato nella relazione illustrativa al D.L. Sblocca cantieri, sarebbe stata introdotta “nell'ottica della semplificazione e nel rispetto dell'articolo 56 della direttiva 2014/24/UE, in analogia a quanto già avviene nei settori speciali”.

In verità, il richiamo all’art. 56 della Direttiva europea, non appare di per sè sufficiente a giustificare l’applicazione dell’inversione procedimentale in via generalizzata a tutti gli appalti dei settori ordinari, atteso che la citata disposizione della Direttiva europea lascia agli Stati membri la possibilità o meno di recepire tale disposizione.

Né si comprende quale sia la semplificazione ottenibile invertendo le fasi procedimentali, atteso che come noto la prima fase si risolve nella mera lettura del DGUE (ovvero dei modelli predisposti dalla Stazione appaltante), concernenti le declaratorie circa il possesso dei requisiti da parte dei concorrenti; mentre la seconda fase concernente la valutazione delle offerte, cui possono accedere solo i soggetti in possesso dei requisiti richiesti, è notevolmente impegnativa per la stazione appaltante e può richiedere anche più riunioni della commissione giudicatrice.

L’inversione delle fasi, pertanto, lungi dal semplificare il procedimento, ed impregiudicata ogni considerazione sui rischi che ne derivano per l’imparzialità di valutazione, espone piuttosto la stazione appaltante al rischio di scegliere un’offerta, calcolare la soglia di anomalia (ed eventualmente verificarne la congruità), che invece già dalla lettura del DGUE poteva rivelarsi carente dei requisiti richiesti dalla lex specialis di gara, con palese violazione dei noti principi di efficacia ed efficienza amministrativa di rilievo costituzionale.

2)

Art. 1, co. 4 e 5 L. 55/2019, per gli anni 2019 e 2020 consentono alle stazioni appaltanti di: i)avviare le procedure di affidamento della progettazione di opere pubbliche, pur disponendo dei soli finanziamenti per la progettazione e non anche per la realizzazione delle opere; le opere la cui progettazione sia stata realizzata ai sensi del periodo precedente sono considerate in via prioritaria rispetto alle altre ai fini dell'assegnazione dei relativi finanziamenti; ii)avviare le procedure di affidamento della progettazione e dell'esecuzione anche in pendenza dell’erogazione delle risorseassegnate e finalizzate alla realizzazione dell’opera con provvedimento legislativo o amministrativo.

In sostanza con tali disposizioni si consente alle stazioni appaltanti di derogare alla regola stabilita dall’art. 21, comma 3 del Codice, che impone in sede di programmazione dei lavori pubblici di avviare “i soli lavori per i quali deve essere riportata l'indicazione dei mezzi finanziari stanziati sullo stato di previsione o sul proprio bilancio, ovvero disponibili in base a contributi o risorse dello Stato, delle regioni a statuto ordinario o di altri enti pubblici.

In effetti, pur tenendo presenti le motivazioni “acceleratorie” alla base delle disposizioni in commento, sia consentito esprimere perplessità, non solo sull’efficacia di tali disposizioni, ma soprattutto sull’opportunità di derogare, sia pure in via transitoria, ad una disposizione come quella sopraricordata, posta a presidio, in conformità ai noti principi costituzionali, della sana e corretta gestione della finanza pubblica e della correttezza dei rapporti instaurati dall’Amministrazione con i contraenti individuati a seguito delle procedure previste dalla legge.

Vale pure rammentare che la norma in esame appare, altresì, parzialmente contrastante anche con la disposizione dettata dall’art. 24 comma 8 bis del Codice che vieta alle stazioni appaltanti di subordinare la corresponsione dei compensi per la progettazione e le attività tecnico-amministrative ad essa connesse all'ottenimento del finanziamento dell'opera progettata.

Il citato art. 24 comma 8 bis del Codice, sostanzialmente ripetitivo della norma già prevista dal previgente D. Lgs. 163/06 s.m.i., è stato infatti introdotto nel Codice dei contratti pubblici dal Correttivo (D. Lgs. 56/2017) proprio per salvaguardare il diritto dei contraenti dell’amministrazione al corrispettivo per le attività svolte a fronte della prassi (reiteratamente censurata dalla giurisprudenza) invalsa tra le stesse amministrazioni di condizionare i corrispettivi dei progettisti all’ottenimento dei finanziamenti per la realizzazione dell’opera.

3)

Art. 1, co. 6 L. 55/2019, per gli anni 2019 e 2020, stabilisce che i contratti di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, ad esclusione degli interventi di manutenzione straordinaria che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere o di impianti, possono essere affidati, secondo le procedure del Codice, sulla base del progetto definitivo costituito almeno da: relazione generale, elenco prezzi unitari delle lavorazioni previste, computo metrico-estimativo, piano di sicurezza e coordinamento con l'individuazione analitica dei costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso; l’esecuzione dei lavori di manutenzione può prescindere dall’avvenuta redazione, approvazione e, deve ritenersi quindi anche, validazione, del progetto esecutivo.

Con la Legge di conversione del D.L. Sblocca cantieri, quindi si è resa nuovamente temporanea la disposizione che era stata introdotta in via definitiva dal D.L. Sblocca cantieri, con l’inserimento del comma 3 bis nell’art. 23 del Codice relativo alla progettazione.

D’altra parte la disposizione in esame, riproduce in buona sostanza la norma transitoria, prevista dall’art. 216, comma 4, ultimo periodo del Codice, che consente appunto, nelle more dell’adozione della nuova disciplina della progettazione (da adottare mediante il Regolamento di cui al comma 27 octies dell’art. 216 del Codice), di affidare i lavori di manutenzione sulla base di un progetto definitivo “semplificato” e di prescindere dal progetto esecutivo.

Pertanto, in base alla citata norma transitoria, tuttora vigente (salvo assumerne l’abrogazione implicita per incompatibilità con la sopravvenuta norma in esame), quindi, potrebbe ipotizzarsi la legittimità dell’affidamento dei lavori di manutenzione sulla base del progetto definitivo semplificato, anche successivamente alla data del 31/12/2020, sino all’entrata in vigore del Regolamento unico con il quale (ai sensi del citato co. 27 octies, art. 216 del Codice) deve essere disciplinata la progettazione delle opere pubbliche in luogo del Decreto già previsto dall’art. 23 del D. Lgs. 50/2016 s.m.i.

4)

Art. 1, co. 7 e 8 L. 55/2019, stabilisce che sino al 31 dicembre 2020: i)il limite di importo dei progetti definitivi di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50% dallo Stato,per i quali è richiesto il parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici (art. 215, comma 3 del Codice), è aumentato da 50 a 75 milioni di euro; al di sotto di tale importo, il parere è espresso dai comitati tecnici amministrativi presso i provveditorati interregionali per le opere pubbliche salvo casi di particolare complessità; ii) il termine per l’espressione del parere da parte del Cons. Sup. LL. PP. è dimezzatoa 45 (quarantacinque) giorni (da 90) dalla trasmissione del progetto; si rammenta che decorso tale termine, il parere si intende reso in senso favorevole.

L’art. 1, co. 9 L. 55/2019, stabilisce, altresì, con disposizione innovativa che il Cons. Sup. LL. PP., in sede di espressione del parere debba pronunciarsi anche sulla “valutazione di congruità del costo” dell’opera. La detta valutazione di congruità può essere richiesta dalle Amministrazioni “in sede di approvazione dei progetti definitivi o di assegnazione delle risorse” anche fuori dei casi in cui sia obbligatorio il parere del Cons. Sup. LL.PP.; in tali casi la valutazione di congruità è resa da Consiglio nel termine di 30 giorni, decorsi i quali le Amministrazioni possono comunque procedere.

Vale, peraltro rilevare che in tal caso, diversamente dal meccanismo previsto per l’espressione del parere, la legge non qualifica in senso positivo lo spirare del termine di 30 giorni, ma si limita a stabilire che l’Amministrazione richiedente la valutazione di congruità possa comunque procedere (approvando il progetto definitivo ovvero assegnando i finanziamenti), ciò che d’altra parte sarebbe comunque possibile, trattandosi di un parere facoltativo, prescindendo dalla valutazione di congruità da parte del Cons. Sup. LL. PP.

Restano fermi tutti gli obblighi previsti dalla legge a carico dell’Amministrazione, preventivamente all’approvazione del progetto, per assicurare la congruità del costo dell’opera, ivi incluso l’aggiornamento dei prezzari, di cui all’art. 23, comma 16, ult. periodo del Codice e la validazione del progetto, previa verifica dello stesso ai sensi dell’art. 26 del Codice.

5)

L’art. 1, co. 10 L. 55/2019 sospende sino al 31 dicembre 2020 la norma stabilita dall’art. 205, comma 2, terzo periodo del Codice, rimuovendo il divieto ivi previsto. Pertanto fino alla predetta datapossono essere oggetto di riserva dell’appaltatore o concessionario gli aspetti progettuali che sono stati oggetto di verifica progettuale ai sensi dell’art. 26 del Codice. A scanso di equivoci, inoltre, la norma in esame precisa che ai detti aspetti (oggetto di riserva) si estende in conseguenza l’ambito di applicazione dell'accordo bonario di cui all'art. 205 del D. Lgs. 50/2016 s.m.i.

Per ragioni di ordine sistematico vale, altresì, evidenziare che con la Legge 55/2019 (art. 1, comma 11) è stato altresì reintrodotto sino all’entrata in vigore del Regolamento unico di cui all’art. 216, co. 27 octies, il Collegio consultivo tecnico, già previsto dall’art. 207 del Codice ed abrogato integralmente dal Correttivo (D. Lgs. 56/2017).

Impregiudicata ogni considerazione sulla reintroduzione con un testo sostanzialmente identico a distanza di neppure due anni di una norma già integralmente abrogata, con buona pace della certezza del diritto, vale qui solo rammentare che tale organo (collegiale?) formato da tre membri, in possesso di competenza e qualificazione adeguata, scelti dalle parti dovrebbe avere in base al testo della disposizione in esame “funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell'esecuzione del contratto stesso.”

Il Collegio, di cui non è chiara la natura, può ascoltare in maniera informale le parti o convocarle in contraddittorio per consentire l’esposizione delle rispettive ragioni.

Diversamente dalla formulazione originaria dell’art. 207 del Codice, la nuova disposizione prevede che l'eventuale accordo delle parti che accolga la proposta di soluzione indicata dal collegio consultivo non abbia natura transattiva, fatta salva la diversa volontà delle parti stesse.

Il Collegio consultivo può essere istituito al fine di prevenire controversie, prima dell’inizio dell’esecuzione del contratto e comunque entro 90 giorni, solo sull’accordo delle parti, ed è sciolto al termine dell'esecuzione del contratto ovvero in una data anteriore, sempre su accordo delle parti. Si rileva che non è stata riprodotta la preclusione già prevista nel testo originario dell’art. 207, comma 7 del Codice, pertanto, ove la controversia non sia composta con la procedura in esame, i componenti del Collegio possono assumere la qualità di testimoni nel giudizio civile avente ad oggetto la controversia medesima.

Al di là della finalità (prevenire il contenzioso) enunciata dalla norma in esame, ci sia consentito dubitare dell’efficacia di tale ulteriore organo, la cui genericità e “fluidità” di disciplina certamente, a tacer d’altro, non aiutano a distinguerne le funzioni del collegio consultivo dagli altri organi istituzionalmente deputati per conto dell’Amministrazione al controllo effettivo ed all’ordinata gestione dell’esecuzione dei contratti pubblici, primo tra tutti il Responsabile del procedimento, ma anche il Direttore dei lavori (o dell’esecuzione), ed il Collaudatore/Commissione di collaudo.

D’altra parte la previsione di un’audizione “informale” delle parti da parte del Collegio consultivo tecnico mal si concilia “prima facie” con i noti principi di trasparenza e correttezza cui devono attenersi le stazioni appaltanti nell’esecuzione dei contratti pubblici, così come ribadito dall’art. 30 del Codice.

Più in generale vale pure rilevare come la sospensione (sia pure stabilita in via temporanea) del divieto di formulare riserve sugli aspetti che hanno formato oggetto di verifica progettuale, si presta ad ampliare, piuttosto che a prevenire (tantomeno a ridurre), i profili di rischio contenzioso per le stazioni appaltanti, specialmente in considerazione della generalizzata sospensione (sino al 31/12/2020) del divieto di appalto integrato, che consente alle stazioni appaltanti di porre a base di gara il progetto definitivo, in luogo di quello esecutivo, così come previsto nell’impianto originario del Codice dei contratto pubblici (art. 59, comma 1 D. Lgs. 50/2016).

6)

L’art. 1, co. 15 L. 55/2019, riproduce limitandola agli anni 2019 e 2020, la disposizione già introdotta dal D.L. Sblocca cantieri per le varianti delle infrastrutture strategiche (art. 216, comma 3 ter del Codice).

Con tale disposizione viene stabilito che per le infrastrutture strategiche di cui agli artt. 163 ss. del D. Lgs. 163/06 (interventi della cd. Legge obiettivo) previste dal comma 1 bis del medesimo art. 216 del Codice, le varianti al progetto definitivo approvato dal CIPE (sia in sede di redazione del progetto esecutivo sia in fase realizzativa) sono approvate esclusivamente dal soggetto aggiudicatore qualora non superino del 50% il valore del progetto a suo tempo approvato; in caso contrario, le dette varianti sono approvate dal CIPE.

Vale evidenziare che gli interventi previsti dal citato comma 1 bis dell’art. 216, sono quelli già inseriti negli strumenti di programmazione approvati (dal CIPE) e per i quali sia già stata avviata la procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) alla data di entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici (cioè alla data del 19/4/2016); per tali interventi lo stesso comma 1 bis prevedeva, in via transitoria, l’ultrattività della disciplina previgente recata dal D. Lgs. 163/06 per l’approvazione dei relativi progetti.

Orbene tale disciplina (art. 169) prevedeva già che le varianti fossero approvate esclusivamente dal soggetto aggiudicatore (sia in fase progettuale che realizzativa), purchè esse non assumessero rilievo sotto il profilo localizzativo, né comportassero altre sostanziali modificazioni e richiedessero nuovi finanziamenti.

Orbene la disposizione introdotta con lo Sblocca cantieri (e riprodotta dalla Legge di conversione per gli anni 2019 e 2020), appare essere incompatibile almeno parzialmente con la richiamata disciplina dell’art. 169 D. Lgs. 163/06, atteso che vincola l’approvazione da parte del soggetto aggiudicatore in luogo del CIPE, al solo parametro numerico/quantitativo del 50% del valore, apparentemente superando quelli in precedenza previsti. Se tale interpretazione fosse confermata, si avrebbe un’abrogazione implicita del citato art. 169 D. Lgs. 163/06.

7)

L’art. 1, co. 18 L. 55/2019, riproduce, nelle more della complessiva revisione del Codice, fino al 31 dicembre 2020, le modifiche già introdotte dal D.L. Sblocca cantieri alla disciplina del subappalto.

In parziale recepimento dei rilievi contenuti nella procedura di infrazione n. 2018/2273 (punto 1.3), determinati dal contrasto con le norme sul subappalto delle direttive europee in materia di appalti e concessioni, nonché dal rilievo per cui i limiti della normativa italiana al subappalto sarebbero altresì violativi del principio europeo di proporzionalità (di cui all’art. 18, par. 1, Dir. 2014/24/UE), sono state apportate le seguenti modifiche alla disciplina del subappalto, stabilendo sino al 31/12/2020 la deroga parziale al comma 2 dell’art. 105 del Codice e la sospensione delle seguenti ulteriori disposizioni del Codice: art. 105, comma 6; art. 174 comma 2, terzo periodo; art. 80, co. 1 quanto al periodo “anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6” e co. 5 stesso periodo.

Pertanto, fino alla predetta data: i) la quota subappaltabile è stata elevata al limite massimo del 40% dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture, con determinazione rimessa in concreto alla stazione appaltante negli atti di gara; resta fermo per i contratti di lavori anche il limite del 30% previsto dall’art. 105, comma 5 del Codice per le categorie superspecialistiche (art. 89, co. 11, cd. SIOS); ii) è sospeso l’obbligo per gli operatori economici di indicare in sede di gara la terna dei subappaltatori; iii) sono sospese le verifiche in sede di gara dei motivi di esclusione riferite ai subappaltatori, con l’importante conseguenza che gli eventuali motivi di esclusione del subappaltatore, non comportano l’esclusione del concorrente in fase di gara, ma rilevano solo in sede di esecuzione del contratto ai fini del rilascio dell’autorizzazione al subappalto ovvero della sostituzione del subappaltatore (ai sensi dell’art. 105, commi 4 e 12 del Codice).

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C) Modifiche definitive

1) Regolamento unico

Si rileva al riguardo che con il D.L. 32/2019 è stato compiuto un radicale revirement rispetto alla scelta compiuta con il D. Lgs. 50/2016 s.m.i., che demandava l’attuazione del Codice – come noto – oltre che a (numerosi) decreti ministeriali, anche alle Linee Guida dell’ANAC (cd. soft law), prevedendo circa 50 provvedimenti attuativi, solo parzialmente adottati.

Con lo Sblocca Cantieri, come richiesto a più riprese dagli operatori in considerazione del disorientamento causato dalla frammentarietà ed incompletezza delle norme attuative del D. Lgs. 50/2016 s.m.i., si prevede invece l’adozione (come già avvenuto in passato per la Legge Merloni e per il D. Lgs. 163/06 s.m.i.) – di un Regolamento unico, da adottarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore (il 19 aprile 2019) del comma 27 octies, art. 216del Codice (introdotto dall’art. 1, co. 1, lett. mm, n. 7 D.L. 32/2019, conv. con modif.dall'art. 1, co. 20, lett. gg), L. n. 55/2019). Il Regolamento dovrebbe quindi essere adottato entro il 16 ottobre 2019.

Il Regolamento unicodi esecuzione, attuazione ed integrazione (di seguito anche solo “Regolamento”), viene adottato dal Governo ai sensi dell’art. 17, co. 1, lett. a) e b), L. n. 400/1988 (cioè con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato, che deve pronunciarsi entro 90 giorni dalla richiesta), su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentita la Conferenza Stato-Regioni.

Nelle more dell’adozione del Regolamento e sino alla sua entrata in vigore continuano ad applicarsi i decreti e le Linee Guida sin qui adottati in attuazione delle previgenti disposizioni di cui ai seguenti articoli del Codice: art. 24, co. 2 (D.M. 2 dicembre 2016, n. 263, relativo ai requisiti delle società di ingegneria); art. 31, co. 5 (Linee Guida n. 3, relative alla nomina, ruolo e compiti del RUP); art. 36, co. 7 (Linee Guida n. 4, procedure sottosoglia, indagini di mercato, formazione e gestione albi degli operatori economici; art. 89, co. 11 (D.M. 10 novembre 2016, n. 248, relativo alle opere superspecialistiche, cd. SIOS); art. 111, co. 1 e 2 (D.M. 7 marzo 2018, n. 49, Regolamento sulle modalità di svolgimento delle funzioni di D.L. e del Direttore dell'esecuzione); artt. 146, co. 4, 147, co. 1 e 2 e 150, co. 2 (D.M. 22 agosto 2017, n. 154, relativo ai lavori concernenti i beni culturali).

Secondo le modifiche introdotte dalla Legge di conversione al comma 27 octies dell’art. 216, i detti provvedimenti si applicano in quanto compatibili con il Codice e non oggetto delle procedure di infrazione nn. 2017/2090 e 2018/2273. Ai soli fini dell'archiviazione delle citate procedure di infrazione, inoltre, nelle more dell'entrata in vigore del regolamento, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l'ANAC sono autorizzati a modificare rispettivamente i decreti e le linee guida adottati in materia.

Si osserva al riguardo che l’applicazione dei citati provvedimenti nei limiti della compatibilità con il Codice ed in quanto non oggetto delle procedure di infrazione, appare prima facie una condizione superflua e ridondante, atteso il contenuto dei medesimi ed in considerazione delle modifiche già apportate al Codice proprio in considerazione delle dette procedure di infrazione con il D.L. Sblocca cantieri e con la Legge 55/2019 di conversione del medesimo, nonché con la Legge europea 2018 quanto alla disciplina dei pagamenti, con l’integrale sostituzione dell’art. 113 bis del Codice, come di seguito illustrato.

In sede di conversione è stato, inoltre, inserito nel comma 27 octies dell’art. 216 del Codice l’elenco delle materie da disciplinare con il Regolamento, di seguito riportato:

a) nomina, ruolo e compiti del responsabile del procedimento;

b) progettazione di lavori, servizi e forniture, e verifica del progetto;

c) sistema di qualificazione e requisiti degli esecutori di lavori e dei contraenti generali;

d) procedure di affidamento e realizzazione dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie comunitarie;

e) direzione dei lavori e dell’esecuzione;

f) esecuzione dei contratti di lavori, servizi e forniture, contabilità, sospensioni e penali;

g) collaudo e verifica di conformità;

h) affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e relativi requisiti degli operatori economici;

i) lavori riguardanti i beni culturali.

A decorrere dalla data di entrata in vigore del Regolamento cessano di avere efficacia, oltre ai provvedimenti (Decreti e Linee Guida ANAC vincolanti) già adottati e soprarichiamati, anche le ulteriori Linee Guida adottate dall’ANAC ai sensi dell’art. 213, comma 2 del Codice, relative alle materie sopraindicate (ad es. Linee Guida n. 1 relative all’affidamento dei servizi di ingegneria), nonché quelle che comunque siano in contrasto con le disposizioni recate dal regolamento.

Si rammenta al riguardo che le Linee Guida previste dal citato art. 213, comma 2 del Codice sono quelle adottate dall’ANAC per promuovere efficienza e qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, agevolando l’omogeneità dei procedimenti e lo sviluppo delle migliori pratiche; come più volte chiarito dal Consiglio di Stato, tali Linee Guida hanno carattere non vincolante per le stazioni appaltanti, potendo le stesse discostarsene motivatamente, ove la fattispecie concreta lo richieda.

La legge di conversione ha, quindi, ulteriormente precisato il revirement rispetto all’impostazione originaria del D. Lgs. 50/2016, marcando l’abbandono del sistema cd. di soft law, con il ritorno come in passato (cfr. DPR 207/2010) ad unico Regolamento per disciplinare, auspicabilmente in maniera uniforme, aspetti essenziali dell’affidamento e dell’esecuzione dei contratti pubblici, e specificamente del ciclo realizzativo delle opere e dei lavori pubblici (progettazione, affidamento ed esecuzione delle opere, inclusa la Direzione e contabilità dei lavori, collaudazione, qualificazione degli operatori economici).

Incidentalmente si osserva che con il Regolamento sarà disciplinata oltre alla progettazione, anche la verifica progettuale di cui all’art. 26 del Codice, la cui regolamentazione di dettaglio (già prevista dagli artt. 44-57 D.P.R. 207/2010) è stata integralmente abrogata dall’art. 217 del D. Lgs. 50/2016, con l’entrata in vigore del medesimo il 19/4/2016, con conseguenti gravi lacune nella relativa regolamentazione, solo parzialmente colmate con le Linee Guida n. 1 dell’ANAC.

Parimenti con il Regolamento sarà disciplinata la qualificazione delle imprese (art. 83, co. 2 e 84, co.2) esecutrici delle opere e lavori pubblici, inclusa la qualificazione dei general contractor (artt. 197 e 199).

In ogni caso, per effetto della modifica dell’art. 84 co. 4, lett. b) del Codice (introdotta dal D.L. 32/2019, confermata in sede di conversione dalla L. 55/2019), viene estesoda 10 a 15 anni il periodo che le imprese possono prendere a riferimento per documentare il possesso dei requisiti tecnico economici, ai fini della qualificazione; al riguardo si segnala, tuttavia, il rischio - amplificato dall’estensione del periodo di riferimento - per l’Amministrazione di trovarsi di fronte operatori economici, pur a suo tempo qualificati, oggi non più effettivamente in possesso delle risorse tecnico economiche corrispondenti al livello di qualificazione formalmente risultante dall’attestazione SOA.

****

Di seguito le ulteriori modifiche ritenute di maggior interesse, rinviando per il dettaglio al D.L. 32/2019, nel testo modificato dalla Legge di conversione n. 55/2019.

2) Anticipazione del prezzo dell’appalto - Disciplina pagamenti e penali (L. europea 2018)

Mediante la sostituzione (con il D.L. 32/2019, confermato dall’art. 1, co. 20, lett. g L.55/2019) nel testo dell’art. 35, co. 18 del Codice delle parole “dei lavori con le parole “della prestazione”, è stata estesa l'anticipazione del 20% del prezzo del contratto anche agli appalti di forniture e di servizi, oltre che a quelli di lavori pubblici.

Per completezza espositiva si rammenta, altresì, che l’art 113 bis del Codice relativo alla disciplina dei pagamenti e delle penali, è stato integralmente sostituito dall’art. 5 della Legge europea 2018 (L. 3/5/2019, n. 37 “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge europea 2018”, in G.U. n. 109 dell’11 maggio 2019).

La modifica dell’art. 113 bis risponde, come si legge nel Dossier – Servizio studi – A.S. n. 822-B, “all’impegno assunto dal Governo italiano di porre rimedio all’apertura della procedura di infrazione 2017/2090 in materia di pagamenti negli appalti pubblici. La procedura è allo stato del parere motivato e inerisce, più in particolare, alla disciplina dei termini di pagamento delle stazioni appaltanti pubbliche in favore degli appaltatori”.

Il nuovo testo dell’art. 113-bis, mutato anche nella rubrica oggi denominata “Termini di pagamento. Clausole penali”, stabilisce che gli acconti sono corrisposti all’appaltatore entro 30 giorni da ogni SAL, a meno che sia espressamente concordato un termine diverso (mai superiore a 60 giorni) quando tale termine più lungo sia giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sua caratteristiche. Il certificato di pagamento deve essere emesso contestualmente al SAL e comunque non oltre 7 giorni dalla sua adozione.

Parimenti, in sede di collaudo (o verifica di conformità) ai sensi del comma 2 art. 113 bis, il RUP entro un termine non superiore a 7 giorni è tenuto a rilasciare il certificato di pagamento ai fini dell’emissione della fattura da parte dell’appaltatore. Il pagamento deve essere effettuato nel termine di 30 giorni decorrenti dall’esito positivo del collaudo (o verifica di conformità), salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a 60 giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche.

Come nel testo previgente, viene stabilito che il certificato di pagamentonon costituisce presunzione di accettazione dell’opera, ai sensi dell’art. 1666, comma 2, Codice Civile e si ribadisce la validità dell’art. 4, comma 6, D. Lgs. 231/2002 s.m.i. per cui, in presenza di procedure volte ad accertare la conformità della merce o dei servizi al contratto, la stessa non può avere una durata superiore a 30 giorni dalla data della consegna della merce o della prestazione del servizio, salvo che sia diversamente ed espressamente concordato dalle parti, previsto nella documentazione di gara e sempre che non si tratti di una condizione gravemente iniqua per il creditore ai sensi dell'art. 7 D. Lgs. 231/2002 s.m.i.; l'accordo deve essere comunque provato per iscritto.

Infine, il comma 4 art. 113 bis, disciplina le penali a carico dell’impresa affidataria ribadendo il precedente regime dell’art. 113 bis, comma 2. Dunque, rimangono fermi i due requisiti: il primo, relativo alle modalità di calcolo, che devono essere commisurate ai giorni di ritardo rispetto all’ultimazione e devono essere comprese tra lo 0,3‰ e l’1‰ dell’ammontare netto del contratto, avuto riguardo dell’entità delle conseguenze del ritardo; l’altro, di carattere proporzionale, per cui l’ammontare non può comunque superare il 10% dell’ammontare totale netto.

3) Progettazione – Verifica progettuale

3.1) Progettazione – Progettisti: requisiti - incompatibilità

Come sopra indicato al precedente paragrafo C.1), la disciplina della progettazione e della verifica progettuale é demandata al Regolamento attuativo del Codice, non più, per quanto concerne la progettazione, al decreto ministeriale in origine previsto dall’art. 23, comma 3 del Codice (peraltro non adottato, anche in ragione dei rilievi del Consiglio di Stato).

In via transitoria, per quanto riguarda la progettazione, continuano ad applicarsi gli artt. 14-43 delD.P.R. 207/2010 nelle more dell’entrata in vigore del citato Regolamento (combinato disposto art. 216, co. 4 e co. 27 octies del Codice).

Viceversa le norme del D.P.R. 207/2010 (artt. 44-57) che disciplinavano compiutamente la verifica progettuale sono state invece integralmente abrogate sin dal 19/4/2016 con l’entrata in vigore del D. Lgs. 50/2016 (art. 217), senza che ne sia stata prevista l’applicazione in via transitoria, con conseguenti gravi lacune nella relativa regolamentazione, solo parzialmente colmate con le Linee Guida n. 1 dell’ANAC.

Pertanto nelle more dell’entrata in vigore del citato Regolamento, l’unico riferimento normativo circa il contenuto della verifica progettuale è attualmente costituito dall’art. 26, co. 4 del Codice, in base al quale “La verifica accerta in particolare:

a) la completezza della progettazione; b) la coerenza e completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti; c) l’appaltabilità della soluzione progettuale prescelta; d) presupposti per la durabilità dell'opera nel tempo; e) la minimizzazione dei rischi di introduzione di varianti e di contenzioso; f) la possibilità di ultimazione dell'opera entro i termini previsti; g) la sicurezza delle maestranze e degli utilizzatori; h) l’adeguatezza dei prezzi unitari utilizzati; i) la manutenibilità delle opere.”

Tanto richiamato in via preliminare, si osserva che con il D.L. Sblocca cantieri sono state introdotte le seguenti modifiche, confermate dalla Legge di conversione con una sola precisazione.

Innanzitutto, si rileva che sono stati aggiornati i contenuti del progetto di fattibilità tecnica ed economica (che ha sostituito il preliminare) con l’integrale riformulazione dell’art. 23, co. 5 e l’integrazione del comma 6, al cui contenuto si rinvia integralmente.

Si rileva qui solo che il nuovo testo del comma 5, diversamente dal precedente, prevede per i lavori pubblici di importo pari o superiore alla soglia comunitaria (€ 5.548.000) non più la facoltà, ma l’obbligoper le stazioni appaltanti di predisporre, prima del progetto di fattibilità (con le relative, indagini, studi, verifiche etc.), il solo documento di fattibilità delle alternative progettuali ai fini della programmazione (art. 21, co. 3 Codice), nonché per l'espletamento delle procedure di dibattito pubblico (art. 22 Codice) e per i concorsi di progettazione e di idee (art. 152 Codice).

Il detto documento di fattibilità delle alternative progettuali, secondo la definizione dell'art. 3, comma 1, lett. ggggg-quater del Codice è “il documento in cui sono individuate ed analizzate le possibili soluzioni progettuali alternative ed in cui si dà conto della valutazione di ciascuna alternativa, sotto il profilo qualitativo, anche in termini ambientali, nonché sotto il profilo tecnico ed economico.”

Resta ferma la facoltà della stazione appaltante di richiedere la redazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali anche per i lavori pubblici sottosoglia.

La legge di conversione (art. 1, co. 20, lett. a), L. 55/2019) ha poi integrato il comma 6 dell’art. 23 del Codice, precisando che tra le indagini e verifiche necessarie ai fini della redazione del progetto di fattibilità (indagini geologiche, idrogeologiche, idrologiche, idrauliche, geotecniche, sismiche, storiche, paesaggistiche ed urbanistiche) sono comprese anche le verifiche relative alla possibilità del riuso del patrimonio immobiliare esistente e della rigenerazione delle aree dismesse, nonché di studi di fattibilità ambientale e paesaggistica e la necessità di indicare nei relativi elaborati cartografici anche la descrizione delle misure di compensazioni e di mitigazione dell'impatto ambientale.

Inoltre, per effetto dell’introduzione dell’art. 23 comma 11 bis del Codice, tra le spese tecniche da prevedere nel quadro economico di ciascun intervento sono ora comprese espressamente le spese di carattere strumentale sostenute dalle amministrazioni aggiudicatrici in relazione all’intervento.

Come sopra indicato al precedente paragrafo C.1), con il Regolamento unico di attuazione saranno definiti i requisitidei soggetti di cui all'art. 46, co. 1 del Codice, affidatari dei servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria (professionisti singoli o associati, società di professionisti, società di ingegneria, G.E.I.E., raggruppamenti/consorzi tra i detti soggetti); ferma restando in via transitoria (ai sensi dell'art. 216, co. 27-octies del Codice) l’applicazione del D.M. 2 dicembre 2016, n. 263, relativo ai requisiti delle società di ingegneria e delle Linee Guida 1 dell’ANAC, sui requisiti di capacità tecnico organizzativa ed economico finanziaria per l’affidamento dei detti servizi.

Con le modifiche apportate all’art. 24 comma 7 del Codice è stata eliminata l’impossibilità per i progettisti di essere anche affidatari delle concessioni di lavori pubblici quando siano stati gli autori della progettazione a base di gara per l’affidamento della concessione.

La detta incompatibilità tra progettazione e realizzazione resta ferma invece relativamente agli appalti; pertanto – ai sensi dell’art. 24, comma 7 del Codice – tuttora i soggetti che abbiano predisposto la progettazione posta a base di gara, non possono essere affidatari (neppure tramite soggetti controllati, controllanti o collegati) degli appalti di lavori, degli eventuali subappalti o cottimi.

3.2) Verifica progettuale

E’ stata prevista la possibilità per le stazioni appaltanti che abbiano un sistema interno di controllo qualità di effettuare la verifica progettuale dei lavori di importo inferiore a 20.000.000 di euro e fino alla soglia comunitaria (€ 5.548.000), per effetto della modifica apportata all’art. 26, comma 6, lett. b) del Codice dalla L.55/2019 (art. 1, co. 20, lettera c).

Impregiudicata ogni considerazione sull’inefficacia del sistema qualità ad assicurare l’indipendenza di giudizio e le capacità occorrenti ad effettuare la verifica di opere rilevanti (da 5.548.000 euro ad importi inferiori a 20.000.000 di euro), si osserva che tale modifica consentendo alle stazioni appaltanti di verificare internamente la progettazione, alla sola condizione che dispongano di un sistema qualità, in sostanza è suscettibile di sottrarre all’esternalizzazione i relativi appalti di servizi.

Si osserva che la modifica in commento incide anche sulla disciplina prevista dalle Linee Guida 1 dell’ANAC, nella parte in cui elenca i soggetti legittimati all’espletamento della verifica progettuale, attesa l’applicazione delle dette Linee Guida in via transitoria nei limiti della compatibilità con il Codice, così come novellato dallo Sblocca cantieri e dalla relativa Legge di conversione (art. 216, comma 27 octies, nel testo modificato dalla L. 55/2019).

4) Appalto integrato

Fermo restando quanto sopra indicato (Par. A, n. 2) in merito alla sospensione generalizzata e temporanea (sino al 31/12/2020) del divieto di appalto integrato, si osserva, altresì, che con il D.L. Sblocca cantieri, confermato sul punto dalla Legge di conversione (L. 55/2019), è stata reinserita nel Codice (art. 59, co. 1 bis, 2° periodo) la possibilità (già contemplata dal D. Lgs. 163/06) per le imprese di partecipare alla gare per l’affidamento di appalto integrato utilizzando la qualificazione SOA per progettazione ed esecuzione ovvero, in alternativa, indicando o associando progettisti all’uopo qualificati.

E’ stato inoltre (re)introdotto (art. 59, co. 1 quater), il pagamento diretto al progettista del corrispettivo per l’attività di progettazione al netto del ribasso e purché tale modalità di pagamento sia indicata nei documenti di gara; il pagamento del corrispettivo è comunque subordinato (e diviene quindi esigibile): alla previa approvazione del progetto, oltre che alla presentazione dei relativi documenti fiscali da parte del progettista.

5) Affidamenti sottosoglia

5.1)

La disciplina degli affidamenti sottosoglia è stata modificata sia dal D.L. Sblocca cantieri che dalla successiva Legge di conversione (art. 1, co. 20, lett. h, nn.1-5).

In via del tutto preliminare, occorre rammentare che (per espressa statuizione dell’art. 36, co. 1 del Codice), l'affidamento e l'esecuzione degli appalti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie comunitarie deve avvenire nel rispetto dei seguenti principi stabiliti dal Codice:

  • economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità (art. 30 comma 1), vincolanti per la Stazione Appaltante anche in caso di malfunzionamento delle piattaforme telematiche utilizzate per gli affidamenti (art. 79, comma 5 bis)

  • criteri sostenibilità energetica/ambientale (art. 34)

  • prevenzione e risoluzione dei conflitti di interesse (art. 42)

  • rotazione degli inviti e degli affidamenti (art. 36, comma1)

  • effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese (PMI), cui è finalizzato anche l’obbligo di suddivisione in Lotti (funzionali/prestazionali), fermo il divieto di suddivisione/aggregazione artificiosa e con finalità elusive (art. 51)

    Possono inoltre applicarsi per gli appalti di lavori ed i servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi ai contratti ad alta intensità di manodopera (nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell’importo totale del contratto), nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, con l’obbligo dell’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’art. 51 D. Lgs. 81/2015.

Tanto preliminarmente rammentato, si osserva che le con il D.L. Sblocca cantieri e con la Legge di conversione, sono state innanzitutto ridefinite le fasce di importo e le procedure per l’affidamento degli appalti di importo inferiore alla soglia europea (attualmente pari per i lavori ad € 5.548.000; per i servizi e forniture delle amministrazioni centrali € 144.000, e, rispettivamente € 221.000 per le altre amministrazioni; € 443.000 per i servizi e forniture dei settori speciali).

 

Pertanto ai sensi dell’art. 36, co. 2, lett. a, b, c, c bis, d) del Codice (come da ultimo modificato dalla L. 55/2019 di conversione del D.L. 32/2019) l’affidamento di contratti sottosoglia può avvenire con le seguenti modalità distinte per fasce di importo:

a) importo inferiore a 40.000 euro: affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici (ovvero, per i lavori, in amministrazione diretta);

b) importo pari o superiore a 40.000 euro ed inferiore a 150.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all’art. 35 del Codice per le forniture ed i servizi (€ 144.000 per le amministrazioni centrali, e, rispettivamente € 221.000 per le altre amministrazioni; € 443.000 per servizi e forniture dei settori speciali): affidamento diretto previa valutazione di tre preventivi, ove esistenti, per i lavori, ovvero per i servizi e le forniture, previa valutazione di almeno cinque preventivi di cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti. I lavori possono essere eseguiti anche in amministrazione diretta, fatto salvo l’acquisto e il noleggio di mezzi, per i quali si applica comunque la procedura di cui al periodo precedente.

L’avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene l’indicazione anche dei soggetti invitati.

Per entrambe le dette tipologie di contratti, la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato: l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti (art. 32, comma 2 del Codice come modificato dalla L. 55/2019, art. 1, co. 20, lett. f).

Riguardo all’ipotesi di affidamento diretto introdotta per tale tipologia di contratti, è appena il caso di evidenziare come, al di là del nomen iuris (in verità impropriamente) utilizzato dal legislatore si tratti in effetti anche in tal caso di una procedura negoziata, di cui anzi, ad avviso di chi scrive, in cui è stato ulteriormente accentuato l’onere motivazionale per le stazioni appaltanti.

Difatti, diversamente dal testo previgente, in cui prima di procedere all’affidamento, la stazione appaltante doveva “consultare” gli operatori economici nel numero minimo indicato dalla legge, ora il testo novellato dell’art. 36, comma 2, lett. b) specifica il detto obbligo di consultazione nella valutazione di tre preventivi per i lavori e, deve ritenersi al di là della non perfetta coordinazione del tenore letterale, di almeno cinque preventivi per le forniture ed i servizi.

Pertanto, sia pure nella forma semplificata prevista dal citato art. 32, comma 2 del Codice, le stazioni appaltanti dovranno dare conto, non solo dei soggetti invitati alla procedura, scelti sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti, ma anche delle ragioni che hanno determinato la scelta dell’affidatario ed il criterio in base al quale hanno operato la valutazione dei preventivi.

c) importo pari o superiore a 150.000 euro ed inferiore a 350.000 euro: procedura negoziata di cui all’art. 63 del Codice previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 (dieci) operatori economici, nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici. Anche in tal caso, l’avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene l’indicazione anche dei soggetti invitati.

c-bis) importo pari o superiore a 350.000 euro ed inferiore a 1.000.000 di euro: stessa procedura di cui alla precedente lett. c), fatto salvo il maggior numero di soggetti da consultare che è di almeno 15 (quindici) operatori economici, ove esistenti.

d) importo pari o superiore a 1.000.000 di euro e fino alla soglia di cui all’art. 35 (€ 5.548.000): procedura aperta ai sensi dell’art. 60 del Codice, fermo restando quanto previsto dall’art. 97, comma 8 del Codice relativamente all’esclusione automatica delle offerte anomale.

5.2)

Il citato art. 97, comma 8 del Codice (nel testo da ultimo modificato dalla L. 55/2019, dall'art. 1, comma 20, lett. u), prevede infatti che nelle procedure sottosoglia e che non presentino carattere transfrontaliero, per l’affidamento di lavori, servizi e forniture da aggiudicare con il criterio del prezzo più basso, la stazione appaltante è tenuta a prevedere nel bando l'esclusione automatica delle offerte anomale, costituite dalle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dei commi 2, 2-bis e 2-ter dell’art. 97 (anch’essi novellati dalla L. 55/2019). In tal caso non si applicano i commi 4, 5 e 6 dell’art. 97 relativi alla verifica in contraddittorio, sulla base dei giustificativi, dell’offerta anomala.

In ogni caso l’esclusione automatica non opera quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a 10 (dieci).

Rispetto alla previgente disciplina, quindi, la stazione appaltante non ha più la facoltà ma l’obbligo di prevedere nel bando l’esclusione automatica, fatto salvo il caso in cui l’affidamento pur essendo di importo inferiore alle soglie comunitarie, abbia tuttavia carattere transfrontaliero, attesa la modifica apportata alla norma per effetto della procedura di infrazione n. 2018/2273. In tale ultimo caso la stazione appaltante potrà quindi procedere all’esclusione del concorrente la cui offerta sia risultata anomala solo in esito alla verifica dei giustificativi ai sensi dei commi 4, 5 e 6 dell’art. 97 del Codice.

5.3)

E’ stato abrogato con la legge di conversione, il comma 5 dell’art. 36 che prevedeva in origine per gli appalti sottosoglia la verifica dei requisiti in capo al solo aggiudicatario.

Inoltre non è stata convertita la disposizione, introdotta dal D.L. Sblocca cantieri al comma 5 dell’art. 36, che consentiva per i soli affidamenti sotto soglia, l’inversione procedimentale già prevista per i settori speciali dall’art. 133, comma 8 del Codice.

Fermi restando gli effetti prodotti dalla citata disposizione, la Legge 55/2019, di conversione del D.L., ha generalizzato come soprarichiamato la detta inversione procedimentale sia per gli appalti sotto soglia, che per quelli di rilevanza comunitaria, prevedendo l’applicazione temporanea (sino al 31/12/2020) dell’art. 133, co. 8 del Codice, che già consentiva per i settori speciali tale inversione procedimentale.

Inoltre, l’intervenuta abrogazione del comma 5, art. 36 del Codice fa sì che per tutti gli appalti (sotto soglia e di rilevanza comunitaria) la verifica sul possesso dei requisiti richiesti ai fini della stipula del contratto, venga effettuata in capo quindi al solo aggiudicatario (ai sensi dell’art. 85, co. 5 del Codice, (così come modificato dal Correttivo, D. Lgs. 56/2017).

Per quanto riguarda specificamente i mercati elettronici di cui al comma 6 dell’art. 36 del Codice (incluso il MEPA), le novità introdotte con lo Sblocca cantieri e con la Legge di conversione (comma 6 bis, art. 36, sostituito dall'art. 1, comma 17, L. 55/2019) prevedono, innanzitutto, che la verifica dell’assenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80 del Codice, ai fini dell’ammissione e della permanenza nei detti mercati sia effettuata dal soggetto responsabile su un campione significativo di operatori economici, non più limitatamente agli affidamenti di importo inferiore a 40.000 come nel previgente regime, ma per tutti gli affidamenti sottosoglia. Ciò sino all’adozione del Decreto per l’attuazione della Banca dati nazionale degli operatori economici di cui all’articolo 81, comma 2 del Codice anche mediante interoperabilità fra sistemi (in via transitoria le stazioni appaltanti e gli operatori economici utilizzano la banca dati AVCPass istituita presso l'ANAC).

Inoltre, in base al comma 6 ter, art. 36 del Codice (introdotto dall'art. 1, comma 17, L. 55/2019), è previsto l’obbligo per le stazioni appaltanti che effettuino le procedure di affidamento nell’ambito dei citati mercati elettronici di verificare sempre in capo all’aggiudicatario il possesso dei requisiti economico finanziari e tecnico professionali, nonché di procedere alla verifica del possesso dei requisiti generali soltanto quando l’aggiudicatario non rientri tra gli operatori economici verificati a campione ai sensi del comma 6-bis dell’art. 36 soprarichiamato.

5.4)

Si osserva infine che l’art. 36, co. 9 bis del Codice (nel testo novellato dalla L.55/2019, parzialmente modificativa del D.L. Sblocca cantieri), stabilisce che le stazioni appaltanti procedano all’aggiudicazione dei contratti di lavori, servizi e forniture sottosoglia sulla base del criterio del minor prezzo ovvero in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (“OEPV”), fermi restando i casi in cui quest’ultimo criterio è obbligatorio ai sensi dell’art. 95, comma 3 del Codice.

Resta fermo quanto previsto dall’art. 95, co. 3 del Codice (come novellato dal D.L. 32/2019, confermato dall'art. 1, co. 20, lett. t), L. 55/2019): pertanto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo resta il criterio di aggiudicazione esclusivo per i seguenti contratti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro:

a) contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera (come definiti all'art. 50, co. 1 del Codice);

b) contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale;

b-bis) contratti di servizi e forniture caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo.

In sede di conversione del D.L. è stata cioè eliminata (dall'art. 1, co.17, L. 55/2019) la preferenza per il criterio del minor prezzo e l’obbligo di motivazione adeguata nella determina a contrarre nel caso di ricorso al criterio dell’OEPV, previamente introdotte con lo sblocca cantieri.

Sembra pertanto che i due criteri per i contratti sottosoglia siano stato resi alternativi, fermi restando i casi sopramenzionati in cui è obbligatorio il ricorso all’OEPV.

Ciò anche in considerazione delle modifiche apportate dalla L. 55/2019 all’art. 95, comma 4 che nel testo previgente ammetteva l’utilizzazione del criterio del minor prezzo, previa adeguata motivazione (ai sensi del comma 5 art. 95 del Codice), anche per i) i lavori di importo pari o inferiore a 2.000.000 di euro, ovvero per ii) servizi e forniture di importo inferiore a 40.000 euro, nonché di importo pari o superiore a 40.000 euro e sino alla soglia comunitaria solo se caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo.

L’obbligo di adeguata motivazione appare oggi limitato al caso in cui la stazione appaltante intenda affidare con il criterio del minor prezzo i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera, per i quali è obbligatorio il criterio dell’OEPV (combinato disposto art. 95, comma 4, lett. b e co. 5 del Codice, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla L. 55/2019, art. 1, co. 20, lett. t).

Si osserva, infine, per completezza espositiva che per quanto riguarda gli appalti di lavori relativi a beni culturali, il criterio del minor prezzo è utilizzabile per i soli lavori di importo pari o inferiore a 500.000 euro (art. 148, comma 6 del Codice). Tale disposizione infatti non è stata modificata dallo Sblocca cantieri, né dalla legge di conversione. D’altra parte trattandosi di una disposizione speciale, siccome relativa a beni caratterizzati da specifiche peculiarità, non sembra possibile affermare un’abrogazione implicita del citato art. 148, comma 6 per incompatibilità con la sopravvenuta disposizione di cui all’art. 36, comma 9 bis del Codice.

6) Criteri di aggiudicazione

Fermo restando quanto sopraindicato circa i criteri di aggiudicazione per gli appalti sottosoglia, occorre altresì rilevare che non è stata confermata in sede di conversione la disposizione con cui il D.L. Sblocca cantieri (art. 1, lett. s) aveva eliminato dal co. 10 bis dell'art. 95 del Codice il limite del 30% per il punteggio economico (già introdotta con il Correttivo) nell’ambito dei criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV).

Per effetto della mancata conversione in legge della citata disposizione del D.L., di cui la L. 55/2019 ha comunque fatto salvi gli effetti, il detto limite del 30% pertanto permane in vigore.

Per la verità suscitava notevoli perplessità, ad avviso di chi scrive, la motivazione indicata nella relazione illustrativa del Governo al D.L. Sblocca cantieri per la soppressione di tale limite; motivazione che veniva individuata nella finalità di garantire maggiormente la discrezionalità della stazione appaltante nella determinazione dei punteggi in caso di OEPV.

L’esperienza operativa mostra, al contrario, che l’assenza di un limite al peso attribuito all’elemento prezzo, lungi dal favorire gli elementi qualitativi del criterio di aggiudicazione, favorisce piuttosto la “corsa al ribasso” degli operatori economici, con i noti deleteri effetti per le prestazioni dedotte nell’appalto, derivanti dai ribassi eccessivi (per i “correttivi” da utilizzare per limitare i detti effetti distorsivi: vedi Linee Guida n. 2 ANAC “Offerta economicamente più vantaggiosa”, aggiornate con Del. del Consiglio n. 424 del 2 maggio 2018).

7) Offerte anomale

Per effetto della procedura di infrazione n. 2018/2273 aperta dalla Commissione europea, ma anche per semplificare la disciplina previgente delle offerte anomale, sono state introdotte numerose modifiche all’art. 97 del Codice, modificando i requisiti per l’utilizzabilità dell’esclusione automatica delle offerte anomale per gli appalti sottosoglia, come anticipato al precedente paragrafo 5), in applicazione dei principi elaborati al riguardo dalla Corte di Giustizia europea (IV sez., sent. 15/5/2008, cause riunite C-147/06 e C-148/06).

Difatti, in base, all’art. 97, co. 8 del Codice, novellato dal D.L. 32/2019: nel caso di appalti di lavori, servizi e forniture sottosoglia, purchè non presentino carattere transfrontaliero, aggiudicati con il criterio del prezzo più basso, le stazioni appaltanti prevedono obbligatoriamente (non più in via facoltativa) nel bando l'esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dei commi 2, 2-bis e 2-ter, come novellati dal D.L. Sblocca cantieri e dalla Legge di conversione; in ogni caso l’esclusione automatica non opera quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a 10.

Le metodologie di calcolo della soglia di anomalia sono state ridotte da cinque a due, (eliminando il sorteggio previsto dalla disciplina previgente) ed articolate, in funzione anti turbativa, distintamente a seconda che il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a 15 (comma 2 novellato) ovvero che il numero delle offerte ammesse sia inferiore a 15 (comma 2 bis novellato).

Sono considerate anomale le offerte che presentano un ribasso pari o superiore alla soglia costituita dalla media aritmetica delle offerte ammesse con esclusione del 10% (arrotondato all’unità superiore) di quelle di maggiore e minore ribasso (cd. taglio delle ali), così come modificata per effetto delle sommatorie e dei rapporti della detta media con lo scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la media medesima.

In ogni caso i detti metodi per la determinazione della soglia di anomalia non si applicano quando il numero delle offerte ammesse sia inferiore a 5.

Inoltre, sempre in funzione anti turbativa, per non rendere predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può procedere con decreto alla rideterminazione delle modalità di calcolo per l’individuazione della soglia di anomalia (comma 3 ter, introdotto dal D.L. 32/2019, confermato dalla Legge di conversione).

Quando, invece, il criterio utilizzato è quello dell’OEPV, si prevede (art. 97, co. 3 novellato) che il metodo di determinazione dell’anomalia delle offerte (sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, sono entrambi pari o superiori ai 4/5 dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara) sia utilizzato qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a tre, ferma restando l’applicazione dell'ultimo periodo del co. 6 dell’art. 97 del Codice, secondo cui la stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa.

8) Abrogazione rito superaccelarato

Il D.L. Sblocca cantieri, confermato dalla Legge 55/2019 di conversione, ha eliminato il cd. rito superaccelerato che era stato introdotto nell’art. 120 del Codice del Processo amministrativo (CPA) con l’art. 204 del D. Lgs. 50/2016 s.m.i., per l’impugnazione immediata delle ammissioni ed esclusioni disposte in esito alla prima fase della gara, in esito alla verifica della documentazione attestante l'assenza dei motivi di esclusione, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali.

Sono stati abrogati in particolare i commi 2 bis e 6 bis dell’art. 120 CPA, che prevedevano appunto il rito superaccelerato e sono state apportate le conseguenti modifiche agli ulteriori commi (5,7,9 ed 11) dell’art. 120 CPA in ragione della predetta abrogazione.

Vale peraltro rilevare che per effetto dell’abrogazione del comma 2 bis art. 120 CPA, deve ritenersi oggi nuovamente possibile far valere mediante ricorso incidentale l’illegittima ammissione del ricorrente (per mancanza dei requisiti) per paralizzarne l’impugnativa.

Malgrado la detta abrogazione, invece, deve ritenersi tuttora inammissibile l'impugnazione della proposta di aggiudicazione, in quanto atto endoprocedimentale privo di immediata lesività.

Per espressa previsione del D.L. 32/2019 (art. 1, co. 5), le modifiche all’art. 120 CPA conseguenti all’abrogazione del rito superaccelerato, si applicano ai processi iniziati successivamente al 19 aprile 2019 data di entrata in vigore del D.L.

Si rammenta, per completezza di informativa che, in base all’art. 95, comma 15 del Codice ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte, non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte.

8.1) Eliminazione obbligo di pubblicazione sul profilo del committente elenco ammessi ed esclusi – Obbligo di comunicazione a mezzo PEC

Correlativamente all’abrogazione del rito superaccelerato per impugnare ammissioni/esclusioni, il D.L. 32/2019 (art. 1, co. 1, lett. c) ha soppresso anche l’obbligo - strumentale alle dette impugnative (già previsto dall’art. 29, co. 1, 3° e 4°periodo, D. Lgs. 50/2016) - di pubblicazione sul profilo del committente, nei due giorni successivi all’adozione dei relativi atti, delle ammissioni ed esclusioni.

Restano fermi gli altri obblighi di pubblicazione sul profilo del committente in ossequio al principio di trasparenza previsti dal citato art. 29, co. 1, 1° e 2° periodo del Codice, relativamente a tutti gli atti delle stazioni appaltanti relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure di affidamento di appalti e concessioni.

Vale rilevare che, a fronte della soppressione dell’obbligo di pubblicazione sul profilo del committente, è stato introdotto l’obbligo per la stazione appaltante di comunicare a candidati/concorrenti, a mezzo PEC ed entro 5 giorni dall’adozione, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura e le ammissioni ad essa all’esito della verifica della documentazione attestante l'assenza dei motivi di esclusione, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali, indicando l'ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti (art. 76, comma 2 bis del Codice, introdotto dal D.L. 32/2019).

9) Motivi di esclusione – Prova e validità dei certificati

9.1)

Le modifiche apportate con lo Sblocca Cantieri e con la Legge di conversione all’art. 80 del Codice, sui motivi di esclusione sono state determinate dai rilievi derivanti dalla procedura di infrazione n. 2018/2273 (cause di esclusione dei subappaltatori, etc.), nonché dalla necessità di adeguare il testo del Codice alle novità del cd. Spazza – corrotti.

Pertanto, in dettaglio sono state introdotte le seguenti principali modifiche:

1) nelle more della complessiva revisione del Codice e sino al 31 dicembre 2020, i motivi di esclusione riguardanti il subappaltatore non rilevano più ai fini dell’esclusione del concorrente, bensì ai soli fini dell’autorizzazione al subappalto (vedi precedente paragrafo B, n. 7);

2) è stato introdotto come motivo di esclusione espresso il grave inadempimento dell’operatore economico nei confronti di uno o più subappaltatori, riconosciuto o accertato con sentenza passata in giudicato (lett. c quater, co. 5 art. 80, introdotta dall'art. 1, co. 20, lett. o), L. n. 55 del 2019);

3) è stato confermato (co. 2, ult. periodo, art. 80) che le imprese sottoposte ad interdittiva antimafia oggetto di impugnazione, possono richiedere al prefetto l'applicazione del controllo giudiziario sull'azienda, evitando così il divieto di contrattazione con la P.A. e dunque l'esclusione dalla gara (art. 34 bis, co. 6 e 7, D. Lgs. n. 159/2011);

4) è stato precisato (al comma 3, art. 80) che: i) i motivi di esclusione operano anche nei confronti del socio di maggioranza anche quando la società abbia un numero di soci pari o inferiore a quattro (non più solo inferiore a tale numero); ii)nei casi di condanna ad una pena accessoria perpetua, l’esclusione non opera quando tale condanna è stata dichiarata estinta ai sensi dell’art. 179, comma 7, del codice penale; 5) sono state meglio precisate le procedure concorsuali e di crisi di impresa che determinano l’esclusione, individuate (lett. b, comma 5, art. 80) nello stato di fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo ovvero nella pendenza del procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’art. 110 del Codice (anch’esso integralmente riformulato, come di seguito indicato) e dall’art. 186 bis della L. Fallimentare (R.D. 267/1942) per il concordato con continuità;

6) è stato riformulato il comma 10 dell’art. 80 del Codice con l’allineamento alla disciplina dello Spazza – corrotti; pertanto se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria dell’incapacità a contrattare con la P.A., l’interdizione è: a) perpetua nei casi in cui alla condanna consegue di diritto la pena accessoria perpetua, ai sensi dell’art. 317 bis, co. 1, primo periodo, Cod. penale, salvo che la pena sia dichiarata estinta ai sensi dell’art. 179, settimo comma, Cod. penale; b) pari a 7 anni nei casi previsti dall’art. 317-bis, co. 1, secondo periodo, Cod. penale, salvo che sia intervenuta riabilitazione; c) pari a 5 anni nei casi diversi da quelli di cui alle lett. a) e b), salvo che sia intervenuta riabilitazione;

7) è stata introdotta la previsione (co. 10 bis art. 80) per cui, nei casi stabiliti dal comma 5 dell’art. 80 (comprensivi dell’illecito professionale e della risoluzione del contratto in danno), la durata di esclusione di 3 anni decorre dalla data di accertamento del fatto in via amministrativa ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data della sentenza passata in giudicato; nelle more della definizione del giudizio, la stazione appaltante deve comunque tenerne conto, nell’esercizio della propria discrezionalità, per la valutazione della sussistenza del presupposto per l’esclusione;

Per completezza espositiva si osserva, infine, che non è stata invece confermata in sede di conversione la disposizione che era stata introdotta con il D.L. Sblocca cantieri nel comma 4 art. 80 del Codice per effetto della procedura di infrazione, che consentiva alla stazione appaltante di escludere il concorrente nel caso in cui la stazione appaltante fosse a conoscenza e potesse dimostrare, che l'operatore economico non era in regola con gli obblighi fiscali o contributivi anche se essi non fossero stati definitivamente accertati, con sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione; pertanto il motivo di esclusione in esame, come per il passato resta vincolato alla sussistenza del definitivo accertamento dell’irregolarità con i detti provvedimenti.

9.2) Validità certificazioni comprovanti l’assenza dei motivi di esclusione

Con l’introduzione (ad opera dell'art. 1, co. 16, L. 55/2019) del comma 2 bis dell’art. 86 del Codice è stato espressamente previsto che, ai soli fini della prova dell’assenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80 del Codice per il concorrente, le imprese ausiliarie di cui si avvale ai sensi dell’art. 89 e per i subappaltatori, i relativi certificati (incluso il casellario giudiziale ed il DURC) e documentazione hanno durata pari a sei mesi dalla data del rilascio.

Inoltre è prevista un’ultrattività di ulteriori 60 giorni dei detti certificati, atteso che la stazione appaltante, eccezion fatta per il DURC, per i certificati e documenti già acquisiti e scaduti da non oltre 60 giorni, qualora sia pendente il procedimento di acquisizione, può verificare l’assenza dei motivi di esclusione richiedendo direttamente agli enti certificatori di confermare il contenuto dei certificati; gli enti certificatori sono tenuti a riscontrare la richiesta nel termine di 30 giorni, decorso il quale per silenzio assenso il contenuto si intende confermato.

I certificati e gli altri documenti in corso di validità possono essere utilizzati anche per procedimenti diversi da quelli per i quali sono stati acquisiti.

10) Proroga esternalizzazione concessionari – Concessioni autostradali

Con la L. 55/2019 (art. 1, co. 20, lett. bb) è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2020 l’obbligo di esternalizzazione previsto per i concessionari titolari di concessioni già in essere alla data di entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici, non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea.

Con la norma transitoria introdotta al comma 27 sexies dell’art. 216 del Codice, è previsto che per le concessioni autostradali già scadute o in scadenza entro 36 mesi dal 19/4/2019 ed il cui bando sia pubblicato entro il 31/12/2019, il concedente può avviare le procedure di gara per l'affidamento della concessione anche sulla base del solo fabbisogno predisposto dal medesimo concedente, limitatamente agli interventi di messa in sicurezza dell'infrastruttura esistente.

11) Finanza di progetto (art. 183 del Codice)

Viene introdotta (art. 183, comma 17 bis) la possibilità per gli investitori istituzionali, inclusa Cassa Depositi e Prestiti, nonchè per gli istituti di promozione di presentare proposte di finanza di progetto per interventi non previsti dalla programmazione degli enti, anche associandosi o consorziandosi, in mancanza dei requisiti tecnici, con soggetti qualificati per servizi di progettazione.

12) Procedure in caso di crisi di impresa (art. 110 del Codice)

L’art. 2 dello Sblocca cantieri (confermato dalla Legge di conversione n. 55/2019) ha anticipato l’entrata in vigore di alcune modifiche introdotte con il D. Lgs. 14/2019, Codice sulla crisi di impresa, destinato ad entrare in vigore, salvo alcune disposizioni già operative, il 15 agosto 2020.

In particolare, è stato integralmente sostituito l’art. 110 D. Lgs. 50/2016 s.m.i. con: (i) l’eliminazione della possibilità (sinora ammessa su autorizzazione del giudice) per l’impresa fallita autorizzata all’esercizio provvisorio di partecipare a nuove procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero di essere affidataria di subappalti. Resta ferma la possibilità per l’impresa fallita, autorizzata all’esercizio provvisorio, di proseguire nell’esecuzione dei contratti già stipulati con l’autorizzazione del giudice delegato; (ii) l’estensione della disciplina prevista dall’art. 186 bis R.D. 267/1942 s.m.i. (Legge Fallimentare) alle imprese che hanno depositato la domanda per il concordato cd. in bianco (art. 161, co. 6 L. Fallimentare), con la precisazione che tra la data del deposito della domanda ed il deposito del decreto di ammissione al concordato preventivo (art. 163 L. Fallimentare), è necessario l’avvalimento (art. 89 D. Lgs. 50/2016 s.m.i.) per partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici; successivamente all’ammissione al concordato preventivo, l’avvalimento non è più necessario, tuttavia l’ANAC può comunque subordinare la partecipazione alla gara, l’affidamento od il subappalto alla necessità che l’impresa in concordato si avvalga comunque di un altro soggetto i possesso dei requisiti (generali e di capacità finanziaria, tecnico economica), che si impegni nei confronti della stazione appaltante e del concorrente a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie all’esecuzione ed a subentrare al concorrente ove questo non sia in grado di dare regolare esecuzione al contratto e non sia in possesso dei requisiti aggiuntivi stabiliti dall’ANAC con apposite Linee Guida. In ogni caso, ai sensi dell’art. 186 bis, co. 4 Legge Fallimentare (novellato dallo Sblocca cantieri) successivamente al deposito della domanda di cui all’art. 161 L. Fallimentare, la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal Tribunale, e, dopo il decreto di apertura della procedura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato; (iii) l’impresa ammessa al concordato preventivo può proseguire l’esecuzione dei contratti pubblici in corso a condizione che il professionista designato dal debitore attesta che la continuazione è necessaria per la migliore liquidazione dell’azienda in esercizio (art. 186 bis, co. 3, ult. periodo, aggiunto dallo Sblocca cantieri).

La nuova disciplina recata dall’art. 110 del Codice, si applica alle procedure di gara:

- di cui il bando od avviso con cui si indice la gara sia pubblicato nel periodo compreso tra il 19 aprile 2019 ed il 15 agosto 2020, data di entrata in vigore del D. Lgs. n.14/2019, ovvero

- per i contratti non preceduti dalla pubblicazione di bandi od avvisi, alle procedure in cui gli inviti a presentare le offerte siano inviati nel corso del medesimo periodo temporale

a decorrere dal 15 agosto 2020, si applicano le disposizioni stabilite dall’art. 372 del citato D. Lgs. 14/2019.

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Pubblicato in Nuovo Codice

Nella Gazzetta Ufficiale n. 109 dell’11 maggio 2019 è stata pubblicata la L. 3 maggio 2019, n. 37, denominata “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge europea 2018” (allegata in pdf per pronta consultazione). A breve distanza dalle modifiche introdotte con il D.L. 32/2019 (cd. Sblocca-Cantieri), quindi, va segnalata l’ulteriore modificazione al Codice Contratti Pubblici e, segnatamente, all’art. 113-bis, D. Lgs. 50/2016 in tema di pagamenti delle pubbliche amministrazioni e di penali.

L’art. 5, della Legge europea 2018, infatti, sostituisce integralmente il testo del previgente art. 113-bis D. Lgs. 50/2016 s.m.i. rispondendo, come si legge nel Dossier – Servizio studi – A.S. n. 822-B, “all’impegno assunto dal Governo italiano di porre rimedio all’apertura della procedura di infrazione 2017/2090 in materia di pagamenti negli appalti pubblici. La procedura è allo stato del parere motivato e inerisce, più in particolare, alla disciplina dei termini di pagamento delle stazioni appaltanti pubbliche in favore degli appaltatori”.

Il nuovo testo dell’art. 113-bis, mutato anche nella rubrica oggi denominata “Termini di pagamento. Clausole penali”, si compone di 4 commi qui di seguito esaminati.

Il comma 1, riferito agli acconti, stabilisce che gli stessi sono corrisposti all’appaltatore entro 30 giorni da ogni SAL, a meno che sia espressamente concordato un termine diverso (mai superiore a 60 giorni) quando tale termine più lungo sia giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sua caratteristiche. Il certificato di pagamento deve essere emesso contestualmente al SAL e comunque non oltre 7 giorni dalla sua adozione.

Parimenti, in sede di collaudo (o verifica di conformità) ai sensi del comma 2, il RUP entro un termine non superiore a 7 giorni è tenuto a rilasciare il certificato di pagamento ai fini dell’emissione della fattura da parte dell’appaltatore. Il pagamento deve essere effettuato nel termine di 30 giorni decorrenti dall’esito positivo del collaudo (o verifica di conformità), salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a 60 giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche.

Come nel testo previgente, viene stabilito che il certificato di pagamento non costituisce presunzione di accettazione dell’opera, ai sensi dell’art. 1666, comma 2, Codice Civile e si ribadisce la validità dell’art. 4, comma 6, D. Lgs. 231/2002 s.m.i. per cui, in presenza di procedure volte ad accertare la conformità della merce o dei servizi al contratto, la stessa non può avere una durata superiore a 30 giorni dalla data della consegna della merce o della prestazione del servizio, salvo che sia diversamente ed espressamente concordato dalle parti, previsto nella documentazione di gara e sempre che non si tratti di una condizione gravemente iniqua per il creditore ai sensi dell'art. 7 D. Lgs. 231/2002 s.m.i.. L'accordo, poi, deve essere provato per iscritto.

Infine, il comma 4, disciplina le penali a carico dell’impresa affidataria ribadendo il precedente regime dell’art. 113-bis, comma 2. Dunque, rimangono fermi i due requisiti: il primo, relativo alle modalità di calcolo, che devono essere commisurate ai giorni di ritardo rispetto all’ultimazione e devono essere comprese tra lo 0,3‰ e l’1‰ dell’ammontare netto del contratto, avuto riguardo dell’entità delle conseguenze del ritardo; l’altro, di carattere proporzionale, per cui l’ammontare non può comunque superare il 10% dell’ammontare totale netto.

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AVVERTENZA

Con Avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2016 n. 164, sono stati corretti gli errori materiali contenuti nel testo del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato nel Supplemento Ordinario N. 10/L alla G.U. - Serie gen. - del 19 aprile 2016, n. 91).
Si rende disponibile per comodità di consultazione il testo del Codice aggiornato da Normattiva a seguito delle correzioni.

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