Con la sentenza n. 625 del 15 febbraio 2016 la V sezione del Consiglio di Stato (in riforma della sentenza pronunciata in primo grado dal T.A.R. Campania, Sez. staccata Salerno, I, n. 741 del 7 aprile 2015, entrambe allegate in PDF per comodità di consultazione), affronta e risolve una problematica del tutto peculiare (per cui non si rinvengono precedenti né in dottrina, né in giurisprudenza).

Si tratta della questione - particolarmente significativa per i riflessi che ne derivano sul rispetto della par condicio e sull’esito della gara -, costituita dalla valorizzazione delle migliorie presentate in sede di offerta tecnica dai concorrenti e dall’incidenza che ne deriva sulla percentuale di ribasso offerta sul prezzo, quale elemento dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La questione è tutt’oggi di attualità anche alla luce del Nuovo Codice (D. Lgs. 50/2016) ed anzi ha acquisito ancora maggior interesse, atteso che l’offerta economicamente più vantaggiosa, costituisce ora (in attuazione della legge delega 11/2016) il criterio generale di aggiudicazione dei contratti pubblici.

La problematica in esame, derivava sotto il vigore del D. Lgs. 163/06, da un difetto di coordinamento delle norme sui criteri di aggiudicazione (recate dagli artt. 82 ed 83 del D. Lgs. 163/06, in combinato disposto con gli artt. 118 e 119 del D.P.R. 207/2010) con la norma (art. 76 del D. Lgs. 163/06) relativa alle varianti progettuali in offerta.

Il detto difetto di coordinamento, non solo persiste, ma risulta ulteriormente accentuato dalla scarna disciplina dell’art. 95 D. Lgs. 50/2016 (Criteri di aggiudicazione dell’appalto), nonché dall’abrogazione delle citate disposizioni del D.P.R. 207/2016 ad opera del Nuovo Codice.

Né vi sono indicazioni al riguardo nelle Linee Guida n. 2 recanti indicazioni operative alle stazioni appaltanti in materia di “Offerta economicamente più vantaggiosaadottate dall’ANAC (Det. n. 1005 del 21/9/2016, in G.U. n. 238 dell’11/10/2016).

Ulteriore elemento di interesse della decisione in esame è rappresentato, quanto al profilo risarcitorio, dal criterio individuato in sentenza per la determinazione del mancato utile, che viene ritenuto ritraibile dal procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte (ex art. 86 ss. D. Lgs. 163/06).

Di seguito l’esame della sentenza in rassegna e della soluzione proposta

La decisione

Con la sentenza in rassegna, la sez. V del Consiglio di Stato, in riforma della pronuncia di primo grado, ha riconosciuto l’illegittimità dell’aggiudicazione per violazione della par condicio tra i concorrenti, avendo l’aggiudicataria formulato la propria offerta economica in maniera difforme rispetto al dettato dalla lex specialis, falsando in conseguenza la graduatoria ed il risultato della gara.

Ciò in quanto, come risultante agli atti di causa, la percentuale di ribasso offerta dall’aggiudicataria (diversamente dagli altri concorrenti, attenutisi invece alle indicazioni della lex specialis), non rappresentava il ribasso unitario sull’elenco prezzi a base di gara predisposto dalla stazione appaltante, bensì la risultante dei singoli ribassi offerti sulle voci di tale elenco e delle migliorie tecniche offerte dalla stessa aggiudicataria.

Accertata l’illegittimità dell’aggiudicazione, quindi, il Consiglio di Stato ha riconosciuto in favore dell’appellante il (solo) risarcimento per equivalente, considerato che nelle more del giudizio, il contratto era già stato stipulato ed eseguito, ed ha enunciato i criteri da applicare - ai sensi dell’art. 34, comma 3, CPA -, ai fini della determinazione del ristoro del mancato utile, ritenendo di non dover riconoscere per tale voce “la misura del 10% del ribasso offerto” dall’appellante, così come richiesto nella domanda.

Tale percentuale, tradizionalmente ricavata per analogia dall’art. 345 della L. n. 2248/1865, all. F) sugli appalti pubblici, secondo la pronuncia in rassegna – che richiama sul punto la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato - deve infatti considerarsi superata ed irrilevante.

Quanto sopra, sia in considerazione del rischio di indebito arricchimento che può comportare il riconoscimento del risarcimento nella citata percentuale fissa del 10%, a fronte delle percentuali di utile netto notoriamente inferiori praticate dalle imprese, sia in ragione dell’art. 124, comma 1 CPA, da cui deriva la necessità di “fornire una dimostrazione effettiva della misura dell’utile ritraibile dall’appalto illegittimamente aggiudicato a terzi”.

D’altra, parte, giacchè il mancato utile costituisce una voce di danno ascrivibile al lucro cessante ex art. 1223 Cod. Civ., quale incremento patrimoniale atteso e non conseguito a causa del fatto ingiusto altrui, “l’onere probatorio non può essere applicato in senso rigoroso, essendo sufficiente una ‘prova di verosimiglianza”.

Sicchè, in armonia con “le specificità della figura del risarcimento del danno da mancata aggiudicazione di contratti pubblici e più in generale della responsabilità della pubblica amministrazione da illegittimità provvedimentale”, la quantificazione del mancato utile, per quanto statuito dalla sentenza in rassegna, può essere effettuata in fase di esecuzione della condanna.

Per l’effetto, la stazione appaltante, ai fini della quantificazione del danno, è tenuta a formulare le proprie valutazioni mediante “il procedimento di verifica dell’utile di impresa incorporato nel ribasso offerto in sede di gara, sulla falsariga di quanto solitamente avviene nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia” ex art. 86 ss. del D. Lgs. 163/06.

Inoltre, giacchè è stata ritenuta sussistente nella sentenza in rassegna, quanto all’obbligazione risarcitoria, la solidarietà nei rapporti interni tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria (accertata come illegittima in ragione del contenuto dell’offerta formulata)[1], ne è stata disposta la partecipazione al detto procedimento, con obbligo a carico della medesima di formulare le proprie osservazioni alla stazione appaltante, prima che quest’ultima formuli “la propria offerta” all’appellante.

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Tanto sinteticamente richiamato circa il contenuto della sentenza, si osserva che essa merita particolare attenzione per due ordine di motivi.

Il primo attiene alla questione, del tutto peculiare, costituita dal rapporto tra la percentuale di ribasso offerta dai concorrenti sul prezzo a base di gara e la (possibile) incidenza sulla stessa percentuale delle migliorie offerte ai sensi dell’art. 76 del D. Lgs. 163/06, valutate come elementi qualitativi del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La sezione, infatti, affronta e risolve un aspetto che non risulta espressamente disciplinato dalla normativa (neppure nel Nuovo Codice costituito dal D.Lgs. 50/2016), ma che si presenta, invece, gravido di conseguenze sul corretto espletamento della procedura di gara e del rispetto della par condicio, nonché sull’esito della procedura.

Il secondo profilo di interesse, attiene al tema non meno rilevante siccome incidente sull’effettività della tutela del ricorrente, della quantificazione del danno per equivalente.

Al riguardo, la pronuncia in rassegna indica quale criterio utilizzabile (ai sensi dell’art. 34, co. 4 CPA) per la determinazione dell’utile riconoscibile al ricorrente cui sia stata illegittimamente denegata l’aggiudicazione, il criterio desunto dal procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte (ex art. 86 ss. D. Lgs. 163/06).

 

Il ribasso sul prezzo a base di gara e l’incidenza delle migliorie offerte dai concorrenti ai sensi dell’art. 76 del D. Lgs. 163/06.

La fattispecie oggetto della sentenza attiene ad una procedura aperta per la realizzazione di lavori di ristrutturazione ed ampliamento di un fabbricato (foresteria) destinato a struttura ricettiva di un Centro Sportivo, di importo inferiore alle soglia comunitaria (precisamente pari ad € 3.303.873.76, oltre IVA).

Per quanto qui di interesse, il bando prevedeva che i lavori fossero aggiudicati a corpo, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lettera a) del D. Lgs. n.163/2006 e dell’art. 83 del D. Lgs. n.163/2006[2], secondo i criteri di valutazione e la relativa ponderazione stabiliti dal bando, ponendo a base di gara il progetto esecutivo, da migliorare – ai sensi dell’art. 76 D. Lgs. 163/06 – mediante l’offerta tecnica.

L’offerta economicamente più vantaggiosa risultava determinata sia dagli elementi quantitativi del “Prezzo“ e del “Tempo“ da inserire nell’offerta economica e temporale, cui venivano attribuiti rispettivamente 10 punti ciascuno, sia dagli elementi di natura qualitativa, dettagliati nel bando e costituenti l’offerta tecnica, cui venivano attribuiti complessivamente 80 punti, suddivisi nei sub criteri indicati dal bando.

In particolare, la lex specialis, in applicazione del citato art. 76 del D. Lgs. n. 163 del 2006[3], stabiliva con chiarezza che per le opere definite “obbligatorie”, il progetto esecutivo a base di gara costituiva l’opera attesa dalla stazione appaltante, da realizzare a cura dell’appaltatore e che, d’altra parte, in sede di offerta il concorrente avrebbe potuto proporre varianti migliorative alle dette opere obbligatorie.

In maniera altrettanto inequivoca, la lex specialis stabiliva che:

  • le proposte tecniche relative a migliorie o integrazioni al progetto esecutivo, non avrebbero comportato alcun maggiore onere, indennizzo, rimborso, adeguamento o altro a carico della Stazione Appaltante, né al momento della realizzazione, né nella successiva gestione e che, pertanto, l’importo contrattuale determinato in base all’offerta economica dovesse rimanere insensibile alla detta offerta tecnica.

  • Nella predisposizione e presentazione dell’offerta economica, a pena d’esclusione, i concorrenti dovessero: a) indicare il prezzo complessivo offerto ed il ribasso percentuale con l’ulteriore precisazione che il ribasso da presentare dovesse consistere nel “ribasso percentuale sull’elenco prezzi posto a base di gara al netto degli oneri della sicurezza” e che le opere e forniture relative alle migliorie ed integrazioni proposte con l’offerta tecnica sarebbero state valutate e considerate come opere da eseguire a corpo ad esclusivo carico dell’impresa concorrente; b) inserire nell’offerta economica anche un computo metrico estimativo “di offerta” rimodulato in funzione degli adeguamenti, miglioramenti e/o integrazioni apportate al progetto esecutivo a base di gara, nonché un “computo metrico estimativo di raffronto” tra i prezzi delle lavorazioni del progetto esecutivo a base di gara e quelle del progetto esecutivo rimodulato in funzione degli adeguamenti, miglioramenti e/o integrazioni offerti dal concorrente.

In sostanza, cioè, la Stazione Appaltante ha applicato “analogicamente” il criterio del massimo ribasso “sull’elenco dei prezzi”, previsto per il criterio del prezzo più basso dall’art. 118, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 207/2010 relativamente ai contratti «da stipulare a misura», nell’ambito di una gara in cui, invece, il criterio di aggiudicazione prescelto è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa ed il corrispettivo è stato fissato a corpo.

La Stazione Appaltante, quindi, avrebbe dovuto (semplicemente) applicare il massimo ribasso sull’importo dei lavori a corpo, non già il massimo ribasso sull’elenco prezzi (art. 118, comma 1, lett. b, D.P.R. 207/2010).

Orbene, tutti i concorrenti in conformità alle previsioni della lex specialis, hanno presentato la propria offerta economica formulando un ribasso percentuale unico sull’elenco prezzi predisposto dalla stazione appaltante, fatta eccezione per la sola aggiudicataria.

Quest’ultima, infatti, anziché presentare un unico ribasso sull’elenco prezzi a base di gara, ha offerto un ribasso che costituiva la risultante, dei ribassi (diversificati) apportati sulle singole voci del detto elenco, nonché della valorizzazione delle migliorie presentate come offerta tecnica.

In altre parole, l’aggiudicataria anziché formulare un ribasso unitario sull’elenco prezzi a base di gara, ha offerto una percentuale di ribasso derivante dal valore economico della propria offerta tecnica, con ciò rendendo disomogenee le offerte e violando la par condicio tra i concorrenti.

Com’è stato efficacemente evidenziato dal Consiglio di Stato in motivazione, mediante le descritte modalità di predisposizione dell’offerta, la Stazione Appaltante ha inteso perseguire una duplice finalità:

  • da un lato, quella di scindere gli aspetti tecnici delle offerte (migliorie al progetto esecutivo a base di gara) da quelli economici (il prezzo: rilevante invece nell’ambito dell’offerta economica), ponendo esplicitamente a carico dell’appaltatore gli oneri (eventualmente) derivanti dalle migliorie;

  • d’altro canto, in tal modo, la Stazione Appaltante ha posto le basi per comparare i prezzi formulati dai concorrenti secondo parametri omogenei e salvaguardare la par condicio tra i concorrenti.

Una volta espletata la gara, evidentemente, il progetto esecutivo, così come eventualmente modificato per effetto delle migliorie offerte, avrebbe costituito il progetto da allegare al contratto di appalto, onde identificarne l’oggetto ai sensi degli artt. 1325 e 1346 Cod. Civ., verso il pagamento del corrispettivo a corpo.

La soluzione proposta

A ben vedere, il Consiglio di Stato ha qui affrontato e risolto in maniera perspicua un aspetto che in effetti non risulta compiutamente disciplinato dalla normativa, giacchè deriva dal difetto di coordinamento delle norme sui criteri di aggiudicazione, recate dagli artt. 82 ed 83 del D. Lgs. 163/06 (in combinato con gli artt. 118 e 119 del D.P.R. 207/2010) con l’art. 76 del D. Lgs. 163/06.

Difatti, il citato art. 83 (“Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”) del D. Lgs. 163/06, pur indicando tra gli elementi utilizzabili nell’ambito del detto criterio di aggiudicazione[4], quello costituito dal prezzo, nulla precisa sul modo in cui il medesimo debba essere determinato.

A sua volta, l’art. 82 del D. Lgs. 163/06, per quanto qui di interesse, stabilisce che il prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, sia individuato:

  • per i contratti il cui corrispettivo è stabilito a misura: mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari;

  • per i contratti il cui corrispettivo è stabilito a corpo: mediante ribasso sull'importo dei lavori a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari;

  • per i contratti il cui corrispettivo è stabilito parte a corpo e parte a misura: mediante (la sola) offerta a prezzi unitari.

L’art. 118, comma 2 del D.P.R. 207/2010, per i contratti a corpo, statuisce che ai sensi dell’art. 53, comma 4 D. Lgs. 163/06 “il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione, per cui il computo metrico-estimativo, posto a base di gara ai soli fini di agevolare lo studio dell'intervento, non ha valore negoziale. Prima della formulazione dell'offerta, il concorrente ha l'obbligo di controllarne le voci e le quantità attraverso l'esame degli elaborati progettuali e pertanto di formulare l'offerta medesima tenendo conto di voci e relative quantità che ritiene eccedenti o mancanti. L'offerta va inoltre accompagnata, a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione di aver tenuto conto delle eventuali discordanze nelle indicazioni qualitative e quantitative delle voci rilevabili dal computo metrico estimativo nella formulazione dell'offerta, che, riferita all'esecuzione dei lavori secondo gli elaborati progettuali posti a base di gara, resta comunque fissa ed invariabile.”

Analoga dichiarazione, a pena di inammissibilità dell’offerta, a rafforzamento del principio di autoresponsabilità dei concorrenti, è richiesta dall’art. 119, comma 5 del D.P.R. 207/2010, relativamente al criterio dell’offerta prezzi unitari.

In entrambi i casi a ben vedere si realizza – per espressa volontà del legislatore – una sorta di “cesura” logica, prima ancora che giuridica, tra la fase della presentazione dell’offerta e quella successiva, della stipulazione ed esecuzione del contratto, giacchè al fine di “cristallizzare” il prezzo a corpo (ove il rischio delle quantità e della qualità delle prestazioni resta a carico dell’appaltatore), viene espressamente stabilito che il computo metrico - estimativo a base di gara, viene messo a disposizione dei concorrenti al solo fine di agevolare lo studio dell'intervento, ma esso non ha alcun valore negoziale, non è cioè destinato a far parte dei documenti contrattuali.

Ancor più accentuata si presenta la detta cesura quando – com’è nel caso di specie – il prezzo costituisce, non già esso stesso il criterio di aggiudicazione, bensì concorre a determinare, costituendone un elemento quantitativo, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e questa preveda quali elementi qualitativi, migliorie al progetto a base di gara ai sensi dell’art. 76 D. Lgs. 163/06.

In tal caso infatti, si pone necessariamente all’attenzione della Stazione Appaltante, il tema della valorizzazione delle dette migliorie e del loro impatto sull’offerta economica, ferma restando l’esigenza di salvaguardare la par condicio tra i concorrenti che costituisce uno dei principi cardine delle procedure di scelta del contraente dell’amministrazione.

Orbene il detto principio appare più facilmente salvaguardato qualora, ai fini della presentazione dell’offerta economica, la lex specialis richieda ai concorrenti di formulare il ribasso percentuale sull’importo complessivo dei lavori a base di gara.

In tal caso, infatti, ciascun concorrente, è in sostanza tenuto a “ridurre ad unità” la valorizzazione delle migliorie, facendola confluire nella determinazione dell’unico ribasso percentuale offerto sull’ammontare complessivo dei lavori.

Viceversa, qualora la lex specialis preveda, invece, che l’elemento “prezzo” dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sia determinato mediante la formulazione del ribasso sull’elenco prezzi a base di gara, la salvaguardia della par condicio tra i concorrenti risulta ben più ardua da assicurare. Ciò in quanto, l’offerta delle migliorie (ex art. 76 D. Lgs. 163/06) comporta di per sé la necessità di integrare e/o variare l’elenco prezzi a base di gara, anche ai fini della predisposizione del nuovo computo metrico estimativo.

Quindi (come avveratosi nel caso di specie per l’aggiudicatario), la formulazione di un’unica percentuale di ribasso, quale risultante dalla valorizzazione delle migliorie e dai singoli ribassi praticati sull’elenco prezzi a base di gara, determina (pressochè) inevitabilmente una violazione della par condicio tra i concorrenti, con la conseguente illegittimità dell’aggiudicazione.

Ai fini della salvaguardia del detto principio, perciò, qualora la Stazione Appaltante, ricorra alla determinazione dell’elemento prezzo mediante ribasso percentuale sull’elenco prezzi a base di gara, non rimane che seguire la strada tracciata dalla sentenza in rassegna, realizzando una “cesura” tra la documentazione di gara e quella destinata ad essere trasfusa nel contratto.

La rilevata mancanza di coordinamento tra le norme che regolano i criteri di aggiudicazione e le potenziali ricadute negative sulla legittimità del procedimento di scelta del contraente, non è stata purtroppo chiarita dal Nuovo Codice (D. Lgs. 50/2016)[5], che anzi prevede una disciplina quanto mai scarna all’art. 95 del D.Lgs. 50/2016, né dalle Linee Guida n. 2 recanti indicazioni operative alle stazioni appaltanti in materia di “Offerta economicamente più vantaggiosaadottate dall’ANAC con Determinazione n. 1005 del 21 settembre 2016 (pubblicate nella G.U. n. 238 dell’11/10/2016).

La mancanza di qualsivoglia indicazione al riguardo (alle varianti in offerta sono dedicate 3 righe a p. 6, sulle 17 pagine delle Linee Guida n. 2) è peraltro tanto più grave, atteso che il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, costituisce nel Nuovo Codice appalti e concessioni (in attuazione della legge delega 11/2016), il criterio generale di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni e le stazioni appaltanti che intendano derogare allo stesso utilizzando il criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 5 D. Lgs. 50/2016, devono dare adeguata motivazione della scelta effettuata ed esplicitare nel bando di gara il criterio utilizzato per la selezione della migliore offerta.

Ed in maniera ancora più innovativa, addirittura, vale evidenziare che il Nuovo Codice, prevede altresì all’art. 95, co. 7, che l’elemento relativo al costo possa assumere (nei casi previsti dal comma 2 dello stesso articolo) la forma di un prezzo o costo fisso, sulla base del quale gli operatori economici competono solo in base ai criteri qualitativi.

Sicchè la problematica posta all’attenzione del Consiglio di Stato, risulta tutt’ora d’interesse e di piena attualità.

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La quantificazione del danno per equivalente – Il criterio desunto dal procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte.

Per quanto sopra richiamato, la sentenza in rassegna, accertata l’illegittimità dell’aggiudicazione, ha riconosciuto in favore dell’appellante il (solo) risarcimento per equivalente, considerato che nelle more del giudizio, il contratto era già stato stipulato ed eseguito, ed ha enunciato i criteri da applicare - ai sensi dell’art. 34, comma 4, CPA -, ai fini della determinazione del ristoro del mancato utile, ritenendo di non dover riconoscere per tale voce “la misura del 10% del ribasso offerto” dall’appellante, così come richiesto nella domanda[6].

Sul punto, la Sezione - richiama la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato[7] - e ritiene irrilevante la citata percentuale in misura fissa, tradizionalmente ricavata per analogia dall’art. 345 della L. n. 2248/1865, all. F) sugli appalti pubblici.

Ciò sia in considerazione del rischio di indebito arricchimento che può comportare il riconoscimento del risarcimento nella citata percentuale fissa del 10% (a fronte di percentuali di utile notoriamente inferiori esposte dalle imprese nelle offerte e in sede di verifica di anomalia), sia in ragione dell’art. 124, comma 1 CPA, da cui deriva la necessità di “fornire una dimostrazione effettiva della misura dell’utile ritraibile dall’appalto illegittimamente aggiudicato a terzi”.

Come noto, infatti, facendo leva sul binomio “subito e provato” contenuto nell’art. 124, comma 1, ultimo periodo CPA, la giurisprudenza ne ha da tempo tratto la conseguenza dell’inapplicabilità del detto criterio forfettario e della necessità della prova rigorosa da parte del ricorrente circa l’ammontare effettivo dell’utile che avrebbe conseguito in caso di aggiudicazione dell’appalto[8].

Nel caso di specie, tuttavia, il Consiglio di Stato, rilevando che il mancato utile costituisce una voce di danno ascrivibile al lucro cessante ex art. 1223 Cod. Civ., in quanto incremento patrimoniale atteso e non conseguito a causa del fatto ingiusto altrui, statuisce che “l’onere probatorio non può essere applicato in senso rigoroso, essendo sufficiente una “prova di verosimiglianza” e che la quantificazione del mancato utile può essere effettuata in fase di esecuzione della condanna.

Vale qui rilevare che, se per un verso tale statuizione consente all’appellante di superare l’ostacolo costituito dal mancato (pieno) assolvimento dell’onere probatorio richiesto, tuttavia suscita qualche perplessità circa l’effettività della tutela in tal modo accordata al ricorrente, stante l’articolata complessità del percorso all’uopo delineato.

Al riguardo, pare opportuno richiamare quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella nota sentenza del 30 settembre 2010, n. C-314/09[9], secondo cui, qualora non sia riconosciuta al ricorrente tutela in forma specifica (con la declaratoria di inefficacia del contratto illegittimamente stipulato), deve comunque essere riconosciuto, d’ufficio e senza necessità di provare l’elemento soggettivo (colpa della P.A.), il risarcimento del danno per equivalente.

Il risarcimento per equivalente previsto dalla detta Direttiva europea (e dall’art. 124, comma 1 CPA, nell’Ordinamento interno) costituisce, non già un mezzo risarcitorio in senso stretto, bensì una modalità sostitutiva della tutela in forma specifica, con la sostituzione del bene della vita costituito dall’aggiudicazione, con il suo surrogato in termini economici[10].

Orbene,a fronte dell’acclarata illegittimità dell’aggiudicazione, l’appellante non solo non ha potuto ottenere il bene della vita cui aspirava (l’aggiudicazione), ma per ottenere il surrogato in termini economici deve affrontare un articolato percorso.

Secondo la sentenza in rassegna, infatti, la stazione appaltante è tenuta a formulare le proprie valutazioni mediante “il procedimento di verifica dell’utile di impresa incorporato nel ribasso offerto in sede di gara, sulla falsariga di quanto solitamente avviene nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia” ex art. 86 ss. del D. Lgs. 163/06, formulando all’appellante “un’offerta di risarcimento del danno corrispondente all’utile netto ritraibile dall’offerta presentata da questa in sede di gara, qualora la misura di utile sia desumibile dall’offerta da essa presentata in gara.”

Nel caso contrario, la Stazione appaltante – sulla falsariga del procedimento di verifica dell’anomalia – potrà valutare l’opportunità di acquisire dall’appellante i necessari dati, informazioni e chiarimenti, e conseguente obbligo di quest’ultimo di fornire “un dettaglio analitico ed adeguatamente giustificato di tutte le componenti economiche dell’offerta medesima, ivi compresi i costi aziendali fissi e l’incidenza dell’imposizione fiscale sull’utile lordo, così da dare plausibile contezza del risultato netto che le stesse avrebbero conseguito in caso di esecuzione dell’appalto.”

Inoltre, attesa la ritenuta solidarietà nei rapporti interni tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria[11], se ne dispone la partecipazione al detto procedimento con ulteriore aggravio dello stesso, con obbligo a carico dell’aggiudicataria di formulare le proprie osservazioni alla stazione appaltante, prima che quest’ultima formuli “la propria offerta” all’appellante nel termine all’uopo fissato dalla sentenza.

Avv. Rossana Saraceni

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[1]Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 285 (Par. 6.2); Cons. Stato, Sez. VI, 15 ottobre 2012, n. 5279

[2] Art. 83 D. Lgs. 163/06 - Criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa:  “Quando il contratto è affidato con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell'offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, quali, a titolo esemplificativo: a) il prezzo; b) la qualità; c) il pregio tecnico; d) le caratteristiche estetiche e funzionali; e) le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera, del servizio o del prodotto, anche con riferimento alle specifiche tecniche premianti previste dai criteri ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, adottati ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell'8 maggio 2008, e successive modificazioni; e-bis)   il possesso di un marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso; f) il costo di utilizzazione e manutenzione, avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio, con l'obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione; f-bis)  la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell'azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione, del 9 aprile 2013, relativa all'uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni; g)  la redditività; h)  il servizio successivo alla vendita; i)  l'assistenza tecnica; l)  la data di consegna ovvero il termine di consegna o di esecuzione; m)  l'impegno in materia di pezzi di ricambio; n)  la sicurezza di approvvigionamento e l'origine produttiva; o)  in caso di concessioni, altresì la durata del contratto, le modalità di gestione, il livello e i criteri di aggiornamento delle tariffe da praticare agli utenti.

Il bando di gara ovvero, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo, elencano i criteri di valutazione e precisano la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una soglia, espressa con un valore numerico determinato, in cui lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo relativo all'elemento cui si riferisce la soglia deve essere appropriato. Il bando, nel caso di previsione del criterio di valutazione di cui al comma 1, lettera f), indica i dati che devono essere forniti dagli offerenti e il metodo che l'amministrazione aggiudicatrice utilizza per valutare i costi del ciclo di vita, inclusa la fase di smaltimento e di recupero, sulla base di tali dati. Il metodo di valutazione di tali costi rispetta le seguenti condizioni: a) si basa su criteri oggettivamente verificabili e non discriminatori;  b)  è accessibile a tutti i concorrenti; c)  si basa su dati che possono essere forniti dagli operatori economici con un ragionevole sforzo.

e stazioni appaltanti, quando ritengono la ponderazione di cui al comma 2 impossibile per ragioni dimostrabili, indicano nel bando di gara e nel capitolato d'oneri, o, in caso di dialogo competitivo, nel bando o nel documento descrittivo, l'ordine decrescente di importanza dei criteri.

Il bando per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub - criteri e i sub - pesi o i sub - punteggi. Ove la stazione appaltante non sia in grado di stabilirli tramite la propria organizzazione, provvede a nominare uno o più esperti con il decreto o la determina a contrarre, affidando ad essi l'incarico di redigere i criteri, i pesi, i punteggi e le relative specificazioni, che verranno indicati nel bando di gara.

Per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell'offerta, le stazioni appaltanti utilizzano metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale l'offerta più vantaggiosa. Dette metodologie sono stabilite dal regolamento, distintamente per lavori, servizi e forniture e, ove occorra, con modalità semplificate per servizi e forniture. Il regolamento, per i servizi, tiene conto di quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 1999, n. 117 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 novembre 2005, in quanto compatibili con il presente codice.

[3]In virtù del quale quando il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni appaltanti possono autorizzare gli offerenti a presentare varianti, fissandone i relativi limiti negli atti a base di gara.

[4]Indicati dalla norma solo in via esemplificativa con la precisazione di diretta derivazione dalle direttive europee che tali criteri debbono comunque essere pertinenti alla natura, all’oggetto ed alle caratteristiche del contratto.

[5] In attuazione della delega conferita dal Parlamento con la L. 28 gennaio 2016 , n. 11 “Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.”

[6] Cass. civ., SS. UU., 11 aprile 2012, n. 5704 “Ai fini del risarcimento del danno da illegittima esclusione da gara di appalto indetta da una p.a., il ricorso alla liquidazione del danno in via equitativa risulta giustificato, allorché esso siamotivato con riguardo alla considerazione che la mancata aggiudicazione rappresenta un’evenienza ordinaria rientrante nel campo del rischio d’impresa, che si tratta di un danno di ammontare incerto, che la perdita definitiva della possibilità di aggiudicazione dell’appalto conseguente a provvedimento illegittimo ha valenza patrimoniale, e pur non potendosi commisurare ai vantaggi che la concorrente avrebbe potuto conseguire con la stipulazione e l’esecuzione del contratto.”; Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2012, n. 541 “In tema di gara pubblica il risarcimento dei danni da illegittima mancata aggiudicazione può essere liquidato in via equitativa e commisurato con riferimento al lucro cessante con esclusione delle spese e dei costi sostenuti per la partecipazione alla gara, che implica oneri di regola a carico del soggetto che intenda prendere parte alla selezione.”

[7]Cons. Stato, Sez. III, 20 gennaio 2015, n. 162; Cons. Stato, Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2090; Cons. Stato, Sez. IV, 1° aprile 2015, n. 1708; Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5531; Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 2014, n. 1478; Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2014, n. 6000; Cons. Stato, Sez. V, 28 luglio 2015, n. 3716; Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2015, n. 856; Cons. Stato, Sez. V, 31 dicembre 2015, nn. 6453 e 6450; Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6256; Cons. Stato, Sez. V, 10 settembre 2014, n. 4586; Cons. Stato, Sez. V, 8 agosto 2014, n. 4248; Cons. Stato, Sez. V, 7 luglio 2014, n. 3432; Cons. Stato, Sez. V, 25 giugno 2014, n. 3220.

[8] Ex multis Cons Stato, sez. V, 20 giugno 2011, n. 3670.

[9]Corte Giust. UE, sez. III, sent. 30 settembre 2010, n. C-314/09: “La direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata.” Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6000 “È possibile il risarcimento sulla base della sola antigiuridicità della condotta amministrativa, costituita dal provvedimento amministrativo di aggiudicazione, colpito da sentenza di annullamento.”

[10] Cfr. Caringella - Giustiniani, “Manuale dei contratti pubblici”, DIKE Giuridica editrice, 2015, p. 1999.

[11] Solidarietà che a tacer d’altro non appare del tutto coerente col principio della domanda, avendo l’appellante richiesto la condanna della sola Stazione Appaltante.


Pubblicato in Aggiudicazione
Venerdì, 24 Giugno 2016 14:17

Varianti e Modifiche nel Nuovo Codice

L’art. 106 del D. Lgs. 50/2016 (“Codice dei Contratti Pubblici” o “Codice”) reca la disciplina delle modifiche (oggettive e soggettive) del contratto in corso di esecuzione, sia per i settori ordinari che per i settori speciali, in attuazione dei principi e criteri direttivi dettati dalla Legge Delega (L. n. 11/2016, art. 1, comma 1, lett. ee).

Si rileva, in via preliminare, che le disposizioni del D. Lgs. 50/2016, si applicano agli affidamenti i cui bandi o avvisi sono stati pubblicati a decorrere dal 20 aprile 2016. (cfr. da ultimo il Comunicato del Presidente ANAC dell’11 maggio 2016).

La previgente disciplina sulle varianti prevista dal D. Lgs. 163/06 e del relativo Regolamento (D.P.R. 207/2010, in part. Artt. 161 - 163) continua, invece, a trovare applicazione agli affidamenti aggiudicati prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice, così come a quelli i cui bando o avvisi sono stati pubblicati entro il 19.04.2016, con una delle forme di pubblicità obbligatorie già previste dal D. Lgs. 163/06 (artt. 66 e 122 e ss.: Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana o, laddove previsto, dell’Albo Pretorio o del profilo del Committente).

Tanto rilevato, si osserva che in base ai principi e criteri direttivi della Legge Delega, il nuovo Codice deve contenere: 1) misure per limitare il ricorso alle varianti progettuali in corso d’opera (sia per gli appalti ordinari che per le infrastrutture strategiche); 2) la distinzione tra variazioni sostanziali e non sostanziali; 3) la necessaria preventiva approvazione – con adeguata motivazione e giustificazione (per circostanze impreviste e imprevedibili) - da parte del Responsabile del procedimento (“RUP”); 4) la facoltà della stazione appaltante di risolvere il contratto quando siano superate determinate soglie rispetto all’importo originario; 5) la necessità di assicurare la qualità della progettazione, con la connessa responsabilità del progettista per errori progettuali; 6) l’obbligo delle stazioni appaltanti di comunicare all’ANAC l’approvazione di varianti, con la conseguente statuizione di un regime sanzionatorio in caso di tardiva o mancata ottemperanza al detto obbligo.

L’art. 106 del Codice, prevede innanzitutto che le modifiche dei contratti di appalto in corso di validità devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall'ordinamento della rispettiva stazione appaltante.

In secondo luogo, in attuazione dei richiamati principi e criteri direttivi della Legge delega e in recepimento delle direttive comunitarie, l’art. 106 del Codice stabilisce i casi ed i limiti entro cui si può procedere alla modifica (oggettiva o soggettiva) in corso di esecuzione, senza dover risolvere il contratto ed esperire una nuova procedura di affidamento. Ciò è possibile per le seguenti variazioni oggettive:

1) modifiche (a prescindere dal loro importo) già previste nei documenti di gara in clausole chiare, precise e inequivocabili, in maniera tale da essere conoscibili da parte di tutti i concorrenti nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento.

Ciò avviene ad esempio per le clausole di revisione prezzi, che negli appalti di lavori è ammissibile (in aumento o diminuzione) per variazioni superiori al 10% rispetto ai prezzari adottati per la stima; in tal caso, la revisione è consentita in misura pari alla metà di tale eccedenza. Per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori si applicano, invece, le disposizioni dell'art. 1, co. 511, della Legge di stabilità 2016 (L. 28/12/2015, n. 208).

Resta fermo il limite costituito dalla natura generale del contratto, che NON può comunque essere alterata per effetto delle modifiche in esame;

2) lavori, servizi o forniture supplementari che si rendano necessari in corso di esecuzione e che non erano inclusi nell'oggetto dell’appalto iniziale. Si può procedere ad affidamento al contraente originario quando il cambiamento di contraente NON sia possibile:

a causa di motivi economici o tecnici (ad es.: per la necessità di rispettare i requisiti di intercambiabilità o interoperabilità tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti fomiti nell'ambito dell'appalto iniziale) e comporti, altresì, per la stazione appaltante notevoli disguidi o un consistente aumento di costi.

Per i settori ordinari sussiste anche un limite di importo. Difatti, la modifica dovuta all’affidamento di lavori, servizi o forniture supplementari NON può superare il 50% dell’importo originario del contratto (art. 106, comma 7 del Codice).

Da evidenziare al riguardo, che tale limite appare in effetti “elastico”, atteso che la stessa legge prevede che possano esservi più modifiche successive e che, in tal caso, il detto limite del 50% debba applicarsi al valore di ciascuna modifica.

Il ricorso a più modifiche successive, evidentemente, NON può essere fatto con finalità elusive della normativa dettata dal Codice (aggirando ad es. l’obbligo di affidamento mediante gara);

3) varianti in corso d’opera determinate da circostanze sopravvenute impreviste e imprevedibili per la stazione appaltante, costituite ad esempio da sopravvenute disposizioni di legge, regolamento ovvero di provvedimenti dell’autorità.

Nel caso di concessioni la modifica è ammessa solo quando le circostanze sopravvenute abbiano il carattere dell’imprevedibilità per la stazione appaltante (art. 175 del Codice), non anche quando siano impreviste.

Anche per le varianti resta fermo il limite costituito dalla natura generale del contratto, che NON può comunque essere alterata per effetto delle modifiche in esame, nonché – per quanto riguarda i settori ordinari – l’ulteriore limite quantitativo rappresentato dal 50% dell’importo originario del contratto (art. 106, comma 7 del Codice), che non può essere superato.

4) modifiche non rientranti nella definizione di modifiche sostanziali fornita dall’art. 106, comma 4 del Codice, secondo cui una modifica (del contratto o dell’accordo quadro) è sostanziale quando altera considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti (rinviando quindi all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante).

In ogni caso, in base al citato comma 4, la MODIFICA È SOSTANZIALE quando:

a) introduce (nel contratto o accordo quadro) delle condizioni che, se fossero state previste sin dall’attivazione della procedura, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi (o ulteriori) rispetto a quelli inizialmente selezionati o l'accettazione di un'offerta diversa da quella inizialmente accettata (ad es. quando per effetto della variante sia modificata la categoria prevalente originariamente indicata nel bando di gara);

b) cambia l'equilibrio economico del contratto o dell'accordo quadro a favore dell'aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale (ad es. riconoscendo maggiori importi per le modifiche progettuali presentate in sede di offerta tecnica dall’aggiudicatario);

c) estende notevolmente l'ambito di applicazione del contratto (oltre i limiti e le condizioni già previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 106);

d) sostituisce il contraente originario fuori dei casi espressamente previsti dall’art. 106 (comma 1, lett. d) del Codice.

Le stazioni appaltanti possono anche stabilire nei documenti di gara le soglie degli importi entro i quali consentire le modifiche, fermi restando i limiti e condizioni già stabiliti dai commi 1 e 2 dello stesso art. 106.

5) modifiche determinate da errori progettuali che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell'opera o la sua utilizzazione, a condizione che l’importo della modifica sia al di sotto di entrambi i seguenti valori: a) le soglie stabilite dall'art. 35 e b) il 15% dell’importo iniziale del contratto in caso di lavori e del 10% per i contratti aventi ad oggetto servizi e forniture. Resta fermo l’ulteriore limite della natura complessiva del contratto o dell'accordo quadro, che NON può essere alterata dalla modifica in esame.

In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche.

Così come già previsto dall’art. 132 del D.lgs. 163/06, il nuovo Codice reca una definizione di errore progettuale. Difatti, in base all’art. 106, comma 10, si considerano errore o omissione di progettazione:

- l'inadeguata valutazione dello stato di fatto

- la mancata od erronea identificazione della normativa tecnica vincolante per la progettazione

- il mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti e risultanti da prova scritta

- la violazione delle regole di diligenza nella predisposizione degli elaborati progettuali.

6) L’art. 106, comma 1 lett. d) del Codice prevede, infine, che il contratto o accordo quadro, possano essere modificati sotto il profilo soggettivo, con la sostituzione del contraente originario nei seguenti casi:

a) quando ciò sia previsto sin dall’inizio in clausole (chiare, precise e inequivocabili) contenute nei documenti di gara;

b) la sostituzione sia dovuta ad operazioni societarie (fusioni, scissioni, cessioni etc.), ovvero a causa di morte o ad insolvenza o sia disposta per contratto. Ricorrendo tali situazioni, il contraente originario è sostituito da un altro operatore economico, in possesso dei requisiti inizialmente stabiliti, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e la modifica soggettiva NON sia finalizzata ad eludere l'applicazione del Codice.

Si rileva qui un difetto di coordinamento della disposizione in esame con l’art. 48, ult. comma del Codice, che ammette il recesso di una o più imprese dal Raggruppamento temporaneo, a condizione, per quanto qui di interesse, che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione necessari per i lavori, servizi e forniture ancora da eseguire e NON quelli originariamente statuiti.

c) la stazione appaltante assume essa stessa gli obblighi del contraente principale nei confronti dei subappaltatori dello stesso.

Fuori dei casi soprarichiamati, la stazione appaltante NON può procedere a modifiche del contratto o accordo quadro e deve attivare un nuova procedura di affidamento.

Resta fermo il diritto (potestativo) della stazione appaltante di disporre, ove necessario, un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto (c.d. quinto d’obbligo), che l'appaltatore ha l’obbligo di eseguire alle stesse condizioni previste nel contratto originario, senza potersi sottrarre all’esecuzione, facendo valere la risoluzione del contratto.

La durata del contratto, fermo restando il divieto di rinnovo tacito, può essere modificata solo ed esclusivamente quando sia stata inserita nei documenti di gara un’opzione di proroga, che deve peraltro essere limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure per l'individuazione di un nuovo contraente. Anche in tal caso, il contraente è tenuto all'esecuzione delle prestazioni per il periodo di proroga, agli stessi prezzi, patti e condizioni originariamente previste ovvero a condizioni più favorevoli per la stazione appaltante.

Fermi restando gli obblighi di pubblicità in sede europea (vd. All. XIV del Codice, artt. 72 e 130), per le modifiche determinate dalla necessità di eseguire prestazioni supplementari ovvero determinate da cause impreviste ed imprevedibili, l’art. 106 del Codice ribadisce e generalizza gli obblighi di comunicazione all’ANAC, stabiliti dalla normativa previgente.

Per i contratti pubblici (appalti e concessioni) di importo pari o superiore alla soglia comunitaria (anche riguardanti infrastrutture strategiche) relativi a lavori, servizi e forniture: la stazione appaltante è tenuta a trasmettere all’ANAC le varianti in corso d'opera di importo superiore al 10% dell'ammontare originario del contratto.

La variante deve essere trasmessa dal RUP, entro 30 giorni dall’approvazione da parte della stazione appaltante, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad un’apposita relazione del RUP illustrativa delle motivazioni che hanno determinato la variante.

Qualora l'ANAC accerti l'illegittimità della variante, esercita i poteri ad essa attribuiti dall'art. 213 del Codice (in part.: trasmissione degli atti agli organi di controllo e, se del caso, alla Procura della Repubblica e alla Procura generale della Corte dei Conti).

In caso di inadempimento al detto obbligo di comunicazione e trasmissione delle varianti in corso d'opera, è altresì prevista l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 213, comma 13 (da 250,00 a 25.000,00 € per il rifiuto od omissione e da 500,00 a 50.000,00 qualora siano forniti dati o informazioni non veritieri).

A stretto rigore, tale obbligo di comunicazione tenuto conto della terminologia utilizzata dal Codice, è da ritenersi applicabile alle sole modifiche determinate da circostanze impreviste ed imprevedibili (art. 106, comma 1, lett. c).

Per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture sottosoglia, la stazione appaltante comunica la variante, sempre nel termine di 30 giorni dall'approvazione, all’Osservatorio (tramite le sezioni regionali) per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza.

Infine, anche le modifiche per le prestazioni supplementari e quelle per errori progettuali devono essere comunicate all’ANAC entro 30 giorni dall’Approvazione, sotto pena della sanzione amministrativa pecuniaria (tra 50,00 e 200,00 € per ogni giorno di ritardo) in caso di mancata o tardiva comunicazione. L'ANAC pubblica (nella sezione del sito Amministrazione trasparente) l'elenco delle dette modifiche, indicando l'opera, l'amministrazione o l'ente aggiudicatore, l'aggiudicatario, il progettista, il valore della modifica (art. 106, co. 8 D. Lgs. 50/2016). 

****

A margine della voce, si segnala che l’ANAC, con comunicato del Presidente del 23.11.2016, ha reso disponibile il nuovo Modulo di trasmissione delle varianti in corso d’opera dei contratti di lavori da compilarsi a cura del responsabile del procedimento (“RUP”) e da inviare entro 30 giorni dall’approvazione della variante in corso d’opera da parte della stazione appaltante (ex art.106, comma 14, d.lgs. 50/2016), a pena delle sanzioni amministrative pecuniarie in caso di ritardo (ex art.213, comma 13, d.lgs. 50/2016).

Il Modulo (qui allegato in pdf per comodità di consultazione), prevede che siano fornite, come indicato nel Comunicato ANAC, “anche alcune brevi informazioni (non documentazione) tese a facilitare il coordinamento tra le varianti in corso d’opera propriamente intese e gli altri istituti di modifica del contratto nella fase di esecuzione”.

L’ANAC, infine, precisa che “restano valide le indicazioni generali già fornite con i precedenti comunicati (v. Comunicato del 3.3.2016) in ordine all’accertamento delle cause delle varianti”. Per completezza, quindi, si rende disponibile anche siffatto comunicato ante Nuovo Codice.

 

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AVVERTENZA

Con Avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2016 n. 164, sono stati corretti gli errori materiali contenuti nel testo del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato nel Supplemento Ordinario N. 10/L alla G.U. - Serie gen. - del 19 aprile 2016, n. 91).
Si rende disponibile per comodità di consultazione il testo del Codice aggiornato da Normattiva a seguito delle correzioni.

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