Mercoledì, 15 Gennaio 2020 15:28

Sismabonus: dal 16 gennaio nuove regole

Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, con decreto 9 gennaio 2020, n. 24 (allegato in pdf per pronta consultazione), ha modificato le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità per l'attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell'efficacia degli interventi effettuati (cd. sismabonus).
Come si legge nel preambolo del d.m. 24/2020, le modifiche sono dovute alle mutate disposizioni nazionali e regionali in tema di edilizia e alle indicazioni fornite nel tempo dall’Agenzia delle Entrate favorevoli ad un’estensione del sismabonus. Conseguentemente, al di là delle modificazioni “lessicali” dell’art. 3, comma 3, d.m. 28 febbraio 2017, n. 58 relative al titolo edilizio di volta in volta occorrente per la realizzazione degli interventi e alla necessità di presentare il progetto prima dell'inizio dei lavori, sono stati sostituiti integralmente gli allegati A e B del medesimo regolamento (allegati in pdf per pronta consultazione). In dettaglio, questi allegati si riferiscono, rispettivamente, ai due metodi (convenzionale e semplificato) per procedere alla classificazione del rischio sismico e all’asseverazione del professionista sulla costruzione interessata dagli interventi. Le modifiche attengono, principalmente, alla tabella 6 (classe di rischio degli edifici in muratura) e all'inclusione degli interventi di demolizione e ricostruzione non previsti originariamente.
Il nuovo regime del sismabonus trova applicazione dal 16 gennaio 2020, ossia dal giorno successivo alla data della pubblicazione del decreto ministeriale nel sito istituzionale. Per completezza, infine, si rende disponibile il testo coordinato del d.m. 58/2017, pubblicato nel medesimo sito.
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L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 22/E del 12 marzo 2018 (allegata in pdf per pronta consultazione), conferma il proprio orientamento favorevole sul tema Sismabonus. In particolare, l’Agenzia delle Entrate era stata interpellata da una società che intendeva effettuare “alcuni interventi di miglioramento sismico sull'edificio di sua proprietà, situato in un comune classificato in zona sismica 3, volti ad ottenere una riduzione di due classi di rischio sismico”, precisando altresì che “tale immobile, già adibito ad uffici della Società, a seguito della prevista ristrutturazione” sarebbe rimasto “in parte adibito ad uffici ed in gran parte …. trasformato in residenziale”. Entrambe le tipologie di unità immobiliari, comunque, sarebbero “destinate alla locazione e non più all'uso diretto”.
Ciò premesso, la medesima società chiedeva all’Agenzia delle Entrate “se gli interventi di adeguamento antisismico da porre in essere potevano beneficiare della detrazione ……..anche se le unità immobiliari risultanti dalla ristrutturazione saranno destinate alla locazione abitativa e commerciale e non all'utilizzo diretto ai fini produttivi da parte della Società”.
Dopo aver passato in rassegna la normativa di riferimento, con particolare attenzione al tema delle detrazioni di cui possono godere i soggetti ad IRES – ossia ad imposta sul reddito delle società, l’Agenzia delle Entrate conclude che “la norma in commento non pone alcun ulteriore vincolo di natura soggettiva od oggettiva al riconoscimento del beneficio”, per cui l'ambito applicativo dell’agevolazione deve “intendersi in senso ampio, atteso che la norma intende favorire la messa in sicurezza degli edifici per garantire l’integrità delle persone prima ancora che del patrimonio. Si ritiene, in conclusione, che il "Sismabonus" possa essere riconosciuto anche per gli interventi riguardanti immobili posseduti da società non utilizzati direttamente, ma destinati alla locazione”.
Se si pensa ad alcune zone periferiche delle nostre città, come pure ad alcuni fabbricati industriali ormai fuori contesto, si tratta di un’ulteriore opportunità da cogliere per un’effettiva rigenerazione urbana di opifici sovradimensionati o inutilizzati parzialmente. A questo punto, parafrasando il detto del noto scrittore, si può fare la rivoluzione urbanistica con il permesso del Fisco.

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In attesa delle novità della legge di stabilità 2018, si registrano importanti chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sul tema Sismabonus che rappresenta ormai uno fra gli ospiti fissi del sito.

Le precisazioni sono contenute nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 29/11/2017, n. 147/E (allegata in pdf per pronta consultazione) che trae spunto da un caso reale, evidentemente frequente nella pratica, di un contribuente intenzionato ad effettuare contemporaneamente:

a) opere di risanamento strutturale di mura, coperture e pavimenti, ivi compresi, quindi, interventi di manutenzione sia ordinaria che straordinaria quali, ad esempio, intonacatura, imbiancatura e posa pavimenti, rientranti nella lettera i) dell’art. 16-bis T.U.I.R. di cui al D.P.R. 22/12/1986, n. 917, ossia nelle cd. opere antisismiche;

b) interventi di rifacimento dell’impianto idraulico ed elettrico, nonché di sostituzione di sanitari e infissi interni, rientranti nella lett. b) dell'art. 16-bis del citato T.U.I.R., ossia negli interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria e restauro/risanamento conservativo;

c) rifacimento di infissi esterni e dell'impianto diriscaldamento di cui all’art. 1, comma 344, legge 27/12/2006, n. 296 (cd. legge finanziaria 2007), ossia negli interventi di riqualificazione energetica.

Il contribuente, considerato che ad ognuna di queste tipologie corrispondono periodi di detrazione da 5 a 10 anni, una diversa detrazione in percentuale e differenti tetti di spesa, chiede di conoscere su ciascuno di tali profili l’avviso dell’Agenzia delle Entrate che si esprime in questo senso.

La detrazione per i Sismabonus, spettante nella misura del 70% in caso di diminuzione di una classe di rischio e nella misura dell'80% in caso di diminuzione di due classi di rischio, deve essere ripartita necessariamente in 5 rate “non essendo prevista la possibilità di scegliere il numero di rate in cui fruire del beneficio” [cfr. sopra lettera a)].

Per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche vale “il principio secondo cui l'intervento di categoria superiore assorbe quelli di categoria inferiore ad esso collegati o correlati. La detrazione prevista per gli interventi antisismici può quindi essere applicata, ad esempio, anche alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria necessarie al completamento dell'opera”.Infine, “il limite di spesa agevolabile in caso di effettuazione sul medesimo edificio di interventi antisismici, di interventi di manutenzione straordinaria e di interventi di riqualificazione energetica …. attualmente stabilito in euro 96.000 annuali, è unico in quanto riferito all'immobile”, non potendo quindi essere superato [cfr. sopra lettera b)].

Tuttavia, non sono soggetti a predetto limite di spesagli interventi di riqualificazione energetica di cui all'art. 1 della Legge 296 del 2006, comma 344 (riqualificazione globale dell'edificio) o, in alternativa, di cui ai commi 345 (interventi su strutture opache e infissi) e 347 (sostituzione impianti termici), per i quali l’istante potrà beneficiare della detrazione del 65 per cento nei limiti specificatamente previsti dalle norme di riferimento” [cfr. sopra lettera c)].

Dunque, attraverso una puntuale ricostruzione della normativa fiscale ed edilizia, l’Agenzia delle Entrate sembra consentire la sommatoria di quest’ultima agevolazione con quella dei sismabonus; con ciò ponendo a disposizione degli operatori del settore e, soprattutto, dei cittadini e delle imprese ampie possibilità di riqualificare l’edificato esistente o, se si preferisce, di puntuale rigenerazione urbana.

 

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Il documento unico di regolarità contributiva – DURC è divenuto, ormai, un ospite ricorrente delle pagine di questo sito.

Da ultimo, ci eravamo occupati della posizione assunta dall’INPS sui rapporti tra la definizione agevolata delle controversie con gli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle) ed il D.M. 30/01/2015 in tema di DURC. Nel messaggio n. 824 del 24/02/2017, infatti, l’INPS aveva affermato che per l'attestazione della regolarità contributiva non fosse sufficiente la presentazione della domanda di definizione agevolata agli agenti della riscossione, ma che fosse invece necessario l’accoglimento della domanda, unitamente al pagamento almeno la prima rata (https://www.sonoingara.it/sicurezza/item/69-durc-ulteriori-chiarimenti-inps-controlli-casse-edili-regolarita-durc-e-rottamazione-cartelle).

Oggi, invece il legislatore con la cd. Manovrina (vd. art. 54, D.L. n. 50 del 24/4/2017, qui allegato, approvato definitivamente con la legge 21/06/2017, n. 96) ha superato la detta posizione espressa dall’INPS, affermando in sostanza che, dal 24/4/2017 (data di entrata in vigore del D.L. 50/2017), per il rilascio del DURC è sufficiente la presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata per i debiti contributivi da parte del contribuente. Nel caso di inadempimento all’obbligo di pagamento (mancato, insufficiente o tardivo versamento dell'unica rata ovvero di una rata di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme dovute), tutti i DURC rilasciati successivamente alla presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata dovranno essere annullati con efficacia retroattiva. Al riguardo, l’Agente della riscossione, ha l’obbligo di comunicare agli Enti coinvolti il regolare versamento delle rate accordate al contribuente in sede di definizione agevolata, per consentire ai detti Enti di effettuare i conseguenti annullamenti (così, relazione governativa al disegno di legge di conversione, A.C. n. 4444).

In attuazione del citato art. 54 gli Enti previdenziali, quasi contestualmente, hanno fornito indicazioni per dare piena operatività alla novella legislativa. Sul punto, si rinvia quindi alla circolare INAIL n. 18 del 28/04/2017 (qui allegata in pdf) e alla circolare INPS n. 80 del 02/05/2017 (qui allegata in pdf).

Si deve, per altri versi, evidenziare che l’intervento del legislatore e le precisazioni dell’INAIL e dell’INPS sono limitati ad aspetti specifici, permanendo quindi alcune perplessità sulle posizioni giurisprudenziali che, come si avrà modo di vedere, non appaiono del tutto coerenti con le disposizioni del Decreto interministeriale del 30/01/2015 in tema di regolarizzazione del documento di regolarità contributiva.

Infatti, l’art. 4 del Decreto Interministeriale prevede l’invito a regolarizzare la posizione contributiva dell’interessato (cd. preavviso di rigetto) che può, appunto, normalizzare la propria posizione entro un termine non superiore a 15 giorni dalla notifica. Durante questo periodo, gli Istituti previdenziali non possono dichiarare l’irregolarità qualora la regolarizzazione avvenga comunque prima della definizione della verifica che, altrimenti, attesterebbe una situazione – il mancato versamento delle somme dovute – non corrispondente alla realtà. In pendenza del preavviso di rigetto, poi, non possono essere effettuate ulteriori verifiche da parte degli Enti previdenziali.

Se questa è la disposizione di carattere generale sul preavviso di rigetto, quindi, non è dato comprendere la ragione dell’assunto giurisprudenziale (cfr., in mero ordine cronologico, Corte di Cassazione, sez. un., 29/03/2017 n. 8117, Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Siciliana, Adunanza delle Sezioni Riunite, parere 19/10/2016, n. 1063/2016 e Cons. Stato, Ad. Plen., 29/02/2016, n. 5) secondo cui: (i) l’invito alla regolarizzazione può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione; (ii) la regolarità contributiva deve sussistere per tutta la durata della procedura e che, dovendo il DURC essere acquisito d’ufficio, è inapplicabile a detta acquisizione il procedimento di regolarizzazione.

Infatti, atteso che il DURC assume carattere definitivo solo dopo lo svolgimento di questa procedura in contraddittorio con l’impresa ai sensi del D.I. 30/01/2015 e che lo stesso può essere liberamente consultato dalle Pubbliche amministrazioni nello svolgimento delle procedure di gara (cfr. decreto interministeriale 30/01/2015, cit.), non è dato comprendere appieno la base normativa del divieto giurisprudenziale per le Stazioni appaltanti di rimettere (temporaneamente) in termini l’impresa interessata.

Del resto, lo stesso art. 80, comma 4, D. Lgs. 18/04/2016, n. 50 stabilisce che il divieto di partecipazione ad una procedura d’appalto non opera “quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l'impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande”, senza stabilire alcuna esplicita preclusione durante il periodo del contraddittorio previsto dall’art. 4, decreto interministeriale sul DURC. Non si tratta, infatti, di violare il principio della “par condicio” dei concorrenti che hanno osservato le regole del bando bensì di consentire, nel ristretto termine di 15 giorni, al concorrente “potenzialmente irregolare” di sanare la propria posizione contributiva nei confronti degli enti previdenziali valendosi dell’art. 4, citato decreto interministeriale.

Dunque, con l’approvazione definitiva della Manovrina, non è stata sfruttata l’opportunità di fare chiarezza sul tema né è stato superato un orientamento giurisprudenziale non pienamente condivisibile.

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