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La sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 2 ottobre 2023, n. 8610 (allegata in copia per pronta consultazione) individua, con chiarezza, alcuni principi sul silenzio-assenso, soffermandosi sulla relativa applicazione in caso di amministrazioni che tutelano interessi costituzionali di grado superiore, quali la Soprintendenza in sede di autorizzazione paesaggistica disciplinata dagli artt. 146 e ss. d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, altrimenti noto come “Codice dei beni culturali e del paesaggio”.

Al termine di un’articolata ricostruzione della normativa, che trae le mosse dalla cd. Riforma Madia della legge sul procedimento amministrativo e dai relativi decreti attuativi per giungere ai cosiddetti decreti semplificazione del 2020 e del 2021, oggetto di diverse opzioni interpretative da parte del medesimo Consiglio di Stato, la sentenza aderisce all’orientamento che ritiene applicabile l’art. 17-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241 al parere della Soprintendenza che è “espressione di una cogestione attiva del vincolo paesaggistico”.

Pertanto, il parere espresso successivamente al decorso dei termini fissati dal procedimento, deve ritenersi tardivo e privo di effetti.

Si tratta, a ben vedere, di una sentenza che, ponendo fine ad una diatriba tra gli interpreti e gli operatori del settore anche per altre analoghe vicende (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 2022 n. 5746 anch’essa allegata per pronta consultazione e condivisione), riconosce l’intento del legislatore di raggiungere, attraverso gli istituti di semplificazione di cui agli artt. 14-bis, in tema di conferenza di servizi e 17-bis della legge n. 241/1990 un delicato punto di equilibrio tra la tutela degli interessi sensibili e la, parimenti avvertita, esigenza di garantire una risposta (positiva o negativa) entro termini ragionevoli all’operatore economico, che, diversamente, rimarrebbe esposto al rischio dell’omissione burocratica.

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, la protezione del valore paesaggistico attribuisce all’autorità tutoria non solo diritti ma anche "doveri e responsabilità". In tale composito quadro, la competenza della Soprintendenza resta garantita sia pure entro termini stringenti entro i quali deve esercitare la propria funzione.

Né precisa la sentenza, in caso di mancato esercizio del potere entro i termini assegnati dall’ordinamento alla Soprintendenza, l’interesse paesaggistico rimane privo di tutela, posto che resta ferma la possibilità della Soprintendenza di poter agire in autotutela secondo il principio del contrarius actus.

Si invitano gli utenti alla lettura dell’allegata sentenza che, al di là del caso specifico, riconosce gli effetti della normativa sopravvenuta che vincola anche il giudice.

Per il Consiglio di Stato, infatti, la legge specialmente quando formulata mediante la c.d. tecnica per fattispecie analitica, fornisce la misura della discrezionalità giudiziaria, rappresentando il punto fermo da cui occorre muovere nell’attività interpretativa e a cui è necessario ritornare all’esito del combinato ricorso a tutti gli altri canoni di interpretazione.

Da qui l’insussistenza di un potere del giudice di decidere una controversia a lui sottoposta facendo diretta applicazione di un principio costituzionale anche quando non si sia in presenza di una lacuna che, va aggiunto, era inesistente nel caso sottoposto al giudizio del Consiglio di Stato.

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