Nella Gazzetta Ufficiale n. 231 del 4 ottobre 2018 è stato pubblicato il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, convertito in legge n. 132 del 1° dicembre 2018, di cui si darà quindi opportunamente conto nella presente voce. Il decreto-legge n. 113/2018, comunemente definito come “Decreto Sicurezza”, è entrato in vigore lo scorso 5 ottobre 2018. Fra i numerosi articoli di cui è composto di particolare rilievo sono gli artt. 24, 25 e 26 che modificano, rispettivamente, l'art. 67, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159/2011 in tema di codice antimafia, l’art. 21, legge 13 settembre 1982, n. 646 in tema di subappalto e l’art. 99, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 in tema di notifica preliminare dei lavori.

Dopo pochi giorni dall'entrata in vigore della legge n. 132/2018, inoltre, il Ministero dell'interno ha diramato la circolare n. 83774 del 18 dicembre 2018 (allegata in pdf per pronta consultazione), con la quale sono illustrate le principali novità introdotte dal cd. Decreto Sicurezza.

 

Cause antimafia

Innanzitutto, con l’art. 24, comma 1, lettera d), decreto-legge n. 113/2018, convertito, con modificazioni, nella l. 132/2018, sono state estese  le cause ostative antimafia di cui all’art. 67, D. Lgs. 159/2011 introducendovi anche quello relative alla condanna con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per i reati di truffa ai danni dello Stato o altro ente pubblico [art. 640, secondo comma, numero 1) cod. pen.] e per quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.).

L’obiettivo, ribadito dalla circolare ministeriale, è colmare la lacuna normativa considerato che “i reati di truffa ai danni dello Stato nonostante siano nella prassi le attività delittuose poste in essere più frequentemente per ottenere il controllo illecito degli appalti, non figura[va]no tra le ipotesi rilevanti al fine del diniego del rilascio della documentazione antimafia”.

 

Subappalto non autorizzato

Le modificazioni dell’art. 25, d.l. 113/2018 (non mutate sul punto dalla legge n. 132/2018) attengono, in primo luogo, alla natura delle sanzioni che passano dall’arresto alla reclusione e dall’ammenda alla multa.

In questo modo, secondo quanto previsto dagli artt. 39 e 17 cod. pen., il reato di subappalto non autorizzato di cui all’art. 21, legge n. 646/1982 e succ. mod. non è più qualificabile giuridicamente come contravvenzione, bensì come delitto. In secondo luogo, le sanzioni così mutate sono state aumentate nel minimo e massimo edittale. Come per il passato, comunque, le sanzioni operano sempre nei confronti:

(a) di chiunque conceda anche di fatto “in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza l'autorizzazione dell'autorità competente”. Tale soggetto è punito oggi con “la reclusione da uno a cinque anni e con la multa” non inferiore ad un terzo del valore dell'opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appalto;

(b) del subappaltatore e dell’affidatario del cottimo. Tale soggetto è punito oggi con “la reclusione da uno a cinque anni e la multa” pari ad un terzo del valore dell'opera ricevuta in subappalto o in cottimo.

Tuttavia, la variazione in delitto dell’originaria contravvenzione, dovuta al solo mutamento della natura delle sanzioni, rischia di vanificare l’effetto deterrente connesso al loro aumento. Detto altrimenti, in base al testo dell’art. 42 cod. pen. in tema di formulazione dei delitti colposi, il subappalto non autorizzato di cui all’art. 21, legge n. 646/1982 viene adesso punito con la reclusione e la multa e, in quanto “delitto”, può essere perseguito solo in caso di dolo, mentre in precedenza sarebbe stata sufficiente la semplice colpa ai fini della sussistenza della “contravvenzione” subappalto non autorizzato. Nonostante la presentazione di numerosi emendamenti al decreto n. 113/2018, in sede di conversione in legge del provvedimento d’urgenza, non si è posto rimedio a tale distonia di carattere sistematico che potrebbe costituire un tipico caso di eterogenesi dei fini.

Notifica preliminare dei lavori

In seguito alle modifiche apportate dall’art. 26, d.l. 113/2018, poi, la notifica preliminare dei lavori prescritta dall’art. 99, comma 1, d.lgs. 81/2008 e succ. mod. (cd. Testo Unico Sicurezza) doveva essere inviata inizialmente non solo (come avveniva in passato) alla ASL e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti, ma anche alla Prefettura della Provincia in cui devono essere realizzati i lavori di cui al medesimo art. 99. La necessità di notificare preliminarmente i lavori anche alla Prefettura appariva riconducibile, seppure implicitamente, ai poteri di accertamento e di accesso ai cantieri pubblici previsti nell’art. 93, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 e succ. mod. (cd. Codice antimafia) il cui ambito applicativo, in questo modo, era esteso ai lavori privati.

In ogni caso, la notifica preliminare ex art. 99, TUS è obbligatoria per i seguenti lavori:

- cantieri indicati nell'articolo 90, comma 3, TUS, ossia i cantieri in cui è prevista la designazione del coordinatore per la progettazione;

- cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di notifica preliminare, ricadono nell’ipotesi precedente per effetto di varianti sopravvenute in corso d'opera (ad es. sopravvenuta nomina coordinatore per l’esecuzione dei lavori);

- cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.

Per completezza, si rammenta che la mancata trasmissione della notifica preliminare dei lavori è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 558,41 ad € 2.010,28 ex art. 157, comma 1, lett. c), TUS, mentre ai sensi dell’art. 90, comma 10, TUS, l’assenza della notifica preliminare comporta la sospensione dell’efficacia del titolo abilitativo edilizio. Con le modificazioni apportate in sede di conversione del decreto-legge n. 113/2018, infine, la notifica preliminare dovrà essere trasmessa al Prefetto nei soli casi di "lavori pubblici". 

In sintesi, per i lavori pubblici, i destinatari della notifica preliminare saranno tre: Ufficio Territoriale di Governo, Direzione Provinciale del Lavoro (oggi, Ispettorato Territoriale del Lavoro) e Azienda Sanitaria Locale, mentre per i lavori privati, invece, solo queste ultime due autorità dovranno essere destinatarie della notifica preliminare.

Nella consapevolezza che l’estensione della notifica preliminare ai Prefetti possa ingolfare le Prefetture di notizie poco utili, poi, la circolare ministeriale invita le Prefetture a promuovere tavoli tecnici volti, da un lato, a far conoscere l’ambito applicativo della novella legislativa e, dall’altro, a sistematizzare le informazioni acquisite tramite la notifica preliminare fra le varie forze dell’ordine preposte alla vigilanza sui cantieri.

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Nella Gazzetta Ufficiale 04/11/2017, n. 258 è stata pubblicata la L. 17/10/2017, n. 161, recante: “Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”.

La detta L. n. 161/2017 (allegata in pdf per pronta consultazione), entrata in vigore il 19/11/2017, si articola in sette capi, così denominati: Capo I “Misure di prevenzione personali”, Capo II “Misure di prevenzione patrimoniali”, Capo III “Amministrazione, gestione e destinazione di beni sequestrati e confiscati”, Capo IV “Tutela dei terzi e rapporti con le procedure concorsuali”, Capo V “Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, Capo VI “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legislazione complementare. Deleghe al Governo per la disciplina del regime di incompatibilità relativo agli uffici di amministratore giudiziario e di curatore fallimentare e per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”, Capo VII “Disposizioni di attuazione e transitorie”. Successivamente alla pubblicazione della legge è stata pubblicata la circolare del Ministero dell'Interno 19 gennaio 2018, n. 11001/119/20(9), avente ad oggetto: "Riforma del codice antimafia. Legge 17 ottobre 2017, n. 161 e successivi interventi di modifica" (d'ora in poi, denominata, per brevità "Circolare" allegata in pdf per pronta consultazione, di cui si darà conto nella presente voce).

Nell’ambito del Capo IV si evidenziano i seguenti mutamenti che, più direttamente, incidono sull’operato dei soggetti interessati alla documentazione antimafia.

In primo luogo, si rileva che è stato modificato l'art. 83, comma 1, lett. a) del d.lgs. 159/2011 (Codice Antimafia) relativo all'ambito di applicazione della documentazione antimafia.

In particolare, le parole “i concessionari di opere pubbliche” sono sostituite con le parole: “i concessionari di lavori o di servizi pubblici”. Si tratta di una modifica lessicale necessaria per adeguare il Codice Antimafia al mutato quadro normativo che, prevede appunto, oltre alla pluriennale presenza dei concessionari di lavori pubblici, anche quella dei concessionari di servizi pubblici. Nulla invece è mutato per i restanti soggetti obbligati per cui, accanto ai concessionari di lavori e servizi sono obbligati ad acquisire la documentazione antimafia i seguenti soggetti: “pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico”, nonché i contraenti generali tenuti all’osservanza della normativa antimafia in base all’art.194, d.lgs. 18/04/2016, n. 50.

In secondo luogo, l’art. 26 legge n. 161/2017 aggiunge, nell’art. 84, comma 4, lettera a) del d.lgs. 159/2011, un’altra situazione relativa ai tentativi di infiltrazione mafiosa che dà luogo all'adozione dell'informazione antimafia interdittiva (impossibile, qui, dare conto partitamente di ciascuna situazione). Potrà essere oggetto di interdittiva antimafia, quindi, anche il soggetto coinvolto in procedimenti penali (misure cautelari, giudizio o condanne non definitive) relativi al reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” di cui all’art. 603-bis, cod. pen., ossia a quello che la Circolare testualmente definisce "caporalato".

In terzo luogo, l’art. 27 legge n. 161/2017 modifica l’art. 85, comma 2, lett. b) del d.lgs. 159/2011, precisando che la documentazione antimafia deve riferirsi “per le società di capitali anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, per le società cooperative, di consorzi cooperativi, per i consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione e a ciascuno dei consorziati”.

Rispetto alla formulazione vigente sino al 18 novembre 2017, che riproduceva con alcuni adeguamenti l’art. 3, comma 2, lettera b), d.P.R. 03/06/1998, n. 252, è stato eliminato qualsiasi riferimento ai limiti percentuali di partecipazione al consorzio ossia alla partecipazione superiore al 10% o, in alternativa, alla partecipazione inferiore al 10% con patto parasociale riferibile a una partecipazione pari o superiore al 10%.

Tali limiti, va notato incidentalmente, erano stati considerati rilevanti e sufficienti per un’interdittiva da estendersi ad altre imprese consorziate attestata, proprio, dal rilievo dell’esistenza di un legame consortile stabile (sul punto si veda Cons. Stato, sez. III, 07.03.2016).

Per effetto di questa modificazione, specialmente in caso di consorzi a composizione fortemente parcellizzata, l’aver eliminato qualsiasi riferimento ad una soglia (fino al 18 novembre 2017, il ripetuto 10%) rischiava di rallentare l’operato dei soggetti tenuti (cfr., sopra, nuovo testo art. 83, d.lgs. 159/2011), seppure attraverso la consultazione della Banca Dati Nazionale Antimafia, all’acquisizione della documentazione antimafia relativa a siffatti consorzi (ossia mediante l’inserimento dei dati relativi anche ai familiari conviventi di maggiore età dei soggetti interessati) e di quelli tenuti al rilascio della comunicazione o informazione antimafia.

Le criticità di siffatta modifica erano state evidenziate anche da Cna, Confartigianato ed Alleanza delle Cooperative che, con una lettera indirizzata ai Ministri dell’Interno, della Giustizia e delle Infrastrutture e dei Trasporti (di cui si è avuto contezza nei siti di settore), hanno sottolineato come “in applicazione della nuova norma si dovrebbero acquisire le informazioni antimafia nei confronti di migliaia di persone fisiche. La presentazione di tale documentazione in ogni gara di appalto da parte dei consorzi è praticamente impossibile oltre che sostanzialmente inutile”.

Sciogliendo la riserva formulata al termine dell'originaria voce, quindi, si dà notizia dell'opportuna modifica apportata dal 1° gennaio 2018. In particolare, la Circolare dopo aver ricordato che erano assoggettati al sistema delle verifiche antimafia tutti i consorziati, a prescindere dalla loro quota di partecipazione, evidenzia che "sul punto è successivamente intervenuta la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018) che, all’art. 1, comma 244, ha previsto una partecipazione, anche indiretta, ai fini dell’assoggettamento ai suddetti controlli, pari almeno al 5 per cento".

Da ultimo, ma non certo per importanza, la Circolare si sofferma sulle implicazioni relative alla nuova disciplina dell'amministrazione giudiziaria ex art. 34-bis, d.lgs. 159/2011 che, in buona sostanza, consentono all'impresa di continuare ad operare con la P.A.. Giova, quindi, riportare le parole utilizzate dalla Circolare: 

"le disposizioni riguardano gli istituti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario applicabili in quelle realtà che, pur presentando forme di infiltrazione e di condizionamento mafioso, non ne siano però pregiudicate nella loro integrità. La finalità delle misure è quella di contrastare la contaminazione mafiosa di imprese sane, restituendole al libero mercato una volta depurate dagli elementi inquinanti. Il controllo giudiziario delle aziende, in particolare, costituisce una previsione del tutto innovativa, dal momento che non determina lo “spossessamento gestorio” bensì configura, per un periodo minimo di un anno e un massimo di tre, una forma meno invasiva di intervento consistente in una vigilanza prescrittiva, condotta da un commissario giudiziario nominato dal Tribunale, al quale viene affidato il compito di monitorare dall’interno dell’azienda l’adempimento di una serie di obblighi di compliance imposti dall’autorità giudiziaria. Di particolare rilievo la previsione contenuta nel comma 7 dell’art. 34 riferita tanto all’amministrazione quanto al controllo giudiziario, secondo la quale il provvedimento che dispone tali misure sospende gli effetti delle informazioni del Prefetto di cui all’art. 94 del codice antimafia, consentendo così all’impresa che vi è assoggettata di continuare ad operare nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. Nella stessa direzione si muove anche la disposizione di cui al terzo comma dell’art. 35 bis introdotto nel corpus del Codice dalla legge di riforma, secondo la quale “al fine di consentire la prosecuzione dell’attività dell’impresa sequestrata o confiscata, il prefetto della provincia rilascia all’amministratore giudiziario la nuova documentazione antimafia di cui all’art. 84. Tale documentazione ha validità per l’intero periodo di efficacia dei provvedimenti di sequestro e confisca dell’azienda e sino alla destinazione della stessa disposta ai sensi dell’articolo 48”".

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Con il D.P.C.M. del 24/11/2016(in G. U. n. 25 del 31/01/2017, entrato in vigore il 15/02/2017), è stato modificato il D.P.C.M.18/04/2013 recante “modalità per l’istituzione e l’aggiornamento degli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190” (cd.“White list”).

Le modifiche apportate sono state determinate dalla necessità di adeguare l’originario testo del D.P.C.M. 18/04/2013alle nuove disposizioni recate dai commi 52 e 52 bis, art. 1 della L. 190/2012 (cd. L. Anticorruzione), a loro volta introdotte dall’art. 29 del D.L. n. 90/2014 (conv. con modif. in L. 114/2014).

Per maggior dettaglio e per il testo dei citati provvedimenti, si rinvia alla scheda di cui al Link sottostante:

https://www.sonoingara.it/component/k2/item/72-white-list-le-novita-in-vigore-da-meta-febbraio

 

 

 

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Con il D.P.C.M. del 24/11/2016(in G. U. n. 25 del 31/01/2017, entrato in vigore il 15/02/2017), è stato modificato il D.P.C.M.18/04/2013 recante “modalità per l’istituzione e l’aggiornamento degli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190” (cd.“White list”).

Le modifiche apportate sono state determinate dalla necessità di adeguare l’originario testo del D.P.C.M. 18/04/2013alle nuove disposizioni recate dai commi 52 e 52 bis, art. 1 della L. 190/2012 (cd. L. Anticorruzione), a loro volta introdotte dall’art. 29 del D.L. n. 90/2014 (conv. con modif. in L. 114/2014).

In estrema sintesi, tali commi prevedono per i settori cd. sensibili (maggiormente esposti a rischio di infiltrazione mafiosa che, individuati dalla legge, sono di seguito indicati) quanto segue:

  • le verifiche antimafia sono effettuate obbligatoriamente dalle Amministrazioni e dagli altri soggetti di cui all’art. 83, co. 1 e 2 del Codice antimafia (D. Lgs. n. 159/2011) mediante la consultazione, anche in via telematica, della white list istituita presso ogni Prefettura, che effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa in capo alle imprese iscritte e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco;

  • l’applicazione dell'art. 92, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 159/2011, per i termini di rilascio delle informative (30 gg. o 45 gg. in caso di verifiche di particolare complessità) ela possibilità di procedere anche in assenza dell’informazione antimafia, decorso il termine per il rilascio ovvero immediatamente, nei casi di urgenza, sotto condizione risolutiva;

  • l'iscrizione nella white list (originariamente volontaria) tiene luogo della comunicazione e dell'informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta.

Si ricorda che sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività: a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi; b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi; c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; e) noli a freddo di macchinari; f) fornitura di ferro lavorato; g) noli a caldo; h) autotrasporto per conto di terzi; i) guardiania dei cantieri (cfr. art. 1, comma 53, L. 190/2012).

Va rilevato preliminarmente che le modifiche apportate dal D.P.C.M. 24/11/2016 costituiscono in sostanza il riconoscimento normativo delle indicazioni già fornite dal Ministero dell’Interno con l’avviso ministeriale del 23/03/2016, prot. 0025954 (qui allegato per comodità di consultazione), nelle more dell’adeguamento al D.P.C.M. 18/04/2013[1].

In particolare, il nuovo comma 2 dell’art. 2 D.P.C.M. 18/04/2013 ribadisce che, nei settori cd. sensibili soprarichiamati, la stipula, l’approvazione o l’autorizzazione di contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici sono subordinati all’assenza di: a)una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 del Codice antimafia; b) eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell'impresa, di cui all'art. 84, comma 3, del Codice antimafia.

Inoltre, con l’introduzione del nuovo art. 3-bis nel D.P.C.M. 18/04/2013, rubricato “Obblighi dei soggetti di cui all'art. 83, commi 1 e 2 del Codice antimafia” viene: a) confermata la preventiva consultazione della BDNA come modalità obbligatoria per procedere alla sottoscrizione, all’approvazione o all’autorizzazione di contratti e subcontratti e ciò indipendentemente dal loro valore; b)stabilito che, per i soggetti non (ancora) censiti nella BDNA e che abbiano presentato domanda d’iscrizione nelle cd. white list, “si osservano le disposizioni di cui all’art. 92, commi 2 e 3 del Codice Antimafia”con la ribadita possibilità, quindi, di sottoscrivere contratti o autorizzare subcontratti con tali imprese e l’obbligo di revocare le autorizzazioni e le concessioni o di recedere dai contratti, in caso di sopravvenuto diniego di iscrizione; c) previsto che le Amministrazioni ed i soggetti ad esse assimilati ed i contraenti generali acquisiscano, tramite consultazione della white list, la documentazione antimafia anche per attività diverse da quelle per le quali l’iscrizione nella lista è stata disposta, permanendo le condizioni relative ai soggetti e alla composizione del capitale sociale; d) previsto che le Amministrazioni ed i soggetti ad esse assimilati ed i contraenti generali debbano comunicare, per via telematica, alla Prefettura competente gli estremi identificativi delle imprese nei cui confronti hanno acquisito la documentazione antimafia attraverso la consultazione dell'elenco.

Infine, attraverso la sostituzione dell’art. 7, co. 1, d.P.C.M. 18/04/2013, sono state riprodotte le previsioni dell’art. 1, co. 52 e 52-bis L. n. 190/2012, circa l’equipollenza tra iscrizione nelle white list e comunicazioni/informazioni antimafia liberatorie e la possibilità per le imprese iscritte nelle white list di operare anche in settori diversi da quelli cd. sensibili.

***

Si allegano per comodità di consultazione, il testo in PDF del D.P.C.M. 18/04/2013 aggiornato con le modifiche, nonché la Circolare del Ministero dell'Interno n. 11001/119/20(5) IV parte del 10 febbraio 2017.

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[1]Si ricorda che l’avviso ministeriale, in risposta all’interpello di una Prefettura circa la cessazione (alla data del 7/1/2016) del regime transitorio delle cd. white list nei settori a rischio e i rapporti con la Banca dati nazionale antimafia (cd. BDNA) di cui al d.P.C.M. 18/04/2013, aveva affermato la possibilità, per le imprese che avevano presentato la sola domanda di iscrizione alle cd. white list, di continuare ad essere affidatarie o subaffidatarie di contratti in tali settori anche dopo il 7/1/2016. Ciò al fine di evitare un pregiudizio all’impresa che, per causa ad essa non imputabile (la mancata conclusione del procedimento d’iscrizione), si fosse trovata nell’impossibilità di procedere alla conclusione del contratto con la P.A.

Ciò ferma restando la decorrenza dei termini di cui all’art. 92, co. 2 e 3 del Codice Antimafia , dal momento della consultazionedella BDNA nei confronti dell’impresa interessata (ai sensi dell’art. 1, co. 52 L. 190/2012), con la possibilità quindi di sottoscrivere contratti o autorizzare subcontratti con tale impresa, “fatte salve le cautele di legge previste in caso di successivo diniego dell’iscrizione”.

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AVVERTENZA

Con Avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2016 n. 164, sono stati corretti gli errori materiali contenuti nel testo del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato nel Supplemento Ordinario N. 10/L alla G.U. - Serie gen. - del 19 aprile 2016, n. 91).
Si rende disponibile per comodità di consultazione il testo del Codice aggiornato da Normattiva a seguito delle correzioni.

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