Mercoledì, 05 Dicembre 2018 17:47

Obbligatoria la gara per i servizi legali?

L’ANAC con la delibera n. 907 del 24 ottobre 2018 (depositata il 5 novembre 2018), ha approvato le Linee guida n. 12 in tema di procedure per l’affidamento dei servizi legali (allegate in pdf per pronta consultazione), entrate in vigore il 28 novembre 2018 (pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 264 del 13 novembre 2018).

Si rammenta, in via del tutto preliminare, che le Linee guida in esame costituiscono un atto di regolazione non vincolante, siccome adottate dall’Autorità ai sensi dell’art. 213, comma 2, del D. Lgs. 50/2016 s.m.i. (Codice Contratti Pubblici” o “Codice), per rispondere alle perplessità manifestate dagli operatori del settore circa l’esatta individuazione delle tipologie di servizi legali e le relative modalità di affidamento.

Tanto richiamato, si rileva che le Linee Guida, in dichiarata adesione all’impostazione del parere del Consiglio di Stato n. 2017 del 3 agosto 2018 (anch’esso allegato in pdf), distinguono i servizi legali in due macrocategorie:

1)    quelli previsti tra i servizi esclusi dall’art. 17, comma 1, lett. d)  del D. Lgs. 50/2016 s.m.i. (“Codice Contratti Pubblici” o “Codice”) consistenti, in buona sostanza secondo l’ANAC, nell’incarico professionale conferito ad hoc per la trattazione della singola controversia o questione, quando si riferisce ad “incarichi di patrocinio legale conferiti in relazione ad una specifica e già esistente lite” ovvero a “servizi di assistenza e consulenza legale preparatori ad un’attività di difesa in un procedimento di arbitrato, di conciliazione o giurisdizionale, anche solo eventuale” ovvero ancora ai “servizi prestati da notai relativi esclusivamente alla certificazione e autenticazione di documenti”, oltre agli altri servizi indicati nei paragrafi 1.3 e 1.4 delle Linee Guida;

2)    i servizi legali previsti dall’Allegato IX del Codice (individuati, in via residuale, nei servizi diversi da quelli previsti dall’art. 17) consistenti, secondo l’ANAC, non già in un incarico professionale, ma in un vero e proprio appalto di servizi per la gestione del contenzioso in modo continuativo o periodico ad un fornitore nell’unità di tempo considerata (di regola, un triennio). Si tratta di servizi legali aventi ad oggetto prestazioni diverse da quelle sopraelencate, quali in via esemplificativa, “consulenze non collegate ad una specifica lite” o le prestazioni “che, su richiesta delle stazioni appaltanti e nei limiti delle istruzioni ricevute, i fornitori realizzano in modo continuativo o periodico ed erogano organizzando i mezzi necessari e assumendo il rischio economico dell’esecuzione, come nell’ipotesi di contenzioso seriale affidato in gestione al fornitore” (cfr. paragrafo 2, Linee guida).

La prima categoria costituisce un contratto d’opera professionale (art. 2229 ss. Cod. Civ.) ed è sottoposta al regime di cui all’art. 17 dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del Codice, mentre la seconda categoria si configura come appalto di servizi cui si applica il regime “alleggerito” dell’allegato IX e degli articoli 140 e ss. D. Lgs. n. 50/2016. Da qui l’obbligo generale delle stazioni appaltanti, ricorda l’ANAC, di procedere ad una corretta individuazione del fabbisogno anche allo scopo di evitare il frazionamento artificioso vietato dall’articolo 51 del Codice dei Contratti Pubblici, nonché l’obbligo per le Amministrazioni dello Stato e per quelle non statali autorizzate a valersi dell’Avvocatura dello Stato di richiedere l’assistenza di avvocati del libero Foro solo per ragioni assolutamente eccezionali. Infine, rammenta l’ANAC, “l’affidamento a terzi dei servizi legali è possibile …. sempre che non siano presenti idonee professionalità all’interno della stazione appaltante medesima”, pertanto l’eventuale affidamento esterno dovrà essere specificamente motivato sul punto.

Fermo restando il detto inquadramento generale, quanto alle procedure da seguire per l’affidamento dei servizi, l’ANAC, precisa in primo luogo che ai sensi dell’art. 17 del Codice i servizi legali della prima categoria – previsti dall’art. 17, comma 1 lett. d) – sono esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva del Codice dei Contratti Pubblici e sono affidati – per espressa previsione dell’art. 4 dello stesso Codice – “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica”.

Tutti i detti principi (ad eccezione di quelli di tutela dell’ambiente ed efficienza energetica, inconferenti rispetto ai servizi legali) sono declinati dalle Linee Guida 12 al Paragrafo 3.1.2, al cui dettaglio si rinvia. Ulteriore indicazione operativa viene fornita dall’ANAC al Paragrafo 3.1.3, laddove individua come "best practice" la previa formazione di elenchi di professionisti, eventualmente suddivisa per settore di competenza, costituiti “dall’amministrazione mediante una procedura trasparente e aperta, pubblicati sul proprio sito istituzionale. In tal modo, infatti, l’amministrazione può restringere tra essi il confronto concorrenziale al momento dell’affidamento, con effetti positivi in termini di maggiore celerità dell’azione amministrativa.”

Vale rilevare al riguardo che, secondo le indicazioni fornite dalle Linee Guida in esame, l’affidamento dei servizi legali di cui all’art. 17, lett. d) del Codice, dovrebbe seguire di regola il confronto concorrenziale e solo in via eccezionale si potrebbe concretizzare in affidamento diretto ad un professionista determinato “in presenza di specifiche ragioni logico-motivazionali che devono essere espressamente illustrate dalla stazione appaltante nella determina a contrarre” (ad es.: consequenzialità tra incarichi dei diversi gradi di giudizio o di complementarietà con altri incarichi attinenti alla medesima materia oggetto del servizio legale in affidamento, che siano stati positivamente conclusi, o ancora nel caso di assoluta particolarità della controversia o della consulenza, per l’assoluta novità della questione trattata). Detto altrimenti, l’Amministrazione dovrebbe in sostanza procedere sempre ad un confronto comparativo tra due o più preventivi, da richiedere ai professionisti iscritti all’albo previamente formato.

Tale impostazione, ad avviso di chi scrive, oltre ad essere difficilmente compatibile sul piano pratico operativo con la tempistica, il più delle volte esiziale, imposta dalle esigenze di costituzione in giudizio, determina una contraddizione dal punto di vista sistematico.

Si rammenta, difatti, che ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a) del D. Lgs. 50/2016 s.m.i. (come modificato dal Correttivo) gli affidamenti di servizi, forniture e lavori soggetti all’applicazione del Codice e di importo inferiore ad € 40.000,00 sono legittimamente effettuati mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici, con determina a contrarre (o atto equivalente) che contenga, in modo semplificato, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta ed il possesso da parte del fornitore dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti (art. 32, comma 2 del Codice). Ciò fermi restando i principi dell’art. 30 (sostanzialmente coincidenti con quelli di cui all’art. 4 del Codice) ed il principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti.

Tanto rammentato, è agevole osservare come l’affidamento di servizi esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva del Codice, quali sono per espressa previsione i servizi legali di cui all’art. 17, lett. d) del medesimo, in base alle indicazioni fornite nelle Linee Guida n. 12, viene ad essere, paradossalmente ed in modo ingiustificato, più rigido di quella previsto per i servizi soggetti integralmente all’applicazione del D. Lgs. 50/2016 s.m.i.

Si rileva altresì con specifico riferimento al principio di economicità, che opportunamente viene precisato dall’ANAC, come esso richieda l’obbligo delle Amministrazioni di accertare la congruità e l’equità del compenso, nel rispetto dei parametri stabiliti da ultimo con decreto ministeriale 8 marzo 2018, n.37 (la congruità può essere motivata, ad es., sulla base di un confronto con la spesa per precedenti affidamenti o, altra ipotesi, con gli oneri riconosciuti da altre amministrazioni per incarichi analoghi, etc.). Tuttavia, in considerazione della natura dei servizi legali in esame e dell’importanza della qualità delle relative prestazioni, il risparmio di spesa non è il criterio di guida nella scelta che deve compiere l’amministrazione alla luce dell’intero quadro ordinamentale.

Sotto questo profilo, infatti, occorre ricordare che, proprio per la salvaguardia del decoro della professione (art. 2233 Cod. Civ.), l’art. 13 bis nella L. 31/12/2012, n. 247 (introdotto dall’art. 19-quaterdecies L. 172/2017) prevede talune limitazioni all’autonomia contrattuale quando l’attività forense è svolta in favore dei cd. grandi committenti (imprese bancarie e assicurative, nonché imprese non rientranti nelle categorie delle PMI), proprio per assicurare l’equità del compenso, con la nullità delle clausole accertate come vessatorie ai sensi del detto articolo e la rideterminazione da parte del giudice del compenso dell’avvocato tenuto conto dei parametri previsti dal decreto del Ministro della Giustizia. A ciò si aggiunga, con specifico riferimento alle pubbliche amministrazioni, che il comma 3 del citato art. art. 19-quaterdecies L. 172/2017 stabilisce che “La pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Per la seconda tipologia dei servizi legali (che, per quanto sopra, costituiscono un appalto), invece, le Linee guida ANAC n. 12 ulteriormente distinguono tra contratti di valore inferiore alle soglie comunitarie per i quali si applicheranno le Linee Guida n. 4 del 7 marzo 2018 (allegate in pdf), mentre per quelli di importo pari o superiore alla soglia, la pubblicazione degli avvisi e dei bandi è disciplinata dagli articoli 140 del D. Lgs. 50/2016 s.m.i., per i settori speciali, e 142 per i settori ordinari. Per i restanti aspetti della procedura trovano applicazione le disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici relative ai contratti di appalto di valore pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria.

In particolare, i criteri in base ai quali richiedere l’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, sono “l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell'appalto”. In dettaglio, “i criteri di valutazione delle offerte possono essere individuati nei seguenti: a) professionalità e competenza desunte, ad esempio, dal numero e dalla rilevanza dei servizi svolti dal concorrente affini a quelli oggetto dell’affidamento; b) caratteristiche metodologiche dell’offerta desunte dal progetto globale dei servizi offerti e dall’illustrazione delle modalità di svolgimento delle prestazioni oggetto dell’incarico, in grado di soddisfare al meglio le aspettative della stazione appaltante; c) ribasso percentuale indicato nell’offerta economica; d) titoli accademici o professionali attinenti alla materia oggetto del servizio legale da affidare”.

Infine, con riguardo all’offerta economica, fermo restando il limite massimo del 30% per il punteggio economico (fissato all’art. 95, co. 10 bis, del Codice), l’ANAC precisa che “non dovrebbe essere attribuito un punteggio elevato al prezzo nel caso in cui sia previsto l’utilizzo di formule che incentivano molto la competizione sui ribassi percentuali (es. interpolazione lineare) e, viceversa, non dovrebbe essere attribuito un punteggio ridotto nel caso di utilizzo di formule che disincentivino la concorrenza sul prezzo (formule concave, come quella cosiddetta bilineare).”

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Con determinazione 11/10/2017, n. 1008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 07/11/2017, n. 260, l’Autorità nazionale anticorruzione ha pubblicato l’aggiornamento delle Linee Guida n. 6 (allegate in pdf per pronta consultazione) relative ai mezzi di prova degli illeciti professionali rilevanti come causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. 18/04/2016, n. 50 (come modificato dall’art. 49 D. Lgs. 19/04/2017, n. 56, cd Correttivo).

Le modifiche rispetto al testo precedente, così come indicato dal Consiglio di Stato nel parere della Commissione speciale espresso il 14/09/2017, atto n. affare 01503/2017, depositato il 25/09/2017, n. 2042 (allegato in pdf per pronta consultazione), sono riportate in grassetto nel testo allegato e sono entrate in vigore lo scorso 22/11/2017.

Fra le principali modifiche si segnalano i seguenti punti:

- 2.1 (p. 4): ove è precisato che il grave illecito professionale rilevante come causa di esclusione deve essere accertato con provvedimento esecutivo e deve essere tale da rendere dubbia l’integrità del concorrente (intesa come moralità professionale) ovvero la sua affidabilità (intesa come reale capacità tecnico professionale) nello svolgimento dell’attività oggetto di affidamento. Fermi tali presupposti, gli illeciti professionali gravi rilevano ai fini dell’esclusione dalle gare a prescindere dalla natura dell’illecito (civile, penale o amministrativa);

- 2.2 (p. 4): ove sono elencati i reati le cui condanne non definitive sono rilevanti come causa di esclusione (sempre che sussistano i presupposti di cui al punto precedente), tra i quali sono compresi l’esercizio abusivo della professione, i reati urbanistici (per le gare di lavori e di servizi di ingegneria), etc.

- 4.2 (p.8): concernente la necessità di inserire nel DGUE tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, anche se non ancora inseriti nel casellario informatico. La falsa attestazione dell’insussistenza delle dette situazioni e l’omissione della dichiarazione di situazioni successivamente accertate dalla stazione appaltante comportano l’esclusione (ai sensi dell’art. 80, comma 1, lett. f-bis) del Codice). Giova evidenziare al riguardo che la giurisprudenza ha escluso che rientri nel detto obbligo dichiarativo l'applicazione di penali nei confronti del concorrente in un pregresso contratto, quando tale applicazione (unilaterale) da parte della stazione appaltante, sia ancora sub judice (C.G.A., 28/12/2017 n. 575, qui allegata in pdf)

Ulteriori punti d’interesse, inoltre, sono segnalati nella relazione illustrativa all’aggiornamento delle Linee Guida n. 6 che si ritiene utile allegare per pronta consultazione.

Per quanto riguarda le SOA, infine, il punto 6.6 (p. 10) prevede che le SOA, nell’ambito degli accertamenti di competenza [ai sensi dell’art. 84, comma 4, lett. a) del Codice] mediante consultazione del casellario informatico, debbono verificare la presenza di gravi illeciti professionali imputabili all’impresa, l’idoneità delle condotte ad incidere sull’integrità e/o sulla moralità dell’impresa in relazione alla qualificazione richiesta; nonché valutare l’idoneità delle misure di self-cleaning eventualmente adottate dall’impresa stessa, pur in presenza di cause ostative.

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1. INTRODUZIONE

Vasta eco anche nella stampa non specializzata ha suscitato (e, tuttora, sta suscitando) l’approvazione della legge regionale n. 7 del 18/07/2017, pubblicata nel S.O. n. 3 al B.U.R. n. 57 del 18/07/2017, denominata "Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio" (allegata in pdf per pronta consultazione).

La legge, entrata in vigore il 19 luglio 2017, attua nel Lazio la normativa nazionale prevista, fondamentalmente, in due disposizioni: (i) art. 5, comma 9, del decreto-legge 13/05/2011, n. 70 convertito, con modificazioni, nella legge 12/07/2011, n. 106 (cd. Decreto-Sviluppo) in tema di rigenerazione urbana; (ii) art. 2-bis del d.P.R. 06/06/2001, n. 380 (cd. Testo Unico Edilizia) relativo alle deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati.

L’attuazione di tali disposizioni nazionali, poi, è stata opportunamente accompagnata da una serie di interventi sull’ordinamento regionale (ad es. l.r. 16/04/2009, n. 13 in tema di recupero dei sottotetti), così da incidere profondamente nell’assetto dell’urbanistica regionale. Per comprendere appieno queste ultime modifiche si rinvia al link:

http://www.consiglio.regione.lazio.it/consiglio-regionale/?vw=leggiregionali&sv=vigente

Successivamente, nel B.U.R. 04/01/2018, n. 2 è stata pubblicata la deliberazione della Giunta regionale 14/12/2017, n. 867, resa disponibile in anteprima nel sito istituzionale ed allegata in pdf per pronta consultazione, con cui è stato approvato il testo della circolare volta a chiarire “l’effettiva portata e la corretta interpretazione delle disposizioni legislative introdotte con la l.r. 7/2017”, specialmente per ciò che attiene all’introduzione di “diversi strumenti urbanistici innovativi e caratterizzati da una certa complessità e rilevanza attuativa” (d’ora, in poi, per brevità “Circolare”).

Per quanto possa occorrere si precisa che le campiture in giallo nel documento allegato sono frutto di un’elaborazione redazionale volta a richiamare l’attenzione sugli aspetti di maggior rilievo non essendo, ovviamente, tale campiture presenti nel testo ufficiale della Circolare. Di seguito, quindi, si darà conto anche dei formali chiarimenti intervenuti a cavallo tra il 2017 e il 2018.

Da ultimo, nel S.O. n. 2 al B.U.R. 14/01/2020, n. 4, è stata pubblicata la determinazione 20 dicembre 2019, n. G18248, con la quale sono state approvate le Linee Guida per la redazione delle deliberazioni e per le elaborazioni cartografiche ai fini dell'applicazione della l.r. 7/2017 (d'ora in poi, per brevità, "Linee Guida", allegate in pdf per pronta consultazione). Similmente a quanto avvenuto per la Circolare, quindi, si darà conto anche delle indicazioni delle Linee Guida alle quali, assai opportunamente, hanno fatto seguito la pubblicazione di tavole esemplificative

 

2. RIGENERAZIONE URBANA [profilo (i)]

Per conseguire gli obiettivi di riqualificazione incentivata delle aree urbane degradate, si ricorda che l’art. 5, comma 9, decreto-Sviluppo stabiliva che le Regioni entro 60 giorni dal 13 luglio 2011 (ossia entro il 10 settembre 2011) dovevano approvare specifiche leggi volte ad incentivare interventi di demolizione e ricostruzione che prevedessero quattro linee di azione:

a) riconoscimento di volumetrie aggiuntive come misure premiali;

b) possibilità di delocalizzare le volumetrie in area o aree diverse;

c) ammissibilità di modifiche di destinazioni d’uso “compatibili o complementari”;

d) modificazioni di sagoma necessarie per un’armonizzazione architettonica con gli altri edifici.

Il comma 10 dell’art. 5, Decreto-Sviluppo, in ogni caso, vietava tali interventi per gli edifici abusivi, per gli edifici siti nei centri storici (o, si aggiunge, in zone ad essi assimilati da singole previsioni di NTA), per gli edifici siti in aree ad inedificabilità assoluta, salvo gli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo in sanatoria.

Questo, in estrema sintesi, il quadro nazionale.

A livello regionale, quindi, il primo strumento stabilito dalla l.r. 7/2017 è rappresentato dai “programmi di rigenerazione urbana”, che possono essere proposti ai Comuni da privati e da associazioni consortili di recupero urbano (art. 2, l.r.), con la possibilità di approvare varianti semplificate allo strumento urbanistico vigente.

Secondo le indicazioni del punto 1.2 delle Linee Guida, in particolare, il “programma deve avere i caratteri di un progetto urbanistico unitario, da realizzare in modo sistematico, organico e fondamentalmente contestuale, volto a riqualificare/rigenerare l’assetto urbanistico e, di conseguenza, anche edilizio di una determinata porzione urbana”.

La premialità per il rinnovo del patrimonio edilizio esistente, per le opere pubbliche e per le cessioni di aree aggiuntive, arriva fino al 35% della superficie lorda esistente (aumentabile al 40% nel caso in cui la superficie esistente sia ridotta almeno del 10 per cento a favore della superficie permeabile). Nei programmi andrà indicata anche la quota minima del 20% di alloggi di edilizia residenziale pubblica e sociale.

Gli interventi di rigenerazione e recupero sono consentiti nelle porzioni di territorio urbanizzate (cfr. parere 25.3.2020, n. 244887, allegato in pdf per pronta consultazione), su edifici realizzati legittimamente o sanati, trattandosi di una legge a regime e non straordinaria.

Come indicato nel paragrafo 1.1 della circolare, infatti, “il requisito dell’avvenuta realizzazione dell’edificio non è subordinato all’entrata in vigore della legge, per cui sarà certamente possibile applicare la l.r. 7/2017 ad edifici ad oggi inesistenti, ma che verranno realizzati in futuro”. Per quanto riguarda le modalità di computo delle preesistenze edilizie, inoltre, si rinvia all'allegato parere regionale del 3 ottobre 2019, n. 785180.

Gli interventi non possono essere realizzati nelle zone con vincolo di inedificabilità assoluta e nelle aree protette, mentre possono essere realizzati nelle zone qualificate “paesaggio degli insediamenti urbani” dal Piano territoriale paesistico regionale – Ptpr (ossia, con una buona dose di semplificazione, nei centri storici dei Comuni e, più in dettaglio, “quelli evidenziati con apposita campitura rossa” nelle tavole B del PTPR, così paragrafo 1.1 della Circolare). È comunque fatto salvo quanto consentito dai piani di ciascuna area naturale e dalla l.r. 29/1997 (“Norme in materia di aree protette regionali”). Sono state escluse le aree agricole, tranne che in alcune circostanze legate alla presenza di insediamenti riconosciuti dal Ptpr che, si rammenta, è stato approvato in via definitiva con delibera di Consiglio Regionale n. 5 del 2 agosto 2019 (allegata in pdf per pronta consultazione), pubblicata di recente nel B.U.R. n. 13 del 13 febbraio 2020, con l'indicazione dei relativi elaborati. Sono comunque applicabili, in zona agricola, le disposizioni sugli interventi diretti, che consentono incrementi fino al 20% della volumetria o della superficie.

Nello stesso senso, inoltre, appaiono le successive disposizioni dell’art. 17, commi 33 e 34, l.r. 14/08/2017, n. 9 “Misure integrative, correttive e di coordinamento in materia di finanza pubblica regionale. Disposizioni varie”, pubblicata nel B.U.R. 16/08/2017, n. 65. Tali disposizioni, infatti, attribuiscono ai Comuni, anche su proposta di privati, la possibilità di individuare negli “insediamenti urbani storici”, come definiti dal citato PTPR, degli ambiti territoriali nei quali permettere interventi di ristrutturazione edilizia per il recupero edilizio, la riqualificazione architettonica e ambientale, l'adeguamento sismico e l'efficientamento energetico degli edifici esistenti. Il tutto, ovviamente, nel rispetto del d.lgs. 22/01/2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio” e del medesimo PTPR).

Utile anche il chiarimento del paragrafo 1.3 della Circolare, qui di seguito riportato: “…nelle aree naturali protette gli interventi previsti dalla legge sono consentiti se l’area è classificata dal PTPR come paesaggio degli insediamenti urbani e, ove così fosse, se l’intervento non contrasti con la normativa prevista dai piani di assetto approvati ovvero con quella di salvaguardia prevista dalla l.r. 29/1997”, intendendosi per tali quelle “previste dal Capo V della l.r. 24/1998 e dallo stesso PRTP adottato con delibere di Giunta n. 556 del 30 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007” e quelle del PTPR “aventi natura prescrittiva e non anche i contenuti aventi meramente natura descrittiva, propositiva e di indirizzo” (così paragrafo 1.4 della Circolare). 

Il comma 93 dell'art. 17 della stessa legge n. 9/2017, inoltre, apporta le seguenti tre modifiche alla citata l.r. n. 7/2017. In particolare, all'alinea del comma 2, dell'articolo 1, sopprime le parole da: "prioritariamente" fino a: "lettera c)", sostituendo inoltre nel comma 5 dell'art. 1 e nel comma 9 dell'art. 8 la parola "progetti" con "programmi.

A livello più generale, si ricorda altresì che l’art. 1, comma 460 della legge 11/12/2016, n. 232, come modificato dall’art. 1-bis della legge 04/12/2017, n. 172, stabilisce che a partire dal 1° gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni in materia edilizia devono essere vincolati alle seguenti destinazioni: “realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate; interventi di riuso e di rigenerazione; interventi di demolizione di costruzioni abusive; acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico; interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico; interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura nell'ambito urbano, spese di progettazione per opere pubbliche”, così da costituire un'ulteriore leva per procedere nel senso indicato dalla l.r. 7/2017.

 

3. DISTANZE TRA I FABBRICATI. DEROGHE FUNZIONALI [profilo (ii)]

Per quanto riguarda il secondo profilo, invece, ossia la possibilità di deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati, la l.r. n. 7/2017 rappresenta la trasposizione nell’ordinamento regionale dell’art. 2-bis, d.P.R. 380/2001 che, introdotto nel Testo Unico Edilizia dalla legge 09/08/2013, n. 98 (di conversione del decreto-legge 23/06/2013, n. 6, cd. Decreto del Fare), riconosce normativamente i principi sanciti dalla risalente Corte costituzionale nella sentenza n. 232 del 16/06/2005 in tema di rapporti tra disciplina delle distanze tra costruzioni (stabilita nel codice civile e riservata alla competenza esclusiva statale) e disciplina del governo del territorio (o, come si soleva dire, disciplina urbanistico-edilizia oggetto di legislazione concorrente Stato-Regioni).

Qui di seguito uno stralcio della sentenza della Corte costituzionale n. 232/2005 che aiuta a capire i rapporti tra la normativa nazionale e quella regionale: “In materia di distanze tra fabbricati, primo principio, fissato in epoca risalente ma ancora di recente ribadito, è che la distanza minima sia determinata con legge statale, mentre in sede locale, sempre ovviamente nei limiti della ragionevolezza, possono essere fissati limiti maggiori.

In secondo luogo, l'ordinamento statale consente deroghe alle distanze minime con normative locali, purché però siffatte deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio. Tali principi si ricavano dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, emesso ai sensi dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), avente efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato.

I suindicati limiti alla possibilità di fissare distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale trovano la loro ragione nel rilievo che le deroghe, per essere legittime, devono attenere agli assetti urbanistici e quindi al governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi”.

Per quanto riguarda i criteri per il calcolo della distanza tra edifici antistanti e la nozione di pareti finestrate, infine, si rinvia alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 11/09/2019, n. 6136, allegata in pdf per pronta consultazione.

Ciò chiarito, gli ambiti territoriali “urbani” di riqualificazione e recupero edilizio di cui all'art. 3, l.r. 7/2017 potranno essere individuati dai Comuni per consentire interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica o di demolizione e ricostruzione, con una volumetria o una superficie lorda aggiuntiva al massimo del 30%. Tali ambiti devono essere individuati e circoscritti e, soprattutto, non possono coincidere con zone omogenee di piano regolatore o, addirittura, con l’intero territorio comunale urbanizzato (così, punto 1.2 Linee Guida). Anche in questo caso sono possibili cambi di destinazione d’uso e delocalizzazioni, come pure limitate deroghe agli standard previsti nel d.m. 1444/1968, previsti anche dal cd. decreto Sblocca-Cantieri.

A tale riguardo il paragrafo 7.2 della Circolare, inoltre, associa i seguenti chiarimenti: “il comma 3 dell’art. 8” – l.r. 7/2017 – “consente per la realizzazione delle premialità previste dalla norma di derogare, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2 bis del DPR 380/2001, ai limiti di distanza tra fabbricati di cui all’art. 9 del D.M. 1444/1968, mantenendo le distanze preesistenti, con eventuale modifica delle stesse, nel rispetto della distanza minima di 10 m tra pareti finestrate. Ugualmente per le medesime finalità è possibile derogare ai limiti di densità edilizia di cui all’art. 7 del D.M. 1444/1968, così come alle altezze massime consentite dall’art. 8 dello stesso decreto ministeriale. Merita, infine, chiarire che le deroghe sono consentite anche per l’applicazione di interventi che determinano una variazione della destinazione d’uso degli edifici”. Per quanto riguarda il tema "mutamento di destinazione d'uso", invece, si consiglia la lettura del parere regionale n. 707534 del 9/9/2019, allegato in pdf per pronta consultazione, in cui sono svolte interessanti considerazioni sul rapporto tra la normativa regionale e l'art. 23-ter, Testo Unico Edilizia.

Come nei programmi di rigenerazione, sono previste premialità aggiuntive del 5% in caso di ricorso a concorsi di progettazione. Le disposizioni sugli “ambiti” di riqualificazione e recupero edilizio non si applicano agli insediamenti urbani storici, individuati come tali dal Piano territoriale paesistico regionale – Ptpr.

 

4. INTERVENTI DIRETTI

Nel quadro delle finalità della l.r. 7/2017, poi, l’art. 6 ammette ristrutturazioni edilizie o demolizioni e ricostruzioni con un incremento fino al 20% della volumetria o della superficie lorda esistente, ad eccezione degli edifici produttivi in cui l’incremento è fino al 10% della superficie coperta. Gli interventi diretti, non consentiti negli insediamenti urbani storici, possono essere attuati direttamente senza che vi sia bisogno di alcuna forma di regolamentazione da parte dei comuni (cfr. punto 1.2 Linee Guida)

Sull'individuazione degli edifici produttivi si rinvia, per brevità, al parere regionale 09/09/2019, n. 707306 (allegato in pdf per pronta consultazione); sul tema della ricostruzione e ricostruzione anche parziale, nonché sull'impossibilità di realizzare siffatti interventi negli insediamenti urbani storici, utile è la consultazione del parere regionale 29/03/2018, n. 186356 (allegato in pdf per pronta consultazione), mentre per l'esclusione dal computo dei locali destinati a volumi tecnici o locali accessori si rinvia al parere regionale 10/07/2018, n. 415987 (anch'esso allegato in pdf per pronta consultazione).

Cinema e centri culturali polifunzionali possono, ai sensi dell’art. 28, comma 5, legge 14/11/2016, n. 220, essere oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia e di demolizione e ricostruzione sempre con l’incremento del 20% della volumetria o della superficie lorda esistente. All’interno di teatri, sale cinematografiche e centri culturali saranno consentiti cambi di destinazione d’uso fino al 30% per aprire attività commerciali, artigianali e per servizi.

Sotto questo aspetto, inoltre, si segnala la pubblicazione nella G.U. n. 239 del 12/10/2017 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 04/08/2017 (allegato per pronta consultazione) con cui sono state stabilite le disposizioni applicative del piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali previsto dall’art. 28 della citata legge n. 220/2016. In particolare, sono previsti contributi a fondo perduto per “30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, a 20 milioni di euro per il 2020 e a 10 milioni di euro per il 2021” che, con le modalità indicate nel predetto d.P.C.M., possono essere utilizzati anche per “lavori edili strettamente funzionali alla realizzazione di nuove sale, al ripristino di sale inattive, alla ristrutturazione e all’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche” (ossia anche sfruttando le opportunità previste dalla legge sulla rigenerazione urbana nel Lazio).

 

5. INTERVENTI CONVENZIONATI

L’art. 7, l.r. 7/2017 valorizza ulteriormente l’art. 28-bis del Testo Unico dell’Edilizia sul permesso di costruire convenzionato, applicabile a tutti gli interventi come sopra sintetizzati, consentendo quindi la possibilità di modulare il termine di validità per l’attuazione del progetto unitario convenzionato in relazione a stralci funzionali. Si tratta di un istituto innovativo che inizia ad essere applicato nella prassi ed essere oggetto di prime pronunce da parte del giudice amministrativo.

Utile, quindi, appare la lettura della sentenza del Tar Lombardia, sede Brescia, sez. I, 08/06/2017, n. 741, allegata anch’essa in pdf per pronta consultazione, in cui viene fornita un’analisi approfondita del nuovo meccanismo para-convenzionale. Ad essa, inoltre, va affiancata la lettura del parere reso dalla Regione Lazio - Direzione Regionale Urbanistica - datato 15/01/2018, allegato in pdf per pronta consultazione, che delinea alcuni presupposti utili per l'applicazione di siffatto istituto proprio alla luce dell'art. 7, l.r. 7/2017.

 

6. ALTRE DISPOSIZIONI DI RILIEVO

L’art. 5, l.r. n. 7/2017 disciplina gli interventi per l’efficienza energetica e il miglioramento sismico: negli strumenti urbanistici generali vigenti potranno essere previsti, in questi casi e mediante l'indispensabile individuazione con delibera di consiglio comunale, ampliamenti del 20% della volumetria o della superficie utile esistente degli edifici a destinazione residenziale, per un incremento massimo di 70 mq anche con un corpo edilizio separato, se possibile o se non si compromette “l’armonia estetica del fabbricato”.

Il paragrafo 5 della Circolare, inoltre, chiarisce opportunamente quanto segue “la condizione inderogabile che deve essere rispettata per beneficiare del suddetto ampliamento è che si intervenga sull’intero corpo di fabbrica preesistente con interventi di miglioramento sismico (nel rispetto delle Norme Tecniche per le Costruzioni), se necessari ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, e comunque mediante interventi che producano un miglioramento delle prestazioni energetiche dell’edificio”.

Nelle zone colpite dal terremoto del Centro Italia del 2016 (cd. Cratere sismico) gli ampliamenti potranno essere autorizzati anche in un altro lotto dello stesso comune, ma non in zona agricola. Altre disposizioni in materia di sisma sono state previste per la riformulazione degli strumenti urbanistici dei comuni del Cratere.

Per quanto riguarda, infine, il recupero dei sottotetti disciplinato dalla citata l.r. 13/2009 è stato reso applicabile a quelli ultimati al 1° giugno 2017, in luogo della precedente scadenza del 31 dicembre 2013 che, differentemente da quanto affermato da alcuni non addetti ai lavori, non può essere considerata un condono mascherato.

Infatti, la l.r. 13/2009 prevede che, solo in presenza di determinati requisiti igienico-sanitari (ad es. rapporti aeroilluminanti, opportunamente adattati alla fisionomia del vano), il sottotetto possa essere adibito ad abitazione, previo pagamento degli oneri concessori (cd. Bucalossi). Il tutto con evidente non ulteriore impiego di suolo (già) edificato. La l.r. 13/2009, almeno in astratto, è invero cumulabile anche con la legge sulla rigenerazione urbana (cfr. parere 11.3.2020, n. 2166230, allegato in pdf per pronta consultazione). Inoltre, questa normativa disciplina a livello urbanistico-edilizio il recupero dei volumi esistenti in copertura che, sovente, danno luogo a contenziosi in ambito condominiale per la loro eventuale riconducibilità all’art. 1127 cod. civ. che riconosce al proprietario dell’ultimo piano la possibilità di edificare.

In sintesi, accanto alle conseguenze positive per il territorio sopra tratteggiate, rimane fermo il rispetto delle altre previsioni del codice civile che, per quanto sopra osservato dalla sentenza n. 232/2005 della Corte costituzionale, non può essere certo inciso da una legge regionale. Inoltre, il sottotetto riconosciuto abitabile è così dotato di un titolo edilizio che, con ogni evidenza, dà sicurezza nella circolazione dei rapporti giuridici ex art. 46, d.P.R. 380/2001 cit..

 

7. PRECISAZIONI. MODULISTICA

Va doverosamente precisato che le considerazioni fin qui espresse non esauriscono l’ambito di applicazione della l.r. 7/2017 e che, al di là del monitoraggio sull’attuazione della legge affidato al Consiglio e alla Giunta, potranno essere emanate ulteriori indicazioni operative per chiarire alcuni aspetti della medesima legge (oggetto, come anticipato nell’introduzione, della prima circolare esplicativa del 18/12/2017).

Infine, sempre nell’ambito urbanistico-edilizio, si segnala che anche nella Regione Lazio è stata ormai adottata la modulistica approvata lo scorso 4 maggio 2017 dalla Conferenza Unificata su SCIA e dintorni di cui ci eravamo occupati in precedenza. Si ritiene, quindi, di fare una cosa utile per i visitatori del sito mettere a disposizione la modulistica approvata con determinazione regionale n. G08525 del 19/06/2017, consultabile al seguente link:

http://www.regione.lazio.it/rl_suap/?vw=documentazioneDettaglio&id=41416

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Lunedì, 05 Dicembre 2016 17:42

Linee Guida n. 1- Rettifica

Nella G.U. del 30/11/2016, n. 280 è stata pubblicata la Delibera del 16.11.2016 (qui allegata in PDF per comodità di consultazione) con la quale l’ANAC ha rettificato le Linee Guida n. 1/2016 relative all'affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria.

La rettifica riguarda in particolare la Parte III, Punto 2.1. “Determinazione del Corrispettivo”.

Mediante la detta rettifica è stato eliminato il refuso costituito dal seguente periodofino a quando, in attuazione del disposto di cui all’art. 24, comma 8, il Ministro della giustizia non avrà approvato le nuove tabelle dei corrispettivi, come previsto dallo stesso art. 216, comma 6,”.

Le nuove tabelle dei corrispettivi, difatti, al momento dell’adozione delle Linee Guida n. 1, erano già state approvate con Decreto del Ministero della Giustizia del 17.6.2016, già indicato nello stesso Punto 2.1.

Il testo del citato Punto 2.1, a seguito della rettifica, risulta il seguente:

«2.1. Per quanto riguarda la prima operazione, al fine di determinare l'importo del corrispettivo da porre a base di gara (come sara' precisato meglio oltre) per l'affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura e gli altri servizi tecnici, occorre fare riferimento ai criteri fissati dal decreto del Ministero della giustizia 17 giugno 2016 (Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell'art. 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016). Cio' nel rispetto di quanto previsto dall'art. 9, comma 2, penultimo e ultimo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, cosi' come ulteriormente modificato dall'art. 5 della legge n. 134/2012.»

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Giovedì, 13 Ottobre 2016 12:52

ANAC - Linee Guida n. 2 OEPV

Sono state pubblicate nella G.U. n. 238 dell’11 ottobre 2016 le seconde Linee guida di attuazione del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 50/2016) adottate dall’ ANAC (con Det. n. 1005 del 21 settembre 2016): si tratta delle Linee Guida n. 2 recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”. Al link potete leggere una sintesi.

 

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Giovedì, 13 Ottobre 2016 12:35

ANAC - Linee Guida n. 2 OEPV

Le seconde Linee guida di attuazione del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 50/2016) adottate dall’ ANAC con Det. n. 1005 del 21 settembre 2016, sono state pubblicate nella G.U. n. 238 dell’11 ottobre 2016. Si tratta delle Linee Guida n. 2 recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, qui allegate in PDF per comodità di consultazione.

Le Linee Guida n. 2 sono state adottate dall’ANAC, ai sensi dell’art. 213, comma 2 del Nuovo Codice, nella finalità di fornire indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti per il calcolo dell’offerta economicamente più vantaggiosa (d’ora in poi anche, per brevità, “OEPV”), soprattutto per quanto concerne la scelta del criterio di attribuzione dei punteggi per i diversi elementi qualitativi e quantitativi che compongono l’offerta e la loro successiva aggregazione.

Nel rinviare per un maggiore dettaglio alle formulazioni “tecnico-matematiche” riportate nelle Linee Guida OEPV, quindi, si ritiene opportuno evidenziare che le Linee Guida sono articolate in: (i) criteri di valutazione di cui all’art. 95, Nuovo Codice; (ii) “pesi” o “punteggi” di ponderazione attribuiti a ciascun criterio di valutazione; (iii) valutazione degli elementi quantitativi, con riferimento principale al prezzo; (iv) valutazione degli elementi qualitativi che richiedono una valutazione discrezionale da parte dei commissari gara; (v) formazione della graduatoria.

Va rammentato che, al pari delle Linee Guida n. 1, anche le Linee Guida relative all’offerta economicamente più vantaggiosa sono state adottate ai sensi dell’art. 213, comma 2 del Nuovo Codice, per cui le stesse forniscono indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti, pur avendo carattere non vincolante per queste ultime (analogamente a quanto avviene per le Circolari). In particolare, come ricordato nella relazione illustrativa, “si tratta di linee guida non-vincolanti, finalizzate a fornire indicazioni alle stazioni appaltanti sui criteri da seguire per utilizzare uno strumento previsto dalla normativa vigente”.

Da qui il richiamo alle stazioni appaltanti a “definire in maniera chiara e precisa il criterio di aggiudicazione nonché i criteri di valutazione, i metodi e le formule per l’attribuzione dei punteggi e il metodo per la formazione della graduatoria, finalizzati all’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa”, in modo da evitare “formulazioni oscure o ambigue, assicurando la trasparenza dell’attività e la consapevolezza della partecipazione”, raccomandando altresì l’elaborazione di “modelli, anche in formato elettronico, che agevolino la predisposizione e la presentazione delle offerte, tecniche ed economiche da parte dei concorrenti”.

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Pubblicato in Nuovo Codice

L’ANAC ha pubblicato il 21/9/2016 sul sito istituzionale le prime linee guida di attuazione del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 50/2016). Si tratta delle Linee Guida n. 1 recanti gli “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria” (Det. n. 973 del 14/9/2016, in G.U. n. 228 del 29 settembre 2016), qui allegate in PDF per comodità di consultazione.

Esse recano in calce a ciascun paragrafo un box di sintesi e sono state adottate dall’ANAC, ai sensi dell’art. 213, comma 2 del Nuovo Codice, nella finalità di fornire indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti; esigenza operativa oggi tanto più avvertita, stante l’intervenuta abrogazione ad opera del Nuovo Codice della previgente disciplina in materia (già contenuta nel D. Lgs. 163/06 e nel D.P.R. n. 207/2010).

Occorre rilevare, innanzitutto, che tali Linee Guida mutuano in sostanza la struttura ed il contenuto della precedente Determinazione ANAC n. 4 del 25/2/2015 recante “Linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”, con gli adattamenti resi necessari dall’entrata in vigore del D. Lgs. 50/2016 e quelli occorrenti a recepire le indicazioni fornite dal Consiglio di Stato con il citato Parere n. 1767/2016.

L’ANAC fornisce indicazioni particolarmente significative in merito ai requisiti da richiedere ai concorrenti (parzialmente ripetitive del DPR 207/2010), sottolineando che le disposizioni del D. Lgs. 50/2016 relative ai requisiti di capacità economica e tecnica ed alla prova degli stessi (artt. 83, 86 ed all. XVII) costituiscono “indicazioni poste a presidio della massima partecipazione alle gare in ossequio ai princìpi di proporzionalità e di concorrenza” in linea con quanto previsto dalla Legge Delega (art. 1, punto ccc, L. n. 11/2016).

E’ da ritenersi quindi che i detti principi debbano orientare le stazioni appaltanti, non solo nella predeterminazione dei requisiti di partecipazione, ma anche nella valutazione degli stessi ai fini dell’ammissione dei concorrenti, dovendo privilegiare nel dubbio interpretazioni che consentono la massima partecipazione, fermo restando il rispetto della par condicio tra i concorrenti (per l’affermazione della funzione pro concorrenziale del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici: vd. T.A.R. Lazio, sent. n. 9441 del 30/8/2016).

Va evidenziato, infine, che le citate Linee Guida n. 1, in quanto adottate ai sensi dell’art. 213, comma 2 del Nuovo Codice, forniscono indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti, pur avendo carattere non vincolante per queste ultime (analogamente a quanto avviene per le Circolari). Le stazioni appaltanti potranno, pertanto, se del caso discostarsi dalle direttive contenute nelle Linee Guida, mediante atto recante adeguata e specifica motivazione, qualora la peculiarità della fattispecie concreta giustifichi “una deviazione dall’indirizzo fornito dall’ANAC ovvero se sempre la vicenda puntuale evidenzi eventuali illegittimità delle linee guida nella fase attuativa (Cons. Stato, Parere n. 1767/2016, cit.)

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Documento di gara unico europeo (DGUE)-Linee guida MIT

Il documento di gara unico europeo (d’ora in poi “DGUE”) è un formulario, adottato con regolamento di esecuzione UE 2016/7 del 5 gennaio 2016 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. 3/16 del 6 gennaio 2016, volto a semplificare e ridurre gli oneri amministrativi gravanti sulle amministrazioni aggiudicatrici e sugli operatori economici. In sostanza, attraverso l’utilizzazione del modello di dichiarazione previsto in modo standardizzato a livello europeo, il DGUE è destinato a sostituire i singoli moduli predisposti dalla amministrazioni per la partecipazione ad ogni singola procedura ad evidenza pubblica, così ovviando alle difficoltà dell’operatore economico che intende partecipare ad una selezione.

Conseguentemente, l’art. 85 del cd. Codice dei contratti pubblici, approvato con D. Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (d’ora in poi “Codice”), stabilisce che al momento della presentazione delle domande di partecipazione o offerte, le stazioni appaltanti accettano il DGUE redatto in conformità al formulario approvato con il citato regolamento UE 2016/7.

Ciò premesso, in applicazione delle Istruzioni poste a corredo del regolamento UE, l’Italia si è avvalsa della facoltà di adottare Linee Guida recanti l’utilizzo del DGUE.

In dettaglio, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con propria Circolare del 18 luglio 2016 n. 3 (pubbl. in G.U. n. 174 del 27 luglio 2016, disponibile al link in calce) ha adeguando il modello europeo al vigente quadro normativo nazionale, fornendo al riguardo puntuali indicazioni per il corretto utilizzo del DGUE, di cui viene fornito apposito formulario completo dei detti adattamenti, onde rendere effettiva la semplificazione degli adempimenti per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici.

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2016-07-27&atto.codiceRedazionale=16A05530&elenco30giorni=false

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AVVERTENZA

Con Avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2016 n. 164, sono stati corretti gli errori materiali contenuti nel testo del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato nel Supplemento Ordinario N. 10/L alla G.U. - Serie gen. - del 19 aprile 2016, n. 91).
Si rende disponibile per comodità di consultazione il testo del Codice aggiornato da Normattiva a seguito delle correzioni.

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