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Instancabilmente, la Regione Lazio procede nel fornire indicazioni per l’attuazione della legge regionale 18 luglio 2017, n. 7 sulla rigenerazione urbana.

Va segnalata, infatti, la pubblicazione nel S.O. n. 4 al B.U.R. n. 4 del 14 gennaio 2020 della determinazione dirigenziale n. G18248 del 20 dicembre 2019. Con quest’ultima determinazione, allegata in pdf per pronta consultazione, sono state approvate le “linee guida per la redazione delle deliberazioni e per le elaborazioni cartografiche” per l’applicazione della l.r. n. 7/2017 e succ. mod..

Al di là del titolo del provvedimento, che potrebbe far pensare ad una portata limitata della determinazione dirigenziale di fine 2019, le linee guida recano importanti precisazioni su: (i) finalità e campo di applicazione della legge (par. 1.1); (ii) caratteristiche e differenze tra programmi di rigenerazione urbana, ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio ed interventi sulla normativa tecnica di PRG (par. 1.2); (iii) contenuti necessari, eventuali e non ammessi delle deliberazioni (par. 1.3); (iv) indicazioni procedurali da seguire nell’approvazione delle deliberazioni (par. 2); (v) utilità e necessità degli elaborati cartografici (par. 3.1); (vi) individuazione delle porzioni di terreno urbanizzate (par. 3.2 e ss.).

La rilevanza degli argomenti affrontati nelle linee guida, quindi, fa agevolmente comprendere come l’obiettivo delle stesse sia supportare i Comuni “nell’interpretazione ed applicazione della legge e nella predisposizione delle relative deliberazioni” consiliari. Pertanto, si è proceduto ad adeguare anche la voce generale relativa alla rigenerazione urbana in cui, peraltro, viene dato risalto alla circolare approvata con delibera di giunta regionale n. 867 del 14 dicembre 2017, nonché alla copiosa pareristica sin qui intervenuta, tutte liberamente consultabili nella voce generale.

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Pubblicato in Edilizia Privata

Dal 1990 (anno della legge sul procedimento amministrativo) si invoca la conferenza di servizi come rimedio per superare la lentezza dei processi decisionali della Pubblica Amministrazione. Da ultimo, con il D. Lgs. 30 giugno 2016, n. 127, si è proceduto all’intera riscrittura dell’istituto disciplinato negli artt. 14 e ss., legge 7 agosto 1990, n. 241, con particolare riferimento alle modalità di superamento del dissenso da parte delle amministrazioni partecipanti ed individuando dei regimi di maggior tutela per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini.
A questi ultimi interessi, infatti, è dedicato l’art. 14-quinquies, legge n. 241/1990 che legittima le amministrazioni “preposte” a proporre opposizione al Consiglio dei Ministri avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, sempreché abbiano espresso il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. Tale opposizione, addirittura, era stata qualificata in termini di sostanziale “obbligatorietà” dalla circolare ministeriale MIBAC 27 luglio 2016, n. 22539.
Permanevano, tuttavia, incertezze sull’individuazione delle altre amministrazioni legittimate a proporre siffatta opposizione al Consiglio dei Ministri e, in particolare, sulla possibilità che la stessa potesse essere proposta anche da amministrazioni comunali preposte alla tutela degli interessi sensibili di cui si è detto. La questione investiva aspetti sostanziali per la conclusione della conferenza di servizi posto che, in caso positivo, tali amministrazioni avrebbero dovuto attivare il procedimento ex art. 14-quinquies, legge n. 241/1990 mentre, in caso negativo, avrebbero dovuto attivare il diverso procedimento di autotutela ex art. 21-nonies o 21-quinquies, legge n. 241/1990.
Né la circolare della Funzione Pubblica n. 4/2018 del 3 dicembre 2018, poi ritirata, aveva preso posizione sul punto.
In questo contesto, a dir poco nebuloso, fa chiarezza il parere del Consiglio di Stato, sez. I, 30 settembre 2019, n. 2534 (allegato in pdf per pronta consultazione) che reca delucidazioni su numerosi aspetti rimasti insoluti. In particolare, nel rinviare per un maggior dettaglio alla lettura dell’allegato parere, il Consiglio di Stato afferma che le amministrazioni di “serie A”, legittimate cioè a proporre opposizione al Consiglio dei Ministri, sono quelle cui “norme speciali attribuiscono una competenza diretta, prevalentemente di natura tecnico-scientifica, e ordinaria ad esprimersi attraverso pareri o atti di assenso comunque denominati a tutela dei suddetti interessi così detti «sensibili», e tale attribuzione non si rinviene, di regola e in linea generale, nelle competenze comunali di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 267 del 2000, né tra le competenze in campo sanitario demandate al Sindaco e al Comune dal testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 1934, né tra le altre funzioni fondamentali (proprie o storiche) dei Comuni, fatta salva, comunque, la necessità di una verifica puntuale, da condursi caso per caso, della insussistenza di norme speciali, statali o regionali che, anche in via di delega, attribuiscano siffatte funzioni all’ente comunale”.
Dunque, volendo tradurre in indicazioni pratiche per gli operatori del settore, un’eventuale ordinanza sanitaria negativa, espressa dal Sindaco in conferenza di servizi, non legittimerebbe l’interpello al Consiglio dei Ministri, a differenza del parere negativo espresso dal Comune nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica ex art. 146, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
Per completezza, poi, si ricorda che, all’esito del complesso sub-procedimento di cui all’art. 14-quinquies, la decisione del Consiglio dei Ministri, a differenza di quanto avveniva con il pre-vigente art. 14-quater, legge n. 241/1990, non determina ipso iure la conclusione del procedimento, bensì si limita ad attribuire definitiva efficacia alla determinazione motivata di conclusione del procedimento adottata dall’amministrazione procedente ex art. 14-quater nuovo testo. Ma questo solo se il Consiglio dei Ministri rigetta l'opposizione. Quando, invece, il Consiglio dei Ministri accoglie (in tutto o in parte) l'opposizione, la sua decisione è atto (autonomo) di conclusione del procedimento censurabile come atto di alta amministrazione (cfr. Cons. Stato, parere I sez., 10 giugno 2016, n. 1152 e Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2017, n. 1392 e 28 dicembre 2017, n. 6120).
Queste ultime considerazioni, infine, ben si attagliano anche al procedimento di localizzazione delle opere pubbliche di interesse statale, disciplinate dal D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 (impropriamente definito dagli addetti ai lavori come “ex art. 81”, D.P.R. 616/1977). Infatti, con l’art. 5-ter, comma 1, lettere a) e b), decreto-legge 18 aprile 2019, n. 39, convertito con modificazioni dalla L. 14 giugno 2019, n. 55 (cd. “Decreto Sblocca-Cantieri”), si è proceduto finalmente all’omogeneizzazione del D.P.R. 383/1994 con la disciplina generale della conferenza di servizi, modificata da ultimo dal citato D. Lgs. 127/2016.
In questo modo, sono state legislativamente superate le diatribe sull’applicabilità della risalente normativa speciale del 1994 che, da un lato, richiamava il testo allora vigente della legge n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi (testo, successivamente, ampiamente modificato o abrogato) e, dall’altro, affidava ad un decreto finale del Presidente della Repubblica (e non ad un decreto del Consiglio dei Ministri) la decisione finale in ordine alla “localizzazione delle opere di interesse statale difformi dagli strumenti urbanistici” e al “mancato perfezionamento dell'intesa” Stato-Regioni.
In buona sostanza, oggi, per superare la difformità dagli strumenti urbanistici delle opere di interesse statale o il mancato raggiungimento dell’intesa Stato-Regioni sul punto, troveranno applicazione le sole regole della legge 241/1990 in tema di conferenza di servizi e non già quelle speciali del D.P.R. 383/1994, ormai quasi svuotato di contenuto.
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Pubblicato in Edilizia Pubblica

A)   Premessa

A cavallo dell’estate sono stati convertiti definitivamente in legge, con modificazioni, il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, meglio noto come “Sblocca Cantieri” (legge 14 giugno 2019, n. 55) e il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, meglio noto come “Decreto Crescita” (legge 28 giugno 2019, n. 58). È oggi possibile fornire un quadro definitivo delle principali novità in tema di edilizia, mentre per i contratti pubblici si rinvia all’apposita voce, con una precisazione d’obbligo.

Mentre l’art. 1, comma 2 della legge di conversione n. 55/2019 fa espressamente salvi gli effetti del decreto n. 32/2019 (Sblocca Cantieri), non si rinviene analoga previsione nella legge di conversione n. 58/2019 del decreto n. 34/2019 (Decreto Crescita). Dunque, considerata le difficoltà di individuare quali norme dell’originario testo del Decreto Crescita siano state superate o semplicemente sostituite dalla legge di conversione, con tutto ciò che ne consegue sull’efficacia intertemporale delle stesse, si ritiene utile dare conto delle principali novità recate da entrambi i provvedimenti, come risultanti dalle due leggi di conversione.

 

B)   Testo Unico Edilizia: rassegna novità

B.1)    L’art. 3 Sblocca-Cantieri modifica, in più parti, il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ossia il cd. Testo Unico Edilizia (o TUE), andando ben al di là dell’enunciazione della rubrica che è limitata, testualmente, ai soli interventi strutturali in zone sismiche.

L’art. 65, Testo Unico Edilizia viene in buona parte riscritto prevedendo che, prima del loro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico le opere realizzate con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle “norme tecniche in vigore”, con eliminazione del riferimento alle opere in “conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica”. La denuncia deve avvenire tramite pec.

Come si legge a pag. 145 del relativo dossier parlamentare, la locuzione “norme tecniche in vigore” si riferisce senz’altro al D.M. 17 gennaio 2018 e alla relativa circolare ministeriale 21 gennaio 2019, n. 7. Tuttavia, attesa la genericità dell’espressione, sarebbe stato preferibile che la legge di conversione ne avesse precisato l’eventuale ulteriore ambito di applicazione con riferimento, ad esempio, alle norme in tema di prevenzione incendi o alle norme in materia impiantistica. Si tratta, è bene rammentare, di materia assistita da sanzioni penali in cui vige il principio (costituzionale) di determinatezza e tassatività della norma.

B.2)    Con l’inserimento del comma 8-bis nell’art. 65 Testo Unico Edilizia, inoltre, sono stati eliminati una serie di obblighi per alcuni interventi definiti dall’art. 94 bis “Disciplina degli interventi strutturali rilevanti”, pure introdotto nel TUE dallo Sblocca Cantieri. Si tratta, in dettaglio, delle seguenti tipologie:

(i) quelli di “minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità: le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti (art. 94 bis, co. 1, lett. b) n. 2 TUE).

In seguito alle modifiche apportate dalla legge di conversione sono considerati tali gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità, zona 3 e zona 2, quest'ultima limitatamente a valori della cd. peak ground acceleration – PGA – compresi fra 0,15g e 0,20.

(ii) quelli “privi di rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità: le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti e gli interventi che, per loro caratteristiche “intrinseche” e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità (art. 94 bis, co. 1, lett. c) n. 1 TUE);

(iii) le nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli di cui al punto 2.4.2 del citato d.m. 17 gennaio 2018.

Per ciascuno di tali interventi, infatti, non si applicano le disposizioni previste dai commi 6, 7 e 8 dell’art. 65 TUE, cioè deposito della relazione a cura del direttore dei lavori, con le relative prove da consegnare al collaudatore. Inoltre, il certificato di collaudo è sostituito dalla dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori.

B.3)    Sono, invece, soggetti al precedente regime, ossia al certificato di collaudo reso da un soggetto diverso dal direttore dei lavori, nonché al deposito della relazione da consegnare al collaudatore gli “interventi rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità [definiti dall’art. 94, co. 1, lett. a, nn. 1), 2), 3), TUE] di seguito indicati:

a) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (Zona 1) e media sismicità (Zona 2, limitatamente a valori della cd. PGA, compresi tra 0,20 g e 0,25 g);

b) le nuove costruzioni che si discostino dalle “usuali tipologie o che per la particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche”;

c) gli interventi relativi a: (i) edifici di interesse strategico ed alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume ‘rilievo fondamentale’ per le finalità di protezione civile; (ii) edifici ed opere infrastrutturali che “possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso”, nonché

d) gli interventi di “minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità (definiti dall’art. 94 bis, co. 1, lett. b) n. 1 TUE): interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 3).

Mentre per gli interventi di cui alle lettere a), c) e d) i riferimenti, seppure impliciti, sono alle norme previgenti dettate dal D.M. 17 gennaio 2018 e all’O.P.C.M. 20 marzo 2003, n. 3274 (art. 2, comma 3), appare necessario spendere alcune considerazioni sulla categoria di cui alla lettera b). Si tratta, infatti, di una formulazione che si pone al limite della tassatività della fattispecie penale, attesa la genericità dell’espressione “usuali tipologie” costruttive, che lascia un margine di indeterminatezza senz’altro eccessivo ed aperto a diverse ipotesi operative, prima ancora che interpretative. Parimenti, considerato che la giurisprudenza (ordinaria e costituzionale) maturata nel precedente regime era particolarmente rigida sul tema “tutela della pubblica incolumità”, appare difficile individuare quali siano le “caratteristiche intrinseche” degli edifici che, per converso, consentono di valersi del regime semplificato.

In attesa della loro individuazione a cura del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tramite l’approvazione di linee guida entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (termine già ampiamente decorso), la legge di conversione fa salve le elencazioni già deliberate dalle Regioni qui di seguito riportate a titolo esemplificativo: Regione Siciliana, provvedimento 23 aprile 2019 in cui è presente una prima ricognizione della casistica di tali opere; Regione Umbria, delibera Giunta Regionale n. 593 del 6 maggio 2019, con la quale sono stati approvati gli elenchi previsti dall'art. 94-bis comma 2 D.P.R. 380/2001, indicando le linee guida necessarie all’individuazione degli interventi privi di rilevanza e delle varianti non sostanziali; Regione Toscana, delibera Giunta Regionale n. 663 del 20 maggio 2019, recante le linee guida per l'applicazione della novella legislativa, con esplicita riserva di revisione all'esito della conversione in legge del provvedimento d'urgenza.

Se e quando saranno emanate le linee guida ministeriali, di cui si darà ovviamente conto, le Regioni adotteranno specifiche elencazioni di adeguamento alle stesse linee guida.

B.4)    In tema di denuncia dei lavori e della presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche di cui all’art. 93, Testo Unico Edilizia, con lo Sblocca Cantieri si prevede che il contenuto minimo del progetto sia determinato dal competente ufficio tecnico della Regione (cd. Uffici dell’ex Genio Civile).

In ogni caso il progetto deve essere esauriente per: planimetria, piante, prospetti e sezioni, relazione tecnica e, si precisa, con “gli altri elaborati previsti dalle norme tecniche” che, in seguito alle modifiche apportate dalla legge di conversione, escludono inopinatamente il fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione sia in elevazione, nonché i disegni dei particolari esecutivi delle strutture.

Sempre in questo ambito, il nuovo art. 93, comma 4, Testo Unico Edilizia stabilisce che i progetti relativi ai lavori di costruzione in zone sismiche siano accompagnati, anziché da una relazione avente specifici ambiti di oggetto, da una dichiarazione del progettista che asseveri: a) il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni; b) la coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le strutture e quello architettonico; c) il rispetto delle eventuali prescrizioni sismiche contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica.

Anche questa semplificazione, peraltro, desta qualche perplessità. Infatti, anche volendo considerare meramente nominalistica (del che può fondatamente dubitarsi, atteso il carattere maggiormente impegnativo dell’asseverazione) il passaggio da “relazione” ad “asseverazione”, la disposizione previgente prevedeva che al progetto fosse allegata una relazione sulla fondazione, nella quale illustrare i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso terreno-opera di fondazione. Tali aspetti, forse, potrebbero essere assorbiti nell’asseverazione di cui si è avuto modo di parlare, non essendo stata colta l’occasione in sede di conversione per maggiori precisazioni, atteso il bene tutelato dalle norme in commento (pubblica incolumità) e considerato il regime di responsabilità che fa carico al progettista.

Per tutti gli interventi il preavviso scritto con il contestuale deposito del progetto e dell'asseverazione è valido anche agli effetti della denuncia dei lavori di cui all'articolo 65.

 

C)   Rigenerazione urbana: tra deroghe d.m. 1444/1968 ed agevolazioni fiscali

C.1)    Lo Sblocca-Cantieri, inoltre, interviene anche in materia di rigenerazione urbana. In particolare, l’art. 5 apporta una serie di modifiche puntuali all’art. 2-bis, comma 1, Testo Unico Edilizia (TUE) - Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati – consentendo alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano di introdurre, con proprie leggi o regolamenti, disposizioni derogatorie al D.M. 2.4.1968, n. 1444 in tema di standard urbanistici, ossia delle previsioni che fissano la quantità minima di spazio che ogni piano regolatore generale deve inderogabilmente riservare all'uso pubblico e le distanze minime e altezze massime da osservare nell'edificazione degli (e tra gli) edifici, nonché ai lati delle strade.

Va, inoltre, rammentato al riguardo che, con l’art. 1, commi 258-259, legge finanziaria 2018, fino alla definizione della riforma organica del governo del territorio, in aggiunta agli standard di cui al D.M. 1444/1968 e alle relative leggi regionali, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare alla realizzazione: di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti (cfr. anche art. 1, comma 460 della legge 11/12/2016, n. 232 e s.m.i.) e possono essere riconosciuti dai Comuni, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, aumenti di volumetria premiale.

C.1.1) Sempre in tale ambito, inoltre, con lo Sblocca Cantieri sono stati aggiunti due ulteriori commi all’art. 2-bis, D.P.R. 380/2001, come sopra modificato. In particolare, il nuovo comma 1-bis precisa che le disposizioni del comma 1 dell’art. 2-bis TUE sono finalizzate a “orientare” i Comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. Ai Comuni è pertanto affidato il compito di adeguare le previsioni dei propri strumenti urbanistici sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari adottate dalle Regioni e dalle Province autonome in deroga ai limiti di densità edilizia, altezza e distanza stabiliti, rispettivamente, dagli articoli 7, 8 e 9 del DM 1444/1968.

Inoltre, il nuovo comma 1-ter dell’art. 2-bis del DPR n. 380/2001 (anch’esso introdotto dall’art. 5 Sblocca Cantieri), prevede che in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. La nuova disposizione condiziona, dunque, gli interventi di demolizione e ricostruzione edilizia: (i) al rispetto delle distanze preesistenti (purché si tratti di distanze legittime) e (ii) all’assenza di variazione delle volumetrie edificatorie e dell’altezza dell’edificio da ricostruire, ciò che avrebbe rischiato di depotenziare gli obiettivi di rigenerazione urbana almeno nelle cd. zone A e B del d.m. 1444/1968.

C.1.2) Tuttavia, in sede di conversione del decreto-legge, è stata aggiunta nell’art. 5, comma 1, lettera b), Sblocca-Cantieri un’ulteriore lettera b-bis), qualificata espressamente come norma di “interpretazione autentica” del d.m. 1444/1968 e non già, come forse sarebbe stato preferibile, nell’art. 2-bis, TUE. In ogni caso, al di là della farraginosità della tecnica legislativa, è stato stabilito che le disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo, del più volte citato d.m. 1444/1998, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alla zona di cui al primo comma, n. 3), dello stesso articolo 9, vale a dire esclusivamente alle cd. zone C.

In questo modo, ma il condizionale è d’obbligo, la riduzione in via di interpretazione autentica dell’ambito di applicazione dei limiti di distanza tra fabbricati sembrerebbe finalizzato a consentire operazioni di rigenerazione urbana nelle zone A) e B), come definite dall’art. 2 del DM 1444/1968, non sottoposte quindi al rispetto delle distanze minime previste (e ribadite) in via generale dall’art. 9 del DM 1444/1968 per le altre zone. 

C.2)    Sempre nell’ambito della rigenerazione urbana, infine, va segnalata la disposizione di cui all’art. 7, Decreto-Crescita in tema di agevolazioni fiscali.

In base alla citata disposizione, come risultante dalla legge di conversione, sino al 31 dicembre 2021, le imprese di costruzione che: (i) acquistino "vecchi" interi fabbricati e, nei successivi 10 anni, (ii) provvedano alla demolizione e ricostruzione degli stessi, conformemente alla normativa antisismica , con il conseguimento della classe energetica A o B o in classe energetica Nearly Zero Energy Building – cd. NZEB e (iii) alla loro alienazione, potranno godere di un trattamento fiscale preferenziale, con l’applicazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali nella misura fissa di euro 200 ciascuna, in luogo delle consuete imposte proporzionali, anticipando le statuizioni degli artt. 5 e 6 del disegno di legge A.C. n. 1529 (assegnato alla 8ª Commissione permanente in sede referente il 14 febbraio 2019).

La disposizione costituisce una norma di favore per il settore nell’auspicabile (e dichiarata) finalità di una ripresa dello stesso. Difatti, come si legge nella relazione al d.d.l. di conversione (A.C. 1807), “l'attuale regime fiscale prevede l'applicazione dell'imposta di registro pari al 9 per cento del valore dell'immobile dichiarato in atto, più le ipotecarie e catastali complessivamente pari a 100 euro. Si tratta di imposte indetraibili per l'impresa che, come tali, incidono fortemente sui costi di costruzione. È, quindi, evidente la necessità di neutralizzare l'incidenza della variabile fiscale nella fase iniziale e propedeutica all'attuazione dei programmi”. Come osservato, infatti, tali meccanismi "dovrebbero innescare un circolo virtuoso di scambi immobiliari, diretti a prodotti sempre più innovativi e performanti, con caratteristiche energetiche e [anti]simiche completamente rinnovate".

C.2.1) In sede di conversione, inoltre, tale regime agevolativo è stato esteso anche agli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, nonché agli interventi di ristrutturazione edilizia, anche per le operazioni esenti da IVA, ai sensi dell’articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972; l’agevolazione, inoltre, si applica in caso di successiva alienazione di fabbricati suddivisi in più unità immobiliari, purché sia alienato almeno il 75% del volume del nuovo fabbricato.

Per ulteriori approfondimenti, infine, si consiglia la lettura dello Studio del Notariato n. 12-2020/T, reso disponibile il 4 marzo 2020 nel relativo sito istituzionale ed allegato in pdf per pronta consultazione. Lo Studio n. 12-2020/T, in particolare, dà conto delle varie problematiche applicative, nonché dei primi orientamenti espressi sul punto dall'Agenzia delle Entrate.

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Dopo quasi dieci anni dall’ultimo decreto, é stato finalmente pubblicato (nel Supplemento Ordinario n. 8 alla Gazzetta Ufficiale 20/02/2018, n. 42), il Decreto Ministeriale 17/1/2018 "Aggiornamento delle «Norme tecniche per le costruzioni»" (allegato in pdf).

Con il decreto ministeriale, che entra in vigore il 22 marzo 2018 (cfr. art. 3), sono state approvate le norme che “definiscono i principi per il progetto, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilità, anche in caso di incendio, e di durabilità. Esse forniscono quindi i criteri generali di sicurezza, precisano le azioni che devono essere utilizzate nel progetto, definiscono lecaratteristiche dei materiali e dei prodotti e, più in generale, trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere”.

Il decreto si compone di tre articoli e di un allegato i cui contenuti è impossibile sintetizzare ed al cui testo allegato si rinvia.

Con l’art. 1 “Approvazione” viene, appunto, approvato il testo delle norme tecniche per le costruzioni (d’ora in poi NTC) che “sostituiscono quelle approvate con il decreto ministeriale 14 gennaio 2008che, come si avrà modo di vedere, è tuttora applicabile per alcune fattispecie.

Con l’art. 2 “Ambito di applicazione e disposizioni transitorie”, infatti, è delineato un regime distinto tra opere pubbliche e opere private. Per le prime occorre, ulteriormente, distinguere tra le seguenti categorie

a) per opere pubbliche o di pubblica utilità in corso di esecuzione, contratti pubblici di lavori già affidati, nonché per i progetti definitivi o esecutivi già affidati prima della data di entrata in vigore delle NTC (ossia prima del 22 marzo 2018): “si possono continuare ad applicare le previgenti norme tecniche per le costruzioni” fino all’ultimazione dei lavori ed al collaudo statico degli stessi;

b) per contratti pubblici di lavori già affidati, nonché per progetti definitivi o esecutivi già affidati prima del 22 marzo 2018 la detta facoltà di applicare le previgenti norme è esercitabile solo a condizione che la consegna dei relativi lavori avvenga entro 5 (cinque) anni dalla data di entrata in vigore delle nuove NTC, cioè avvenga entro il 22 marzo 2023;

c) per i progetti definitivi o esecutivi già affidati prima del 22 marzo 2018, infine, la facoltà di applicare la normativa previgente è esercitabile solo per i progetti redatti secondo le norme tecniche di cui al citato DM 14/1/2008.

Per le opere privatele cui opere strutturali siano in corso di esecuzione o per le quali sia già stato depositato il progetto esecutivo, ai sensi delle vigenti disposizioni, presso i competenti uffici” (ex Genio Civile) prima del 22/3/2018, “si possono continuare ad applicare le previgenti Norme tecniche per le costruzioni fino all’ultimazione dei lavori ed al collaudo statico degli stessi”.

A sua volta l’Allegato al DM 17/1/2018, che costituisce (come per il passato) il vero e proprio nucleo del provvedimento, si compone di 12 capitoli, rispettivamente denominati “Oggetto”, “Sicurezza e prestazioni attese”, “Azioni sulle costruzioni”, “Costruzioni civili e industriali”, “Ponti”, “Progettazione geotecnica”, “Progettazione per azioni sismiche”, “Costruzioni esistenti”, “Collaudo statico”, “Redazione dei progetti strutturali esecutivi e delle relazioni di calcolo”, “Materiali e prodotti per uso strutturale”, “Riferimenti tecnici”.

La precedente stesura della voce dava conto della probabilità che, prima dell’entrata in vigore delle nuove NTC, fosse emanata un'apposita circolare ministeriale esplicativa. Ebbene, in attesa della circolare ministeriale, deve segnalarsi la pubblicazione nel sito istituzionale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici della nota 21/03/2018, n. 3187 (allegata in pdf per pronta consultazione), con la quale il Servizio Tecnico Centrale del CSLLPP ha fornito agli operatori tecnici ed economici interessati ed ai destinatari dei provvedimenti autorizzativi e/o di qualificazione di competenza dello stesso Servizio Tecnico Centrale le prime indicazioni per l’applicazione del nuovo D.M. 17/1/2018 ai relativi procedimenti, sull’impatto dello stesso DM sulle istruttorie del Servizio Tecnico Centrale e sulle attività degli operatori economici coinvolti. Il tutto, precisa opportunamente la nota n. 3187/2018, senza che la mancata emanazione della circolare ministeriale possa costituire ostacolo all'applicazione delle NTC 2018.

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Al termine dell'originaria voce dedicata alla Rigenerazione urbana nel Lazio si era dato conto della possibilità, similmente a quanto avvenuto per il cd. Piano Casa, di future direttive per l’applicazione di questo o quell’istituto introdotto dalla legge regionale 18/07/2017, n. 7 e successive modifiche e integrazioni.

Ebbene, nel B.U.R. 04/01/2018, n. 2 è stata pubblicata la deliberazione della Giunta regionale 14/12/2017, n. 867, resa disponibile in anteprima nel sito istituzionale ed allegata in pdf per pronta consultazione, con cui è stato approvato il testo della circolare volta a chiarire “l’effettiva portata e la corretta interpretazione delle disposizioni legislative introdotte con la l.r. 7/2017”, specialmente per ciò che attiene all’introduzione di “diversi strumenti urbanistici innovativi e caratterizzati da una certa complessità e rilevanza attuativa”. Per l'analisi della stessa, inoltre, si invitano i lettori del sito a consultare la voce aggiornata.

Per quanto possa occorrere, infine, si precisa che le campiture in giallo sul documento allegato sono frutto di un’elaborazione redazionale volta a richiamare l’attenzione sugli aspetti di maggior rilievo non essendo, ovviamente, tale campiture presenti nel testo ufficiale.

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In dettaglio, la circolare si occupa dei seguenti profili:

1. Articolo 1 – Finalità e ambito di applicazione

1.1 Edifici ed aree escluse dall’applicazione della legge (art. 1, comma 2, lettere a, b e c)

1.2 non presente nel testo (n.d.r.)

1.3 Applicazione della legge nelle aree naturali protette e nelle zone agricole (art. 1, comma 2, lett. b e c)

1.4 Applicazione della legge nelle aree interessate da beni paesaggistici (art. 1, comma 3)

2. Articolo 2 - Programmi di rigenerazione urbana

2.1 Alloggi per l’edilizia residenziale pubblica e per l’edilizia sociale (art. 2, comma 4, lettera f)

2.2 Interventi di bioedilizia (art. 2, comma 11)

3. Articolo 3 - Ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio

3.1 Tipologie di intervento e titoli abilitativi (art. 3, comma 1)

3.2 Interventi di bonifica (art. 3, comma 3)

4. Articolo 4 - Disposizioni per il cambio di destinazione d'uso degli edifici

4.1 Titoli abilitativi (art. 4, comma 1)

4.2 Disposizioni per i cambi d’uso nei centri storici, nelle zone omogenee D e nei Consorzi per lo sviluppo industriale (art. 4, comma 3)

4.3 Disposizioni transitorie (art. 4, commi 4 e 5)

5. Articolo 5 – Interventi per il miglioramento sismico e per l’efficientamento energetico degli edifici

6. Articolo 6 - Interventi diretti

6.1 Tipologia degli interventi, titoli abilitativi e cambio delle destinazioni d’uso (art. 6, commi 1 e 2)

6.2 Interventi per l’adeguamento delle strutture ricettive all’aria aperta (art. 6, comma 5)

7. Articolo 8 - Dotazioni territoriali e disposizioni comuni

7.1 Standard urbanistici di cui agli artt. 3 e 5 del DM 1444/1968 (art. 8, comma 1)

7.2 Deroghe al D.M. 1444/1968 (art. 8, comma 3)

7.3 Parametri edilizi per la progettazione degli interventi e per il rilascio dei titoli abilitativi (art. 8, comma 4)

7.4 Divieto di cumulo delle premialità (art. 8, comma 5)

8. Articolo 9 - Interventi di riordino funzionale dei manufatti ricadenti nelle aree demaniali marittime e lacuali

8.1 Interventi di riordino funzionale dei manufatti (art. 9, comma 2).

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1. INTRODUZIONE

Vasta eco anche nella stampa non specializzata ha suscitato (e, tuttora, sta suscitando) l’approvazione della legge regionale n. 7 del 18/07/2017, pubblicata nel S.O. n. 3 al B.U.R. n. 57 del 18/07/2017, denominata "Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio" (allegata in pdf per pronta consultazione).

La legge, entrata in vigore il 19 luglio 2017, attua nel Lazio la normativa nazionale prevista, fondamentalmente, in due disposizioni: (i) art. 5, comma 9, del decreto-legge 13/05/2011, n. 70 convertito, con modificazioni, nella legge 12/07/2011, n. 106 (cd. Decreto-Sviluppo) in tema di rigenerazione urbana; (ii) art. 2-bis del d.P.R. 06/06/2001, n. 380 (cd. Testo Unico Edilizia) relativo alle deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati.

L’attuazione di tali disposizioni nazionali, poi, è stata opportunamente accompagnata da una serie di interventi sull’ordinamento regionale (ad es. l.r. 16/04/2009, n. 13 in tema di recupero dei sottotetti), così da incidere profondamente nell’assetto dell’urbanistica regionale. Per comprendere appieno queste ultime modifiche si rinvia al link:

http://www.consiglio.regione.lazio.it/consiglio-regionale/?vw=leggiregionali&sv=vigente

Successivamente, nel B.U.R. 04/01/2018, n. 2 è stata pubblicata la deliberazione della Giunta regionale 14/12/2017, n. 867, resa disponibile in anteprima nel sito istituzionale ed allegata in pdf per pronta consultazione, con cui è stato approvato il testo della circolare volta a chiarire “l’effettiva portata e la corretta interpretazione delle disposizioni legislative introdotte con la l.r. 7/2017”, specialmente per ciò che attiene all’introduzione di “diversi strumenti urbanistici innovativi e caratterizzati da una certa complessità e rilevanza attuativa” (d’ora, in poi, per brevità “Circolare”).

Per quanto possa occorrere si precisa che le campiture in giallo nel documento allegato sono frutto di un’elaborazione redazionale volta a richiamare l’attenzione sugli aspetti di maggior rilievo non essendo, ovviamente, tale campiture presenti nel testo ufficiale della Circolare. Di seguito, quindi, si darà conto anche dei formali chiarimenti intervenuti a cavallo tra il 2017 e il 2018.

Da ultimo, nel S.O. n. 2 al B.U.R. 14/01/2020, n. 4, è stata pubblicata la determinazione 20 dicembre 2019, n. G18248, con la quale sono state approvate le Linee Guida per la redazione delle deliberazioni e per le elaborazioni cartografiche ai fini dell'applicazione della l.r. 7/2017 (d'ora in poi, per brevità, "Linee Guida", allegate in pdf per pronta consultazione). Similmente a quanto avvenuto per la Circolare, quindi, si darà conto anche delle indicazioni delle Linee Guida alle quali, assai opportunamente, hanno fatto seguito la pubblicazione di tavole esemplificative

 

2. RIGENERAZIONE URBANA [profilo (i)]

Per conseguire gli obiettivi di riqualificazione incentivata delle aree urbane degradate, si ricorda che l’art. 5, comma 9, decreto-Sviluppo stabiliva che le Regioni entro 60 giorni dal 13 luglio 2011 (ossia entro il 10 settembre 2011) dovevano approvare specifiche leggi volte ad incentivare interventi di demolizione e ricostruzione che prevedessero quattro linee di azione:

a) riconoscimento di volumetrie aggiuntive come misure premiali;

b) possibilità di delocalizzare le volumetrie in area o aree diverse;

c) ammissibilità di modifiche di destinazioni d’uso “compatibili o complementari”;

d) modificazioni di sagoma necessarie per un’armonizzazione architettonica con gli altri edifici.

Il comma 10 dell’art. 5, Decreto-Sviluppo, in ogni caso, vietava tali interventi per gli edifici abusivi, per gli edifici siti nei centri storici (o, si aggiunge, in zone ad essi assimilati da singole previsioni di NTA), per gli edifici siti in aree ad inedificabilità assoluta, salvo gli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo in sanatoria.

Questo, in estrema sintesi, il quadro nazionale.

A livello regionale, quindi, il primo strumento stabilito dalla l.r. 7/2017 è rappresentato dai “programmi di rigenerazione urbana”, che possono essere proposti ai Comuni da privati e da associazioni consortili di recupero urbano (art. 2, l.r.), con la possibilità di approvare varianti semplificate allo strumento urbanistico vigente.

Secondo le indicazioni del punto 1.2 delle Linee Guida, in particolare, il “programma deve avere i caratteri di un progetto urbanistico unitario, da realizzare in modo sistematico, organico e fondamentalmente contestuale, volto a riqualificare/rigenerare l’assetto urbanistico e, di conseguenza, anche edilizio di una determinata porzione urbana”.

La premialità per il rinnovo del patrimonio edilizio esistente, per le opere pubbliche e per le cessioni di aree aggiuntive, arriva fino al 35% della superficie lorda esistente (aumentabile al 40% nel caso in cui la superficie esistente sia ridotta almeno del 10 per cento a favore della superficie permeabile). Nei programmi andrà indicata anche la quota minima del 20% di alloggi di edilizia residenziale pubblica e sociale.

Gli interventi di rigenerazione e recupero sono consentiti nelle porzioni di territorio urbanizzate (cfr. parere 25.3.2020, n. 244887, allegato in pdf per pronta consultazione), su edifici realizzati legittimamente o sanati, trattandosi di una legge a regime e non straordinaria.

Come indicato nel paragrafo 1.1 della circolare, infatti, “il requisito dell’avvenuta realizzazione dell’edificio non è subordinato all’entrata in vigore della legge, per cui sarà certamente possibile applicare la l.r. 7/2017 ad edifici ad oggi inesistenti, ma che verranno realizzati in futuro”. Per quanto riguarda le modalità di computo delle preesistenze edilizie, inoltre, si rinvia all'allegato parere regionale del 3 ottobre 2019, n. 785180.

Gli interventi non possono essere realizzati nelle zone con vincolo di inedificabilità assoluta e nelle aree protette, mentre possono essere realizzati nelle zone qualificate “paesaggio degli insediamenti urbani” dal Piano territoriale paesistico regionale – Ptpr (ossia, con una buona dose di semplificazione, nei centri storici dei Comuni e, più in dettaglio, “quelli evidenziati con apposita campitura rossa” nelle tavole B del PTPR, così paragrafo 1.1 della Circolare). È comunque fatto salvo quanto consentito dai piani di ciascuna area naturale e dalla l.r. 29/1997 (“Norme in materia di aree protette regionali”). Sono state escluse le aree agricole, tranne che in alcune circostanze legate alla presenza di insediamenti riconosciuti dal Ptpr che, si rammenta, è stato approvato in via definitiva con delibera di Consiglio Regionale n. 5 del 2 agosto 2019 (allegata in pdf per pronta consultazione), pubblicata di recente nel B.U.R. n. 13 del 13 febbraio 2020, con l'indicazione dei relativi elaborati. Sono comunque applicabili, in zona agricola, le disposizioni sugli interventi diretti, che consentono incrementi fino al 20% della volumetria o della superficie.

Nello stesso senso, inoltre, appaiono le successive disposizioni dell’art. 17, commi 33 e 34, l.r. 14/08/2017, n. 9 “Misure integrative, correttive e di coordinamento in materia di finanza pubblica regionale. Disposizioni varie”, pubblicata nel B.U.R. 16/08/2017, n. 65. Tali disposizioni, infatti, attribuiscono ai Comuni, anche su proposta di privati, la possibilità di individuare negli “insediamenti urbani storici”, come definiti dal citato PTPR, degli ambiti territoriali nei quali permettere interventi di ristrutturazione edilizia per il recupero edilizio, la riqualificazione architettonica e ambientale, l'adeguamento sismico e l'efficientamento energetico degli edifici esistenti. Il tutto, ovviamente, nel rispetto del d.lgs. 22/01/2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio” e del medesimo PTPR).

Utile anche il chiarimento del paragrafo 1.3 della Circolare, qui di seguito riportato: “…nelle aree naturali protette gli interventi previsti dalla legge sono consentiti se l’area è classificata dal PTPR come paesaggio degli insediamenti urbani e, ove così fosse, se l’intervento non contrasti con la normativa prevista dai piani di assetto approvati ovvero con quella di salvaguardia prevista dalla l.r. 29/1997”, intendendosi per tali quelle “previste dal Capo V della l.r. 24/1998 e dallo stesso PRTP adottato con delibere di Giunta n. 556 del 30 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007” e quelle del PTPR “aventi natura prescrittiva e non anche i contenuti aventi meramente natura descrittiva, propositiva e di indirizzo” (così paragrafo 1.4 della Circolare). 

Il comma 93 dell'art. 17 della stessa legge n. 9/2017, inoltre, apporta le seguenti tre modifiche alla citata l.r. n. 7/2017. In particolare, all'alinea del comma 2, dell'articolo 1, sopprime le parole da: "prioritariamente" fino a: "lettera c)", sostituendo inoltre nel comma 5 dell'art. 1 e nel comma 9 dell'art. 8 la parola "progetti" con "programmi.

A livello più generale, si ricorda altresì che l’art. 1, comma 460 della legge 11/12/2016, n. 232, come modificato dall’art. 1-bis della legge 04/12/2017, n. 172, stabilisce che a partire dal 1° gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni in materia edilizia devono essere vincolati alle seguenti destinazioni: “realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate; interventi di riuso e di rigenerazione; interventi di demolizione di costruzioni abusive; acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico; interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico; interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura nell'ambito urbano, spese di progettazione per opere pubbliche”, così da costituire un'ulteriore leva per procedere nel senso indicato dalla l.r. 7/2017.

 

3. DISTANZE TRA I FABBRICATI. DEROGHE FUNZIONALI [profilo (ii)]

Per quanto riguarda il secondo profilo, invece, ossia la possibilità di deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati, la l.r. n. 7/2017 rappresenta la trasposizione nell’ordinamento regionale dell’art. 2-bis, d.P.R. 380/2001 che, introdotto nel Testo Unico Edilizia dalla legge 09/08/2013, n. 98 (di conversione del decreto-legge 23/06/2013, n. 6, cd. Decreto del Fare), riconosce normativamente i principi sanciti dalla risalente Corte costituzionale nella sentenza n. 232 del 16/06/2005 in tema di rapporti tra disciplina delle distanze tra costruzioni (stabilita nel codice civile e riservata alla competenza esclusiva statale) e disciplina del governo del territorio (o, come si soleva dire, disciplina urbanistico-edilizia oggetto di legislazione concorrente Stato-Regioni).

Qui di seguito uno stralcio della sentenza della Corte costituzionale n. 232/2005 che aiuta a capire i rapporti tra la normativa nazionale e quella regionale: “In materia di distanze tra fabbricati, primo principio, fissato in epoca risalente ma ancora di recente ribadito, è che la distanza minima sia determinata con legge statale, mentre in sede locale, sempre ovviamente nei limiti della ragionevolezza, possono essere fissati limiti maggiori.

In secondo luogo, l'ordinamento statale consente deroghe alle distanze minime con normative locali, purché però siffatte deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio. Tali principi si ricavano dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, emesso ai sensi dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), avente efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato.

I suindicati limiti alla possibilità di fissare distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale trovano la loro ragione nel rilievo che le deroghe, per essere legittime, devono attenere agli assetti urbanistici e quindi al governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi”.

Per quanto riguarda i criteri per il calcolo della distanza tra edifici antistanti e la nozione di pareti finestrate, infine, si rinvia alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 11/09/2019, n. 6136, allegata in pdf per pronta consultazione.

Ciò chiarito, gli ambiti territoriali “urbani” di riqualificazione e recupero edilizio di cui all'art. 3, l.r. 7/2017 potranno essere individuati dai Comuni per consentire interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica o di demolizione e ricostruzione, con una volumetria o una superficie lorda aggiuntiva al massimo del 30%. Tali ambiti devono essere individuati e circoscritti e, soprattutto, non possono coincidere con zone omogenee di piano regolatore o, addirittura, con l’intero territorio comunale urbanizzato (così, punto 1.2 Linee Guida). Anche in questo caso sono possibili cambi di destinazione d’uso e delocalizzazioni, come pure limitate deroghe agli standard previsti nel d.m. 1444/1968, previsti anche dal cd. decreto Sblocca-Cantieri.

A tale riguardo il paragrafo 7.2 della Circolare, inoltre, associa i seguenti chiarimenti: “il comma 3 dell’art. 8” – l.r. 7/2017 – “consente per la realizzazione delle premialità previste dalla norma di derogare, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2 bis del DPR 380/2001, ai limiti di distanza tra fabbricati di cui all’art. 9 del D.M. 1444/1968, mantenendo le distanze preesistenti, con eventuale modifica delle stesse, nel rispetto della distanza minima di 10 m tra pareti finestrate. Ugualmente per le medesime finalità è possibile derogare ai limiti di densità edilizia di cui all’art. 7 del D.M. 1444/1968, così come alle altezze massime consentite dall’art. 8 dello stesso decreto ministeriale. Merita, infine, chiarire che le deroghe sono consentite anche per l’applicazione di interventi che determinano una variazione della destinazione d’uso degli edifici”. Per quanto riguarda il tema "mutamento di destinazione d'uso", invece, si consiglia la lettura del parere regionale n. 707534 del 9/9/2019, allegato in pdf per pronta consultazione, in cui sono svolte interessanti considerazioni sul rapporto tra la normativa regionale e l'art. 23-ter, Testo Unico Edilizia.

Come nei programmi di rigenerazione, sono previste premialità aggiuntive del 5% in caso di ricorso a concorsi di progettazione. Le disposizioni sugli “ambiti” di riqualificazione e recupero edilizio non si applicano agli insediamenti urbani storici, individuati come tali dal Piano territoriale paesistico regionale – Ptpr.

 

4. INTERVENTI DIRETTI

Nel quadro delle finalità della l.r. 7/2017, poi, l’art. 6 ammette ristrutturazioni edilizie o demolizioni e ricostruzioni con un incremento fino al 20% della volumetria o della superficie lorda esistente, ad eccezione degli edifici produttivi in cui l’incremento è fino al 10% della superficie coperta. Gli interventi diretti, non consentiti negli insediamenti urbani storici, possono essere attuati direttamente senza che vi sia bisogno di alcuna forma di regolamentazione da parte dei comuni (cfr. punto 1.2 Linee Guida)

Sull'individuazione degli edifici produttivi si rinvia, per brevità, al parere regionale 09/09/2019, n. 707306 (allegato in pdf per pronta consultazione); sul tema della ricostruzione e ricostruzione anche parziale, nonché sull'impossibilità di realizzare siffatti interventi negli insediamenti urbani storici, utile è la consultazione del parere regionale 29/03/2018, n. 186356 (allegato in pdf per pronta consultazione), mentre per l'esclusione dal computo dei locali destinati a volumi tecnici o locali accessori si rinvia al parere regionale 10/07/2018, n. 415987 (anch'esso allegato in pdf per pronta consultazione).

Cinema e centri culturali polifunzionali possono, ai sensi dell’art. 28, comma 5, legge 14/11/2016, n. 220, essere oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia e di demolizione e ricostruzione sempre con l’incremento del 20% della volumetria o della superficie lorda esistente. All’interno di teatri, sale cinematografiche e centri culturali saranno consentiti cambi di destinazione d’uso fino al 30% per aprire attività commerciali, artigianali e per servizi.

Sotto questo aspetto, inoltre, si segnala la pubblicazione nella G.U. n. 239 del 12/10/2017 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 04/08/2017 (allegato per pronta consultazione) con cui sono state stabilite le disposizioni applicative del piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali previsto dall’art. 28 della citata legge n. 220/2016. In particolare, sono previsti contributi a fondo perduto per “30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, a 20 milioni di euro per il 2020 e a 10 milioni di euro per il 2021” che, con le modalità indicate nel predetto d.P.C.M., possono essere utilizzati anche per “lavori edili strettamente funzionali alla realizzazione di nuove sale, al ripristino di sale inattive, alla ristrutturazione e all’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche” (ossia anche sfruttando le opportunità previste dalla legge sulla rigenerazione urbana nel Lazio).

 

5. INTERVENTI CONVENZIONATI

L’art. 7, l.r. 7/2017 valorizza ulteriormente l’art. 28-bis del Testo Unico dell’Edilizia sul permesso di costruire convenzionato, applicabile a tutti gli interventi come sopra sintetizzati, consentendo quindi la possibilità di modulare il termine di validità per l’attuazione del progetto unitario convenzionato in relazione a stralci funzionali. Si tratta di un istituto innovativo che inizia ad essere applicato nella prassi ed essere oggetto di prime pronunce da parte del giudice amministrativo.

Utile, quindi, appare la lettura della sentenza del Tar Lombardia, sede Brescia, sez. I, 08/06/2017, n. 741, allegata anch’essa in pdf per pronta consultazione, in cui viene fornita un’analisi approfondita del nuovo meccanismo para-convenzionale. Ad essa, inoltre, va affiancata la lettura del parere reso dalla Regione Lazio - Direzione Regionale Urbanistica - datato 15/01/2018, allegato in pdf per pronta consultazione, che delinea alcuni presupposti utili per l'applicazione di siffatto istituto proprio alla luce dell'art. 7, l.r. 7/2017.

 

6. ALTRE DISPOSIZIONI DI RILIEVO

L’art. 5, l.r. n. 7/2017 disciplina gli interventi per l’efficienza energetica e il miglioramento sismico: negli strumenti urbanistici generali vigenti potranno essere previsti, in questi casi e mediante l'indispensabile individuazione con delibera di consiglio comunale, ampliamenti del 20% della volumetria o della superficie utile esistente degli edifici a destinazione residenziale, per un incremento massimo di 70 mq anche con un corpo edilizio separato, se possibile o se non si compromette “l’armonia estetica del fabbricato”.

Il paragrafo 5 della Circolare, inoltre, chiarisce opportunamente quanto segue “la condizione inderogabile che deve essere rispettata per beneficiare del suddetto ampliamento è che si intervenga sull’intero corpo di fabbrica preesistente con interventi di miglioramento sismico (nel rispetto delle Norme Tecniche per le Costruzioni), se necessari ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, e comunque mediante interventi che producano un miglioramento delle prestazioni energetiche dell’edificio”.

Nelle zone colpite dal terremoto del Centro Italia del 2016 (cd. Cratere sismico) gli ampliamenti potranno essere autorizzati anche in un altro lotto dello stesso comune, ma non in zona agricola. Altre disposizioni in materia di sisma sono state previste per la riformulazione degli strumenti urbanistici dei comuni del Cratere.

Per quanto riguarda, infine, il recupero dei sottotetti disciplinato dalla citata l.r. 13/2009 è stato reso applicabile a quelli ultimati al 1° giugno 2017, in luogo della precedente scadenza del 31 dicembre 2013 che, differentemente da quanto affermato da alcuni non addetti ai lavori, non può essere considerata un condono mascherato.

Infatti, la l.r. 13/2009 prevede che, solo in presenza di determinati requisiti igienico-sanitari (ad es. rapporti aeroilluminanti, opportunamente adattati alla fisionomia del vano), il sottotetto possa essere adibito ad abitazione, previo pagamento degli oneri concessori (cd. Bucalossi). Il tutto con evidente non ulteriore impiego di suolo (già) edificato. La l.r. 13/2009, almeno in astratto, è invero cumulabile anche con la legge sulla rigenerazione urbana (cfr. parere 11.3.2020, n. 2166230, allegato in pdf per pronta consultazione). Inoltre, questa normativa disciplina a livello urbanistico-edilizio il recupero dei volumi esistenti in copertura che, sovente, danno luogo a contenziosi in ambito condominiale per la loro eventuale riconducibilità all’art. 1127 cod. civ. che riconosce al proprietario dell’ultimo piano la possibilità di edificare.

In sintesi, accanto alle conseguenze positive per il territorio sopra tratteggiate, rimane fermo il rispetto delle altre previsioni del codice civile che, per quanto sopra osservato dalla sentenza n. 232/2005 della Corte costituzionale, non può essere certo inciso da una legge regionale. Inoltre, il sottotetto riconosciuto abitabile è così dotato di un titolo edilizio che, con ogni evidenza, dà sicurezza nella circolazione dei rapporti giuridici ex art. 46, d.P.R. 380/2001 cit..

 

7. PRECISAZIONI. MODULISTICA

Va doverosamente precisato che le considerazioni fin qui espresse non esauriscono l’ambito di applicazione della l.r. 7/2017 e che, al di là del monitoraggio sull’attuazione della legge affidato al Consiglio e alla Giunta, potranno essere emanate ulteriori indicazioni operative per chiarire alcuni aspetti della medesima legge (oggetto, come anticipato nell’introduzione, della prima circolare esplicativa del 18/12/2017).

Infine, sempre nell’ambito urbanistico-edilizio, si segnala che anche nella Regione Lazio è stata ormai adottata la modulistica approvata lo scorso 4 maggio 2017 dalla Conferenza Unificata su SCIA e dintorni di cui ci eravamo occupati in precedenza. Si ritiene, quindi, di fare una cosa utile per i visitatori del sito mettere a disposizione la modulistica approvata con determinazione regionale n. G08525 del 19/06/2017, consultabile al seguente link:

http://www.regione.lazio.it/rl_suap/?vw=documentazioneDettaglio&id=41416

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